«Dio è morto! E noi l’abbiamo ucciso!». Era il 2 maggio 2010 quando papa Benedetto XVI, meditando davanti alla Sindone di Torino, citva La gaia scienza di Nietzsche. Come già era accaduto nel controverso intervento all’università di Ratisbona nel 2006, anche in quell’occasione Ratzinger usava una citazione erudita, di certo non una fonte cristiana, per presentare la sua visione organica della fede.

Il papa teologo vedeva nel mondo della tecnica una minaccia all’esistenza di Dio. «La creazione non ha più per l’uomo risonanze morali; essa gli parla solamente il linguaggio matematico della sua utilità tecnica, a meno che ella non protesti contro le violenze che lui le fa subire. Anche allora l'appello morale che la creazione così gli rivolge, resta indeterminato» aveva detto davanti ai vescovi francesi nel 1983, quando già i suoi colleghi teologi lo chiamavano “panzer-kardinal, l’intransigente prefetto dell’ex Sant’Uffizio.

 

Il rapporto con le scienze

Occorre tenere a mente l’intransigenza dogmatica di Ratzinger per comprendere il suo rapporto con le scienze, così essenziali al discorso teologico da essere menzionate nel suo testamento spirituale, diffuso poco dopo la sua morte: «Ho vissuto le trasformazioni delle scienze naturali sin da tempi lontani e ho potuto constatare come, al contrario, siano svanite apparenti certezze contro la fede, dimostrandosi essere non scienza, ma interpretazioni filosofiche solo apparentemente spettanti alla scienza; così come, d’altronde, è nel dialogo con le scienze naturali che anche la fede ha imparato a comprendere meglio il limite della portata delle sue affermazioni, e dunque la sua specificità».

È questa intransigenza che ha alimentato il rapporto problematico fra la teologia di Benedetto XVI e il pluralismo scientifico, accusato di portare con sé una religione che negava la morale cristiana. Nel 2008 in un convegno all’Università lateranense per i dieci anni dell’enciclica wojtyłiana Fides et Ratio, Ratzinger aveva definito gli scienziati «arroganti», accusandoli di anteporre il profitto alla morale.

Era arrivata la risposta piccata dell’astrofisica Margherita Hack: «I principi etici non sono solo dei credenti. Il principio etico “non fare agli altri ciò che non vorresti che gli altri facciano a te” infatti riguarda i credenti come i laici e gli atei». Solo pochi anni dopo Benedetto XVI era tornato sul tema davanti ai capi religiosi dell’University College a Strawberry Hill di Londra, spiegando come la scienza non potesse «soddisfare le aspirazioni più profonde del cuore umano, non spiegarci appieno la nostra origine e il nostro destino, perché e per quale scopo esistiamo, né tantomeno fornirci una risposta esauriente alla domanda “perché c’è qualcosa piuttosto che niente?”». Era il 2010 ed era stato dato appena alle stampe Il grande disegno del fisico Stephen Hawking che, in nome del realismo, contestava l’interpretazione metafisica dell’universo. Un punto di vista opposto a quello del papa tedesco.

La polemica della Sapienza

Parlando della cometa nell’omelia dell’Epifania del 2011, il papa aveva bollato le ricerche di un’analogia tra la stella e la nova indagata da Keplero come «cose interessanti, ma che non ci guidano a ciò che è essenziale per capire quella stella. Quegli uomini cercavano le tracce di Dio; cercavano di leggere la sua “firma” nella creazione. Ma, da uomini saggi sapevano pure che non è possibile incontrarlo con un telescopio qualsiasi».

L’apice delle frizioni col mondo scientifico era arrivato nel 2008 quando, in nome della laicità della scienza, i docenti e ricercatori del dipartimento di Fisica dell’Università La Sapienza di Roma avevano impedito la partecipazione di Benedetto XVI all’inaugurazione dell’anno accademico.

In una lettera inviata al rettore, il premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi criticava un suo intervento sul processo a Galileo Galilei, dove l’allora cardinale Ratzinger aveva citato K. Feyerabend: «All’epoca di Galileo la chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto».

Fu l’ennesimo incidente, appena stemperato con gli incontri avuti con il matematico ateo Piergiorgio Odifreddi, fra i pochi scienziati a trovare un ponte con le posizioni del teologo tedesco laddove molti percepivano inconciliabilità.

Un cortocircuito culminato paradossalmente l’11 febbraio 2013 quando, per una strana coincidenza, il giorno stesso delle dimissioni di Ratzinger, la Corte europea dei diritti dell’uomo bocciava la legge 40/2004, che contestava l’accesso alle tecniche di fecondazione assistita per le coppie non sterili portatrici di malattie genetiche. Sotto Benedetto XVI, il Vaticano si era schierato a più riprese contro l’abrogazione di quella stessa legge. Segno di tempi nuovi, che lo stesso teologo tedesco comprese come inevitabili.

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