«Le violenze e le minacce sono state compiute in danno di una persona inerme attraverso un’irruenza minatoria», scrive il giudice Ezio Damizia. I contorni del caso Hasib iniziano a delinearsi meglio. La procura di Roma ha chiesto e ottenuto dal giudice gli arresti domiciliari per il poliziotto Andrea Pellegrini, accusato di tortura e difeso dall’avvocato Eugenio Pini, che ha seguito in passato uno dei carabinieri indagati per il pestaggio di Stefano Cucchi. Dopo le violenze e gli abusi subiti il ragazzo sordomuto, Hasib  Omerovic, per fuggire alla violenza del primo si è lanciato dalla finestra della sua stanza durante una visita senza autorizzazione da parte di 4 agenti del commissariato di Primavalle, quartiere popolare della periferie ovest di Roma. 

Dunque Hasib non è stato spinto, piuttosto si è lanciato dalla finestra perché intimorito dagli schiaffi ricevuti da Pellegrini e dal coltello da cucina con cui l’agente lo minacciava. 

Legato con il filo elettrico

Il 25 luglio 2022 Pellegrini e altri tre poliziotti hanno eseguito un blitz illegale, senza alcun mandato dell’autorità giudiziaria. Sulla base di voci e sospetti circolati sulla pagina facebook del quartiere che indicavano Omerovic un molestatore di ragazzine. Una delle utenti incitava i residenti a reagire. Gli agenti hanno così pensato di recarsi nella casa popolare in cui viveva l’uomo insieme alla famiglia di origine rom. Nel momento in cui gli agenti hanno fatto irruzione nell’appartamento Hasib stava assistendo la sorella disabile. In pochi istanti la vita degli Omerovic si trasforma in un inferno. 

Ecco la ricostruzione fatta dai magistrati e dalla squadra mobile di Roma. Pellegrini «dopo essere entrato all’interno dell’abitazione, immediatamente e senza alcun apparente motivo colpiva Omerovic con due schiaffi nella zona compresa tra il collo ed il viso, contestualmente rivolgendo al suo indirizzo, con fare decisamente alterato, la seguente frase: “non ti azzardare mai più a fare quelle cose, a scattare foto a quella ragazzina».

L’incubo per Hasib era appena iniziato, perché il poliziotto «successivamente, impugnava un coltello da cucina e lo brandiva all’indirizzo di Omerovic, chiedendogli, sempre con fare alteralo ed urlando, che utilizzo ne facesse». Pellegrini aveva poi tentato di entrare nella stanza da letto, ma era chiusa a chiave. E sebbene Hasib gli stesse consegnano le chiavi, l’agente l’ha  sfondata con un calcio. Una volta dentro trasforma la stanza in una camera della tortura: «intimava a Omerovic di entrare all’interno della sua stanza e lo costringeva a sedere su una sedia; dopo aver recuperato un filo della corrente di un ventilatore, lo utilizzava per legargli i polsi; brandiva, ancora una volta il coltello da cucina in precedenza utilizzato, nel contempo minacciandolo, urlando al suo indirizzo la seguente frase “se lo rifai, te lo ficco nel culo”, lo colpiva nuovamente con uno schiaffo». Hasib ormai era nel panico, sentiva di non avere scampo. Pellegrini continuava a urlare “non lo fare più”. Così nel tentativo di salvarsi, traumatizzato dall’abuso, ha trovato nella finestra l’unica via di fuga: ha scavalcato il davanzale e si è lanciato. É precipitato per una ventina di metri, non è morto per miracolo, è finito in coma e ancora oggi è in ospedale. «Allo stato posso solo affermare che il reato contestato è complesso e che richiede estrema attenzione», dice Pini, legale dell’agente Pellegrini sotto inchiesta per tortura.

Il pentito

A rivelare i dettagli dell’intrusione degli agenti e le violenze di Pellegrini sull’uomo è stato un poliziotto presente sulla scena: Fabrizio Ferrari, «coindagato». Ha raccontato del coltello, del filo del ventilatore usato per legare Hasib e dell’atteggiamento prevaricatore del collega. Ferrari, tuttavia, non è intervenuto per fermare Pellegrini, del resto non lo hanno fatto neppure gli altri due anche loro indagati per falso. Ferrari si limitava ad allontanarsi dalla stanza «non volendo continuare ad assistere alla commissione di condotte così gravi», ha detto ai pm. 

Oltre a Pellegrini, sono indagati due suoi colleghi: Alessandro Sicuranza e Maria Rosa Natale, per falso, in quanto hanno omesso di scrivere nel verbale dell’operazione il disastro compiuto a casa Omerovic. Una prima conferma a questa ipotesi è in alcuni messaggi agli atti dell’indagine. Si tratta di messaggi scambiati tra due agenti del commissariato estranei all’intervento a casa Omerovic. L’uno suggeriva all’altra di redigere una relazione di servizio sull’accaduto per «pararsi il culo dall’onda di merda, che quando arriva sommerge tutti». Per gli altri agenti è stata chiesta la misura interdittiva.

L’ordine di identificare Hasib dopo la pubblicazione del post sui social del quartiere Primavalle era partito dal commissario capo: Laura Buia, che aveva contatto Pellegrini per informarlo di questo voci sull’uomo. 

L’inchiesta però non è ancora chiusa. Il giudice che ha firmato l’ordinanza di arresto per Pellegrini definisce «la vicenda è articolata e complessa» e necessita« di approfondimenti in relazione in particolare a ulteriori (e rilevanti) segmenti, relativi alla effettiva estensione e tipologia delle condotte violente e alle modalità della precipitazione dell'Omerovic dalla finestra), verosimilmente non ancora chiariti né ulteriormente delineati».

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