Ha impiegato 26 anni Francesco Schiavone per collaborare con la giustizia. Noto con il soprannome di Sandokan, il boss del clan dei Casalesi ha deciso di pentirsi. A riportare la notizia è il quotidiano “Cronache di Caserta” ma secondo l’Ansa sarebbe confermata anche dalla Direzione nazionale antimafia. 

La decisione di Schiavone è maturata nelle ultime due settimane dopo un lungo lavoro di mediazione svolto dalla Dna e dalla Dda di Napoli. Non sono ancora chiari i motivi che hanno spinto Sandokan a pentirsi all’età di 70 anni dopo 26 anni di carcere. Da qualche anno è malato di tumore e di recente è stato anche trasferito nel carcere di massima sicurezza a l’Aquila, lo stesso in cui era detenuto l’ex boss di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro.

Schiavone è stato arrestato nel luglio del 1998 dopo un blitz delle forze dell’ordine che lo hanno trovato nascosto in un bunker a Casal di Principe, in provincia di Caserta. Da allora è recluso al regime del 41 bis dopo una condanna all’ergastolo nel maxiprocesso Spartacus e per diversi delitti. A capo del clan a partire dai primi anni Ottanta, il boss è riuscito a far infiltrare il clan dei Casalesi all’interno del tessuto imprenditoriale e politico campano.

Tra i vertici dei Casalesi che invece non hanno intenzione di collaborare con gli inquirenti rimangono Francesco Bidognetti, alias “Cicciotto e Mezzanotte”, in carcere dal 1993, e Michele Zagaria, catturato il 7 dicembre 2011 dopo sedici anni di latitanza.

Reazioni

La collaborazione di Schiavone potrebbe far luce su alcuni misteri irrisolti, come l’uccisione in Brasile nel 1988 del fondatore del clan Antonio Bardellino.  Nel febbraio del 2022 a Formia, in provincia di Latina, è stato ferito in un agguato con un’arma da fuoco Gustavo Bardellino, nipote del fondatore del clan.

«Se la collaborazione sarà rispettosa della verità, alcuni pezzi di storia fin qui conosciuti cambieranno e saranno riscritti in base a quanto veramente accaduto. A cominciare dalla scomparsa di Antonio Bardellino e dall'identità delle sponde politiche e imprenditoriali del clan», hanno detto i vertici della commissione Legalità dell'Ordine dei giornalisti della Campania. 

«Ci auguriamo che il signor Schiavone aiuti, attraverso il suo pentimento, a far luce sui tanti misteri segreti che avvolgono il territorio casertano e gli affari che i Casalesi hanno storicamente intrattenuto anche in giro per l'Italia», ha detto invece Mariano Di Palma referente di Libera Campania. «Mi riferisco non solo al traffico di droga e naturalmente alle vicende legate a racket e usura, ma in particolare al traffico illecito di rifiuti di cui protagonisti per anni, inventando di fatto il mestiere dell'ecomafioso. Un fenomeno che oggi resta tra i più avvolti nel mistero, con legami con un pezzo di mondo politico e dell'imprenditoria italiana», ha aggiunto Di Palma.

Ma per capire le reali intenzioni di Sandokan, bisogna aspettare e capire cosa rivelerà agli inquirenti nelle prossime settimane. Intanto le forze dell’ordine avrebbero già proposto ad alcuni parenti del capoclan di entrare nel programma di protezione. 

Negli scorsi anni hanno deciso di collaborare con la giustizia i suoi due figli Nicola e Walter, rispettivamente nel 2018 e nel 2021.

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