Cosa c’è dietro la scarcerazione

“U’ verru” Brusca che dopo gli omicidi ha iniziato a raccontare la trattativa

20/05/1996, QUESTURA DI PALERMO, ARRESTO DI GIOVANNI BRUSCA
20/05/1996, QUESTURA DI PALERMO, ARRESTO DI GIOVANNI BRUSCA
  • Giovanni Brusca scarcerato dopo 25 anni. Confessati, fra i cento e i duecento omicidi. «Ancora oggi non riesco a ricordare tutti, uno per uno, i nomi di quelli che ho ucciso», dichiarava in uno dei primi verbali di interrogatorio davanti al procuratore capo di Palermo Gian Carlo Caselli e ai sostituti Guido Lo Forte e Alfonso Sabella.

  • Bene, ne aveva impressi nella memoria solo due. Lui appostato sulla collinetta di Capaci con il telecomando in mano. E sempre lui che dà un altro ordine a Giuseppe Monticciolo: «Liberati du canuzzu».

  • Liberati del cagnolino. Il cagnolino è un bambino di undici anni, prigioniero da settecentosettantanove giorni. Giuseppe Di Matteo è una larva, non pesa neanche trenta chili. Monticciolo lo mette con la faccia al muro e lo solleva da terra, il bimbo non capisce, non fa resistenza, nemmeno quando sente la corda intorno al collo. Il suo è appena un sussurro: «Mi portate a casa?». E poi il figlio del pentito Santino Mezzanasca Di Matteo viene squagliato nell’acido. Del bimbo restano solo i dentini. È molto “tecnico” Giovanni Brusca quando ricostruisce quest'altra “disgrazia”.

Timorata di Dio e dama di San Vincenzo, la madre andava dicendo in giro «che l’aveva cresciuto bene». Fra i suoi figli era il preferito, per quello che aveva fatto e per quello che faceva. Perché, almeno ufficialmente, non aveva ancora aperto bocca. «Non è un vigliacco e quindi non sarà mai un pentito, la verità è che la legge non è uguale per tutti: i privilegi toccano solo agli infami», urlava Antonina Brusca a pochi passi dalla piazza del paese. Era infastidita dal «can can, da tutta questa

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