Secondo l'ultimo rapporto della fondazione Gimbe, ci sarebbero 2,66 milioni di over 60 che non hanno ancora ricevuto nemmeno una dose di vaccino anti Covid-19, mentre 6,2 milioni devono completare il ciclo vaccinale. Solo un over 60 su due, infatti, ha completato il ciclo vaccinale.

Negli ultimi giorni, inoltre, è iniziata la somministrazione del mix vaccinale per gli under 60, che riceveranno un vaccino a mRna, Pfizer o Moderna, al posto di AstraZeneca (ricevuto come prima dose) in fase di richiamo. Secondo il presidente della fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, «riguardo al nuovo caos AstraZeneca, se nell’attuale contesto di bassa circolazione virale è totalmente condivisibile la decisione di limitare questo vaccino agli over 60, emergono alcune perplessità in merito all’obbligo di effettuare negli under 60 la seconda dose con vaccino a mRNA, già ribattezzata come “eterologa”». Infatti, negli under 60 che hanno ricevuto la prima dose di AstraZeneca, la circolare dell’11 giugno 2021 del ministero della Salute dispone che «il ciclo deve essere completato con una seconda dose di vaccino a mRna». 

La determina Aifa del 13 giugno, invece, ha disposto che i vaccini a mRna «possono essere somministrati come seconda dose per completare un ciclo vaccinale misto», includendo inoltre la facoltà di scelta del paziente.

La differenza tra le due disposizioni è, dunque, di tipo liberalizzante in termini di scelta: quella del ministero esclude la scelta del paziente e impone la vaccinazione eterologa; mentre l'Aifa, appena due giorni dopo, ha disposto che il paziente firmi un consenso informato scritto, dal quale risulti che lo stesso è consapevole della «incompletezza dei dati relativi alla sicurezza ed efficacia del medicinale per l'indicazione terapeutica proposta».

La legge 648/96, citata nella determina da Aifa, impone, infatti, al cittadino di accettare o meno l’informativa fornitagli e al medico la responsabilità della prescrizione, in presenza di un’alternativa, il cui profilo di efficacia e sicurezza è stato ribadito dall’Ema.

In sintesi, se il paziente non firma il consenso non può completare il ciclo vaccinale. «Se presupposti immunologici e biologici e dati preliminari – conclude Cartabellotta – lasciano supporre che la vaccinazione “eterologa” sia efficace e sicura, rimane l’incongruenza tra l’obbligo previsto dalla circolare del ministero della Salute e la possibilità riportata dalla determina Aifa. Infatti, secondo la formula possibilista di Aifa per gli under 60 la seconda dose con Pfizer o Moderna è solo un’opzione che il paziente è libero di accettare o rifiutare, optando per la seconda dose con AstraZeneca. In ogni caso, è indispensabile adeguare il modulo di consenso informato a quanto previsto dalla L. 648/96 con adeguata informazione su benefici, rischi e incertezze delle opzioni per la seconda dose dopo AstraZeneca».

In funzione di ciò, secondo Gimbe, per evitare che l’incongruenza tra le espressioni “dovere” e “potere” si traduca in una responsabilità esclusivamente a carico dei medici, è necessario che il ministero della Salute e Aifa si esprimano in maniera congiunta, magari a seguito di un secondo confronto, e invii una nota univoca e definitiva. 

Sicurezza e incertezze sul mix

Nonostante i presupposti immunologici, biologici e alcuni precedenti storici sul mix vaccinale, le evidenze scientifiche sono ancora preliminari.

In particolare, secondo quanto spiegato dalla fondazione Gimbe, i quattro studi citati dal parere del Comitato tecnico scientifico sono stati effettuati su un campione di poco più di 800 persone e misurano l’efficacia del mix solo sulla risposta immunitaria e la sicurezza solo sugli effetti collaterali frequenti e a breve termine.

In altre parole, a oggi non esistono prove di efficacia della vaccinazione “eterologa” su Covid-19 severa, ospedalizzazioni e decessi, né su eventuali effetti collaterali rari.

Inoltre, gli studi sono del tutto incerti su possibili effetti a lungo termine. 

La nuova variante

Nelle ultime settimane è stata scoperta una nuova variante del virus, conosciuta come «Delta», che nel Regno Unito ha già provocato 12 morti. Secondo l’ultima indagine sulle varianti, pubblicata dall’Istituto superiore di sanità il 18 maggio scorso, la variante delta è più contagiosa del 60 per cento rispetto alla variante inglese ed è già arrivata in Italia. 

In particolare, la diffusione maggiore si registra nel Lazio (3,4 per cento), Sardegna (2,9 per cento) e Lombardia (2,5 per cento). Nell’ultima settimana la variante delta è stata isolata in due focolai a Milano e Brindisi, segno di una sua maggiore diffusione sul territorio nazionale che si rileva anche dal database internazionale Gisaid: rispetto ai sequenziamenti su campioni raccolti dal 19 maggio al 16 giugno, su 881 sequenze depositate, 57 corrispondono alla variante delta. Rispetto all’efficacia dei vaccini, secondo i dati del Public Health England una singola dose di vaccino (Pfizer o AstraZeneca) ha un’efficacia solo del 33 per cento nei confronti di questa variante, percentuale che dopo la seconda dose sale, rispettivamente, all’88 per cento e al 60 per cento. Inoltre, l’ultimo studio inglese attesta che l’efficacia del ciclo completo nel prevenire le ospedalizzazioni è del 96 per cento con il vaccino Pfizer e del 92 per cento con quello AstraZeneca.

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