Amico & Co. è nota per i suoi cantieri in cui operai altamente specializzati riparano super yacht da sogno. Gli appassionati del genere, però, non sanno che questa società genovese ha finanziato il presidente della regione Liguria, Giovanni Toti. E lo ha fatto negli anni in cui i suoi titolari brindavano per la concessione ottenuta dall’autorità portuale, amministrata da un manager scelto da Toti e a lui molto vicino. Una delibera molto contestata, salvata dall’intervento del presidente della regione con un protocollo d’intesa, che ha messo d’accordo tutti, anche chi si era rivolto ai giudici del tribunale amministrativo, il Tar.

Ricostruire l’ascesa politica di Toti è possibile seguendo il filo che conduce alla matassa di conflitti di interesse: i suoi finanziatori sono industriali e imprenditori con interessi rilevanti nel territorio ligure spesso appesi a decisioni pubbliche. L’élite armatoriale di Genova ha scommesso sul giornalista ex berlusconiano, che ha abbandonato Forza Italia una volta diventato potente governatore di regione dopo aver espugnato la Liguria, fortezza rossa storicamente amministrata dalla sinistra. Toti oggi ha completato la sua naturale parabola: leader di un partito quasi personale, Coraggio Italia, che vale poco nei sondaggi ma che potrebbe condizionare, in perfetto stile Matteo Renzi, scelte di valore con i suoi 24 parlamentari pronti a dare battaglia sull’elezione del prossimo presidente della Repubblica.

L’inchiesta dei pm

Le donazioni di industriali e imprenditori collezionate dal politico, dichiarate secondo la legge, sono tuttavia state segnalate dall’autorità antiriciclaggio. E la procura di Genova ha da tempo avviato un’inchiesta, che ora, come rivelato da Domani, ha già un’ipotesi di reato (finanziamento illecito) e degli indagati. Sappiamo inoltre che alcuni di questi finanziatori hanno ricevuto la visita della guardia di finanzia, che ha chiesto l’acquisizione dei documenti sulle donazioni effettuate. Tra questi, oltre a Pietro Colucci a capo di una holding che gestisce discariche autorizzate dalla regione Liguria, anche il gruppo Onorato, noto per il marchio Moby e per la generosità con un po’ tutti i partiti. Dal perimetro iniziale dell’inchiesta sono rimasti fuori gli armatori che più contano a Genova e che hanno sostenuto l’ascesa di Toti. Dal 2016 a oggi i comitati-fondazione di Toti hanno incassato oltre 2 milioni di euro. Al di là di eventuali reati, però, resta una domanda ancora inevasa: è opportuno per chi governa ricevere fondi da chi ha interessi che dipendono da scelte pubbliche regionali?

Incrociando i documenti dell’autorità antiriciclaggio, gli elenchi delle erogazioni liberali depositati alla tesoreria del parlamento con gli atti dell’autorità portuale con cui ha autorizzato le concessioni, Domani ha ricostruito tutti i possibili conflitti di interessi di Toti e i suoi ricchi fan dell’industria navale.

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Yacht e politica

I progetti di sviluppo che ruotano attorno all’area portuale sono molti, a partire dalla diga foranea e dal waterfront di Levante. La prima del valore stimato di 1,3 miliardi è strategica a tal punto da essere stata inserita nell’elenco delle opere finanziabili con il Piano nazionale di riprese e resilienza (Pnrr). Il nuovo Waterfront di Levante è invece un progetto disegnato da Renzo Piano e sostenuto dal Comune di Genova. Anche il sindaco Marco Bucci deve molto a Toti: per la campagna elettorale del 2017 ha beneficiato, come segnalato nei documenti ottenuti da Domani, di oltre 100 mila euro dal comitato Change, l’organizzazione pensata da Toti per attrarre investitori disponibili a sponsorizzare il suo progetto politico.

Con la scusa del waterfront di Levante c’è chi si è mosso in anticipo realizzando il “waterfront marina”, ossia un polo di accoglienza per super yacht, che «si integrerà benissimo con il progetto di Piano», sostengono i fan dell’opera. L’ha realizzato la società Amico & Co, che ha finanziato il comitato Giovanni Toti nel 2021.

L’azienda non avrebbe potuto fare nulla senza il via libera dall’autorità portuale di Paolo Emilio Signorini, che ha dato in concessione l’area demaniale per 20 anni: si tratta del 60 per cento della darsena, 58 mila metri quadrati. Una decisione che aveva provocato un ricorso al Tar di Confindustria Nautica, che in primo grado aveva ottenuto l’annullamento della delibera con cui è stata concessa al finanziatore di Toti. La società Amico & Co e l’autorità portuale hanno poi ricorso al Consiglio di stato ottenendo la sospensione di quella sentenza, ma prima che i giudici entrassero nel merito è intervenuto un protocollo firmato da Toti, dal sindaco di Genova, dal capo dell’autorità portuale e da confindustria nautica. Il documento sanciva la pace sull’area e la fine di ogni battaglia legale lasciando intatta la concessione ad Amico e concedendo a Confindustria le aree limitrofe necessarie all’organizzazione del salone nautico, «fatta eccezione per quelle affidate ad Amico», si legge nell’atto. Abbiamo provato a contattare al telefono l’amministratore della società Amico, ma non ha ancora risposto alle nostra richiesta di commento.

L’intervento provvidenziale di Toti ha sanato una concessione che il tribunale amministrativo riteneva aver violato i principi di parità di trattamento, imparzialità e trasparenza. L’atto di pacificazione reca la data del 24 settembre 2019. Da allora Amico & Co ha concluso il progetto del “Waterfront marina”, un investimento da 6 milioni. E ha ritenuto opportuno finanziare il comitato del presidente Toti. Il versamento di Amico & Co di 30 mila euro è del 7 giugno 2021, a distanza di pochi giorni dell’annuncio di fine dei lavori per il Watefront destinato agli yacht.

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