«Si parla solo di degrado, sicurezza, immigrazione. Mentre recintano i parchi, in città è pieno di minorenni che fumano eroina e fuori dal SerD (servizio dipendenze) c’è sempre la fila». Giacomo è un ex consumatore di eroina e commenta così le politiche dell’amministrazione comunale di Ferrara.

Perché non c’è solo Caivano, la periferia di Napoli diventata il simbolo dell’intreccio fra insicurezza, violenza e mafie dopo lo stupro della scorsa estate che ha portato i riflettori su un’area dimenticata da tutti. Sono tante le periferie dimenticate, abbandonate o sfruttate per mero calcolo elettorale che in Italia, da nord a sud, raccontano di marginalità e mancati interventi politici.

Tra queste c’è Ferrara, dove la Lega ha scelto una ricetta anti degrado che fa della repressione e dei divieti l'unico strumento di controllo della sicurezza della città.

I parchi chiusi

Alan Fabbri, eletto nel 2019 sindaco – il primo di destra dal Secondo dopoguerra – ha vinto proprio grazie a queste ricette securitarie, da anni cavallo di battaglia delle amministrazioni leghiste in tutta Italia. «Spaccio, degrado, decoro, immigrati cattivi sono stati utilizzati per far crescere ancora di più il malcontento delle persone», afferma Ilaria Baraldi, consigliera comunale del Partito democratico.

E così, dopo la campagna elettorale, le promesse del sindaco e del suo vice, Nicola Lodi, si sono concretizzate: uno dei progetti portati avanti è “Parchi sicuri”. Il parco Coletta, a due passi dalla stazione, è stato riqualificato, e oggi è aperto con diverse attività culturali organizzate dallo stesso comune.

Giochi per bambini, un campo da basket e qualche panchina sono ora completamente recintati da una cancellata che circonda l’area verde individuata come uno dei luoghi di spaccio. La notte chiude, mentre di giorno forze di polizia e i militari tornati in città a settembre scorso con l’operazione “Strade Sicure” presidiano lo spazio.

Un destino che riguarderà a breve anche un altro parco, il Giordano Bruno, davanti allo stadio, lungo la strada che dalla stazione porta al centro della città. «Il malumore legittimo delle persone che abitavano nella zona dei due parchi è andato via via montando.

E appena si è avuta la sensazione che quello fosse un argomento sul quale fare leva per scatenare ulteriormente il malcontento dei cittadini, la Lega vi si è buttata», spiega Baraldi. «La campagna per la conquista di Ferrara è iniziata ben prima della campagna elettorale del 2019. Quando dicevi “zona Gad” (acronimo dei tre quartieri Giardini, Arianuova e Doro) la gente pensava a Gotham City: si era creata un'identificazione di questa zona come un luogo di pericolo assoluto».

Una campagna elettorale partita quando quella che poi a livello giudiziario è stata riconosciuta come mafia nigeriana – che proprio a Ferrara avrebbe una base solida con diversi “cult” presenti – stava emergendo: una sponda perfetta per unire criminalità, insicurezza e immigrazione.

Sponda che non è stata utilizzata solo a livello locale: proprio nel 2019 Giorgia Meloni pubblicava il libro Mafia nigeriana. Origini, rituali, crimini, che, come Federico Marconi ricordava su Domani, altro non è stato che un diversivo, per far calare il silenzio sugli indagati o condannati per mafia in Fratelli d’Italia.

Le droghe

Ma, tornando a Ferrara, c’è un altro aspetto legato alla criminalizzazione: la stigmatizzazione di chi consuma sostanze stupefacenti. «Con il Nucleo antidegrado della Polizia locale vogliamo multare anche chi compra la droga, non solo chi la vende. Come si dice in gergo, bisognerebbe iniziare a bastonare chi compra la droga».

