Il partito della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, non rinuncia a demonizzare gli immigrati, anche se si tratta di bambini. Qualche giorno fa, Fratelli d’Italia ha presentato un’interrogazione a risposta scritta al sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, con la quale – come recita una nota degli interroganti – si esprimono perplessità circa la decisione di «consentire l’iscrizione alla Scuola dell’Infanzia anche a chi ha residenza fittizia o è privo di codice fiscale». Il riferimento è ai minori la cui famiglia non sia in regola con il soggiorno.

La questione va oltre la mera dimensione capitolina, e non solo perché investe diritti - quelli dei minori - tutelati a livello internazionale e nazionale; ma anche perché costituisce l’ennesima manifestazione di un’ideologia a cui FdI non intende rinunciare nemmeno ora che governa il paese.

Serve fornire alcuni elementi informativi per comprendere quanto infondata sia l’attuale polemica.

L’interrogazione a Gualtieri

Nell’interrogazione viene chiesto al sindaco – tra le altre cose - se non ritenga che consentire l’iscrizione alle scuole dell’infanzia ai figli di stranieri irregolari «possa svantaggiare famiglie che fanno sacrifici notevoli per pagare un'abitazione, hanno regolare residenza anagrafica e rispettano le leggi». Quindi, secondo gli esponenti di FdI, la situazione di irregolarità dei genitori dovrebbe limitare il diritto all’istruzione dei bambini.

Nella nota si fa presente che la «tutela che l’Amministrazione deve a tutti i minori, senza distinzione di sorta», è già garantita dalle «segnalazioni dei Servizi sociali», e perciò non si comprende il motivo per cui il Campidoglio fornisca «servizi a chi rispetta le leggi e a chi le viola». In altre parole, per FdI, ci sarebbero bambini “fuorilegge”, che non meritano la fruizione di tutti i diritti come gli altri.

«Dal Campidoglio dovrebbero inoltre spiegare» - prosegue la nota - «come intendono garantire la tutela della salute delle persone prive di codice fiscale. Su questo punto ci riserviamo di presentare un esposto alle Autorità competenti per verificare i potenziali rischi». Insomma, secondo gli interroganti, lo status di irregolari non consentirebbe di essere assistiti sul piano sanitario, e pertanto i bambini stranieri potrebbero nuocere alla salute altrui.

Il diritto all’istruzione e alla salute

Il minore straniero che entra in Italia, anche se in modo illegale, è tutelato dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989 (ratificata e resa esecutiva con l. n. 176/1991). Il principio cardine è quello per cui in ogni decisione deve essere sempre considerato prioritariamente «il superiore interesse» (best interests) del ragazzo.

Sul piano nazionale, in tema di scuola, il primo riferimento è l’art. 34 della Costituzione, ai sensi del quale «la scuola è aperta a tutti». La disposizione è inequivocabile. I minori stranieri hanno il diritto di essere iscritti alla scuola, non solo dell'obbligo, ma di ogni ordine e grado, indipendentemente dal loro status giuridico.

Quanto alle norme di rango inferiore, il Testo Unico sull’Immigrazione (d.lgs. n. 286/1998, art. 38) sancisce l’obbligo scolastico per i minori stranieri presenti sul territorio nazionale e che ad essi si applichino «tutte le disposizioni vigenti in materia di diritto all’istruzione, di accesso ai servizi educativi, di partecipazione alla vita della comunità scolastica».

Inoltre, il D.P.R. n. 394/1999 (art. 45) prevede che il diritto all’istruzione dei minori stranieri sia garantito indipendentemente dalla regolarità della loro posizione, «nei modi e alle condizioni previsti per i minori italiani». Ancora, le Linee guida del ministero dell’Istruzione (2014) hanno imposto un’equa distribuzione delle iscrizioni al fine di favorire la composizione eterogenea delle classi, tanto per provenienza territoriale quanto per vocazione religiosa dei minori, evitando le classi “ghetto” e la conseguente discriminazione e marginalizzazione.

Dunque, in punto di diritto, le obiezioni sollevate al sindaco Gualtieri circa l’iscrizione alle scuole materne di chi provenga da famiglie in condizione di irregolarità non hanno fondamento. I minori non possono essere considerati “non in regola” relativamente alla fruizione dei diritti.

Quanto al rischio per la salute altrui che, secondo gli esponenti di FdI, sarebbe rappresentata dai bambini senza permesso di soggiorno, dal 2017 per tutti i minori stranieri presenti sul territorio è prevista l'iscrizione obbligatoria al Servizio Sanitario Nazionale, indipendentemente dalla regolarità del loro soggiorno (D.P.C.M. 12 gennaio 2017, art. 63).

Essi hanno, quindi, diritto alle cure sanitarie in piena parità con i cittadini italiani. Ed è proprio la frequentazione della scuola a garantire che i minori siano sottoposti alle necessarie forme di tutela sanitaria, al contrario di quanto FdI mostra di ritenere. Basti pensare che per accedere alla scuola dell’infanzia serve aver effettuato le vaccinazioni previste dalla legge (d.l. n. 73/1017, convertito con modifiche in l. n.  119/2017).

La discriminazione

Un precedente può rinvenirsi in quanto accadde diversi anni fa al comune di Milano. Nel dicembre 2007, la giunta guidata dalla sindaca Letizia Moratti, con una circolare (n. 20) negò l’accesso alle scuole dell’infanzia ai figli di immigrati irregolari. Questi ultimi avrebbero potuto effettuare l’iscrizione per i bambini, purché fossero riusciti a ottenere il permesso di soggiorno «entro la data del 29 febbraio 2008».

La mancata presentazione del permesso entro tale data non avrebbe consentito «la formalizzazione della domanda di iscrizione». A seguito di ricorso contro la circolare, presentato da una madre straniera esclusa dalle graduatorie perché senza documenti, il Tribunale civile di Milano (ordinanza n. 2380/08) riconobbe il «carattere discriminatorio» della circolare.

Da un lato, perché il Testo Unico sull’Immigrazione prevede il diritto per ogni minore straniero presente sul territorio nazionale di usufruire dei servizi educativi a parità delle condizioni previste dalla legge per i cittadini italiani; dall’altro lato, perché il minore «gode del diritto di rimanere sul territorio nazionale e di avere tutti i diritti di assistenza che ciò comporta, a prescindere dalla condizione di regolarità o irregolarità dei genitori», in ossequio a quanto sancito dalla Convenzione sui diritti del fanciullo. E per il giudice «la scuola dell'infanzia, pur non obbligatoria e non indirizzata direttamente all'istruzione del minore in senso stretto», fa «comunque» parte «del sistema scolastico».

«Vorrei che tutti sentissimo la presenza degli studenti stranieri come una risorsa, in un paese che ha bisogno di giovani energie ed intelligenze», aveva detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, all’inizio dell’anno scolastico 2006/2007. La giunta milanese non tenne conto di queste parole, invece valorizzate oggi da quella capitolina. Ci si augura che le comprenda anche FdI. Se non sul piano della razionalità e del buon senso, almeno su quello del diritto.

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