Rosalia Messina Denaro, la sorella più cara del mafioso stragista Matteo, ieri è finita in carcere per associazione mafiosa perché ha aiutato il fratello nella latitanza, gli ha consentito «di continuare a esercitare le funzioni apicali di Cosa nostra, provvedendo, in un lungo arco temporale, a gestire per suo conto e in suo nome la “cassa” della famiglia mafiosa, da cui traeva sostentamento per la sua latitanza anche lo stesso Messina Denaro».

È sposata con Filippo Guttadauro, fratello di Giuseppe capo mandamento di Brancaccio, ed è la madre di Lorenza, avvocata di Matteo Messina Denaro.

Nella conferenza stampa indetta dalla procura di Palermo, subito dopo l’arresto del latitante, i magistrati hanno spiegato che l’indagine era nata dall’acquisizione di informazioni, all’interno del contesto familiare, in merito alla malattia dello stragista imprendibile.

Nell’ordinanza cautelare, firmata dal giudice Alfredo Montalto, emergono alcuni elementi in merito a queste “informazioni”, in particolare il sequestro di un appunto risalente al dicembre 2022 relativo alle condizioni di salute di un soggetto non identificato, «ma che verosimilmente riconduceva a Messina Denaro Matteo stante il possesso di quell’appunto da parte della sorella Rosalia».

Gli inquirenti sono arrivati alla sorella sequestrando numerosi pizzini all’interno dell’abitazione intestata ad Andrea Bonafede, arrestato come complice dello stragista. Un sequestro che ha riguardato anche altri covi e nascondigli e che, di certo, porterà al coinvolgimento di altri sodali.

I pizzini

I pizzini restano uno strumento di comunicazione ideale per i mafiosi, quelli interessanti sul conto Messina Denaro riguardano tre filoni: quelli relativi ai contatti con Bernardo Provenzano, quelli relativi alle comunicazioni con Antonino Vaccarino (acquisiti attraverso l’ex Sisde), comunicazioni sulla cui paternità rimangono ancora dubbi da parte di alcuni inquirenti, e quelli con Salvatore Lo Piccolo, sequestrati nel 2007.

Questo sistema funziona ancora in modo «scientifico e ortodosso» dentro Cosa nostra, prevede l’obbligo di bruciare i pizzini dopo la ricezione, ma ha presentato una falla nella quale si sono inseriti gli investigatori e i carabinieri del raggruppamento operativo speciale.

La ricostruzione del giudice ci riporta a un appunto conservato nell’abitazione di Rosalia dove, durante una perquisizione notturna, i militari sono entrati trovando nell’intercapedine di una sedia l’appunto e fotografandolo senza rimuoverlo. Da questo, e anche da altri pizzini e conversazioni, hanno desunto la malattia del boss e individuato l’appuntamento sanitario fissato per il 16 gennaio all’ospedale La Maddalena, dove è stato arrestato. Subito dopo l’arresto di Messina Denaro, i carabinieri sono tornati nella casa di Rosalia trovando nello stesso posto, nella gamba di una sedia di alluminio, l’appunto fotografato. Il ruolo di Rosalia è in continuità con quello degli altri familiari, a partire da Patrizia, ma anche Salvatore, destinatari di condanne per appartenenza all’associazione mafiosa.

Parmigiano e Fragolone

Oltre all’appunto ci sono i pizzini, sequestrati anche nella casa di campagna. Indicano il ruolo di cassiera, su mandato del fratello, svolto da Rosalia Messina Denaro che veniva soprannominata Fragolone.

In uno si leggeva di un soggetto, nominato “Malato”, che aveva consegnato 4.500 euro alla famiglia. In altri di operazioni economiche anche per cifre rilevanti, ad esempio di 80mila euro. In altri ci sono le tracce di complici ancora da identificare.

Come “Parmigiano” al quale lo stragista chiede, per il tramite della sorella, 40mila euro, tanto «non cambiano la vita delle persone», scrive.

In un altro pizzino si parla di telecamere e altri dispositivi, un linguaggio tecnico che lascia «senza dubbio ipotizzare il potenziale coinvolgimento di appartenenti alle forze dell’ordine o di specialisti», si legge nell’ordinanza di arresto.

Un pizzino racconta la considerazione che lo stragista ha della figlia, Lorenza: «Ebbene, nessuno ha fatto la fine di Lorenza, sono tutte sistemate, che voglio dire? È l’ambiente in cui cresci che ti forma, e lei è cresciuta molto male. Ciò significa che la mancanza del padre non è motivo di degenerazione educativa, è solo Lorenza che è degenerata nell’infimo, le altre di cui so sono tutte cresciute onestamente».

Lo stragista parla dello stato così: «Siamo perseguitati, sopraffatti da uno stato prima piemontese e poi romano che non riconosciamo», concludendo che essere «incriminati di mafiosità è un onore».

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