Sono le parole pronunciate dal vicesindaco Lodi durante il Consiglio comunale del 23 marzo 2021. Una linea chiara, che si è concretizzata nei mesi successivi con vari inseguimenti, da parte di agenti e militari, di persone sorprese ad acquistare sostanze stupefacenti.

Il problema delle dipendenze, insomma, affrontato con forza, ma solo dal punto di vista repressivo. «Dal 2018 non ci sono più unità di strada specifiche. C’è una mancata volontà della politica nazionale di adeguare la legge Iervolino-Vassalli e una mancata volontà dell’amministrazione comunale di intervenire con interventi di bassa soglia», commenta Leonardo Fiorentini, presidente del Forum droghe di Ferrara. «I servizi pubblici per le tossicodipendenze sono basati su un modello di consumo che non è più quello di oggi, con poco personale e pochi soldi, anche se l’utenza rimane più o meno stabile. E sulle fasce di persone più piccole, tra i 15 e i 19 anni -– che, secondo i dati del 2022, rappresentano il 3,6 per cento degli utenti del servizio per le dipendenze patologiche – non si fanno adeguati interventi di prevenzione e riduzione del danno. Così, rischiano di non arrivarci proprio al SerD».

Un tema che rimane in secondo piano, sovrastato dagli interventi punitivi e repressivi: «Per parlare con la mia dottoressa del SerD a volte ho dovuto aspettare anche mesi. C’è una carenza che ha un impatto su chi è in cura», conferma Giacomo che dal consumo di sostanze è uscito da diversi mesi. Secondo Fiorentini, «le politiche leghiste spostano il problema da un luogo all’altro. Chiudi un giardino e gli spacciatori vanno accanto. E chi consuma si trova a comprare sostanze in luoghi sempre più nascosti e, quindi, anche pericolosi».

«Lo spaccio si vede meno, si continua a vedere la dipendenza», racconta Nicola Scaglianti, presidente di Officina Meca, circolo Arci di fronte al parco Coletta. «La recinzione ha effettivamente portato molte persone a vivere il parco, ma quando chiudiamo il circolo ci capita di trovare persone che fanno uso di sostanze in un angolo, qualche volta ci è capitato di chiamare l’ambulanza. Continua a non esserci una politica di prevenzione».

Con una riqualificazione, una recinzione e un presidio delle forze di polizia si può sicuramente dire che il problema dello spaccio nella zona del Coletta e degli edifici intorno è migliorato e sono in tanti a essere soddisfatti. Semplicemente, però, come accade ovunque, lo spaccio si è spostato.

«Una delle battaglie dell’amministrazione era quella di fare le barricate contro i migranti, oggi la situazione è simile: chiudere i parchi con i cancelli. Ma i problemi strutturali non li affronti con un cancello o una panchina in meno», dice Alessandro Canella, presidente di Factory Grisù, consorzio che gestisce uno spazio di oltre quattromila metri quadrati fino a qualche anno fa abbandonato, a due passi dal parco Giordano Bruno: «L’intervento che c’è stato non rappresenta il concetto di cura per la città, ma l’aver costruito un ambiento forzoso con le cancellate. Un luogo dove abbiamo ghettizzato le giostre e non più le persone».

Un tema che non riguarda solo Ferrara. Secondo Claudio Calvaresi, esperto di rigenerazione urbana di Avanzi-Sostenibilità per azioni, «per contrastare lo spaccio è più efficace riprendere il presidio dello spazio pubblico». «Non voglio dire che sia la ricetta, ma mi sembra più interessante: una risposta più ricca e complessa, che porti a ri-abitare lo spazio, favorirne un uso più intenso, invece che la soluzione contraria, cioè chiuderlo».

Chissà quale sarà il prossimo luogo “sicuro” – dopo le strade e i parchi – su cui lavorare. Chissà se in vista della tornata elettorale del 2024 sorgeranno nuove cancellate e recinzioni, per risolvere un problema che continuerà a spostarsi. Recinzione su recinzione, fino a che niente sarà più aperto.

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