Un atto d'accusa durissimo verso il Cio e l'organizzazione locale di Tokyo 2020. Lo lancia Athleten Deutschland (AD), organizzazione tedesca costituita nel 2017 con lo scopo di difendere la causa e gli interessi delle sportive e degli sportivi nazionali di alto livello.

A giudizio di AD, atlete e atleti vengono messi in quarantena dall'organizzazione olimpica sono sottoposti a un trattamento indegno. Ciò che ha spinto a chiedere un intervento urgente per rimediare a una situazione giudicata insostenibile. E per dare una spruzzata di pepe al comunicato diffuso il 30 luglio attraverso il proprio sito, AD ha riportato anche l'opinione espressa con parole molto forti dal suo rappresentante per le politiche sportive internazionali, Maximilian Klein. A suo giudizio le condizioni in cui gli atleti affrontano la quarantena sono “simili a una prigione”. Esternazione clamorosa cui fin qui il Cio e Tokyo 2020 non hanno dato risposta, ma che non possono continuare a ignorare.

Organizzazione indipendente

Sorta nel 2017 al di fuori della Commissione atleti del comitato olimpico tedesco (Dosb), AD ha già raccolto circa mille associati grazie anche a uno stile di advocacy molto aggressivo. Il fatto di essere estranea al circuito istituzionale dello sport permette di non avere alcun atteggiamento di diplomazia o riverenza verso federazioni sportive, comitati olimpici e organizzatori locali.

Anzi, si può dire che assumere uno stile comunicativo perentorio e associarlo al fare bellicoso sia parte essenziale per il successo di AD. Che quando c'è da schierarsi su una causa lo fa in modo netto e con cura di scatenare un grande rumore mediatico. Prima della denuncia relativa alle condizioni di quarantena degli atleti, AD aveva preso posizione su un tema che nei giorni scorsi noi di Domani vi abbiamo illustrato: quello relativo all'articolo 50 dell'Olympic Charter, sulla libertà degli atleti di dimostrare e protestare in occasione dei Giochi

L'intervento si era avuto a margine della concessione fatta alla capitana della nazionale tedesca di hockey, Nike Lorenz, affinché portasse i colori dell'arcobaleno nei calzini da gioco. Nella circostanza, pur registrando come un fatto positivo l'assenso dato dal Cio a Lorenz, AD aveva contestato gli scarni miglioramenti generati dalla riforma dell'articolo 50, poiché di fatto la libertà d'espressione e manifestazione delle proprie idee continua a essere negata a atlete e atleti sui palcoscenici olimpici di maggiore presa mediatica, oltre a essere vincolata a meccanismi di controllo ritenuti poco trasparenti. Ma l'affondo sulle condizioni dei quarantenati segna un salto di qualità e mette in grave imbarazzo il governo mondiale dello sport.

Poca aria, cibo scadente, zero notizie

Il lungo testo pubblicato nel sito di AD è pieno di riferimenti che, se rispondenti a verità, sarebbero sconcertanti. Il terzo capoverso è impietoso:

«Gli atleti in quarantena sul posto segnalano la mancanza di approvvigionamento nelle aree di base. Nell'attuale hotel della quarantena, ad esempio, l'aria fresca è insufficiente. L'alimentazione non è né ricca né equilibrata, né soddisfa i fabbisogni nutrizionali talvolta specifici dei migliori atleti. Gli atleti che hanno ripreso le attività di allenamento in sala devono lavare i panni di allenamento nel lavandino, che dopo difficilmente si asciugano. Ti senti lasciato solo e devi ottenere molte informazioni da solo. Non ti è chiaro quale sia l'esatta stato di avanzamento della quarantena e quali misure debbano essere prese dopo che è terminata. Ci è stato detto delle barriere linguistiche nella comunicazione con il personale medico».

Praticamente la rappresentazione di un disastro, che fin qui non risulta smentita. Ma AD non si ferma qui. Anzi, va dritta allo scontro con le élite dello sport olimpico, accusate di concedersi lussi spropositati mentre atlete e atleti in quarantena affrontano condizioni critiche. A denunciarlo è sempre Maximilian Klein, nel passaggio in cui parla di condizioni da prigione:

«Il CIO ha fatto a meno di un piano B fin dall'inizio e quindi ha una responsabilità speciale nei confronti di tutti i soggetti coinvolti, compresi gli atleti. [Questi] con il loro lavoro e i loro servizi, genera miliardi di dollari di entrate senza che abbiano in cambio servizi indispensabili. Inoltre, il CIO ha trasferito agli atleti anche i restanti rischi dovuti al caldo e al COVID-19. Sembra quindi grottesco che gli atleti debbano scontare la loro quarantena in condizioni simili a una prigione, mentre i membri del Cio alloggiano in costosi hotel di lusso e ricevono tariffe forfettarie giornaliere elevate».

Un attacco frontale che fin qui non ha ricevuto risposta. Ma la tattica del muro di gomma non può durare, anche perché prima o poi gli atleti confinati potranno uscire. E potrebbero avere parecchio da raccontare.

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