- La legge di conversione del decreto “green pass” presenta profili critici, alcuni dei quali segnalati dal Garante Privacy. Ma il Parlamento ha preferito ignorarli.
- Si prevede che i lavoratori possano consegnare al datore di lavoro copia del proprio “green pass”, evitando così i controlli periodici. Ciò rischia, da un lato, di vanificare obiettivi di sanità pubblica, dall’altro lato di violare i principi di esattezza e proporzionalità sanciti dal Gdpr.
- La nuova norma ha il fine di semplificare e razionalizzare le verifiche delle certificazioni per i datori di lavoro, ma di fatto questi ultimi potranno essere gravati da una serie di onerosi adempimenti organizzativi e tecnici, a tutela dei dati sanitari raccolti con il “green pass”.
Il decreto-legge sull’obbligo di “green pass” nei luoghi di lavoro è stato convertito in legge. Il testo presenta alcuni profili critici, alcuni dei quali segnalati dal Garante per la protezione dei dati personali. Tuttavia, in sede di conversione il parlamento non ne ha tenuto conto. La Faq “recepita” La legge di conversione prevede che se la validità della certificazione verde scade durante l’orario di lavoro, la permanenza del lavoratore sia comunque consentita fino al termine del tur



