- Amelia sta tagliando e schiacciando un’infinita serie di filetti di baccalà che, da lì a qualche ora, cadranno sfrigolando in una delle enormi pentole di questa cucina in costante fermento.
- Lucio mi guarda e, anche se sono bravo a nascondere l’improvviso calore che mi sta attraversando, ha già capito. Sorridendo mi fa l’occhiolino: «Caldo, eh?».
- Se il cibo può essere considerato, in fondo, uno dei mezzi più naturali con cui fare politica, il suo sapore qui incrocia la strada delle tradizioni e della comunità, passando, anche, attraverso questo pezzo di pasta unto e corposo che, come in una parabola, nasce dallo strutto e torna allo strutto.
«Ho cominciato a fare servizio che ero ancora una ragazzina. Nel 1965 per la festa venivano giù in bicicletta, a piedi, col pullman e si faceva la spola per portare le persone avanti e indietro. C’erano talmente tante persone che si bloccava la Via Emilia e tutti avevano un entusiasmo che adesso vedo un po’ essersi perso. Lo facevamo per un ideale e per stare insieme, c’è ancora chi la vive così ma ora, forse, sono meno». Amelia sta tagliando e schiacciando un’infinita serie di filetti di bac



