Dopo anni di diatriba giudiziaria i quattro agenti egiziani imputati del sequestro e dell’omicidio del ricercatore italiano Giulio Regeni sono stati rinviati a giudizio. Lo ha deciso il giudice per l’udienza preliminare che ha accolto la richiesta del procuratore aggiunto Sergio Colaiocco. L’udienza è stata fissata per il prossimo 20 febbraio 2024 di fronte alla Corte d’Assise di Roma.

C’è un ulteriore elemento di novità: la presidenza del Consiglio dei ministri si è costituita parte civile nel processo. Le due decisioni danno un nuovo impulso al processo che si era arenato per la mancata collaborazione delle autorità egiziane e l’incapacità di informare i quattro agenti dei servizi di sicurezza del processo in corso.

Lo scorso aprile il gup aveva disposto «la sospensione del procedimento pendente nei confronti di Tarik Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Usham Helmi e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif per i reati di sequestro di persona, lesioni personali e omicidio, a vario titolo aggravati, commessi in Egitto, Il Cairo, dal 25 gennaio al 2 febbraio 2016 in danno di Giulio Regeni». Anche la Cassazione aveva deciso che gli uomini della sicurezza non erano processabili in quanto non individuati, rigettando così il ricorso della procura.

Ma a cambiare il corso del processo è stata la Consulta che dopo una settimana di camera di consiglio lo scorso 27 settembre ha affermato che: «In attesa del deposito della sentenza - dice una nota inviata dall'ufficio comunicazione - la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 420-bis, comma 3, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice procede in assenza per i delitti commessi mediante gli atti di tortura definiti dall’art. 1, comma 1, della Convenzione di New York contro la tortura, quando, a causa della mancata assistenza dello Stato di appartenenza dell’imputato, è impossibile avere la prova che quest’ultimo, pur consapevole del procedimento, sia stato messo a conoscenza della pendenza del processo, fatto salvo il diritto dell’imputato stesso a un nuovo processo in presenza per il riesame del merito della causa».

La dichiarazione di parte civile della presidenza

«L’orrendo crimine ha colpito profondamente la comunità nazionale, per le incomprensibili motivazioni e per le crudeli modalità di esecuzione. Non v’è dubbio che il soggetto passivo titolare dei beni giuridici protetti dalle norme violate dai fatti in contestazione è, in primo luogo, lo stato e per esso la presidenza del consiglio dei ministri, sia come titolare del diritto soggettivo pubblico al mantenimento dell'ordine civile e del corretto svolgimento dei rapporti sociali, la cui tutela costituisce una delle finalità primarie dello stato; sia come massimo ente esponenziale della collettività nazionale, gravemente offesa dalle condotte contestate».

Ora quindi si andrà a processo, nella speranza che gli aguzzini del ricercatore italiano siano consegnati alla giustizia. «Ringraziamo tutti. Oggi è una bella giornata», ha detto a margine dell’udienza Paola Deffendi, la madre di Regeni.

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