Briançon è una cittadina francese di dodicimila abitanti che, in tre anni, ha accolto dodicimila migranti in arrivo dall’Italia. Forse, dodicimila. I conteggi variano spingendosi anche verso quota quindicimila: uomini, donne e bambini che, attraverso la val di Susa, hanno lasciato l’Italia superando un confine fatto di foreste di larici, neve, dirupi e corpi di polizia di due stati. Per loro esiste un porto sicuro di passaggio: un rifugio dove riprendere fiato prima di dirigersi alla stazione del treno e proseguire il viaggio. Oggi, però, il neoeletto sindaco repubblicano vuole chiudere questo piccolo bivacco dove migliaia di esseri umani sono giunti dopo aver camminato per molte ore.

Rifugio per migranti

Nato nel 2017, là dove un tempo c’era una caserma lasciata vuota, il rifugio viene gestito da due associazioni, Tous Migrants e Refuge solidaires, che dal nulla hanno eretto un apparato di accoglienza in grado di reggere l’urto di un moto migratorio che ha preso le forme di una rotta scomposta durante il biennio 2018-2019.

L’origine di questa iniziativa di accoglienza risale al 2016, quando quattro africani bussano alla porta di un ex colonnello dei paracadutisti a Névache, fiabesco paesino a una ventina di chilometri da Briançon, che si trova al termine della lunga discesa che dal colle del Monginevro porta al fondo valle. I quattro uomini entrano nella casa dell’ex militare e da quel momento inizia una lunga storia di volontari di ogni estrazione culturale che si inventano soccorritori in montagna: un moto spontaneo che trova il suo sbocco nel rifugio.

Coperto politicamente dall’amministrazione comunale socialista che vede il sindaco Gerard Fromm alla testa di un movimento culturale dalle posizioni nette, il rifugio di Briançon fa il suo lavoro giorno dopo giorno per anni. A Briançon come a Riace determinati temi bruciano, e lo scorso giugno il socialista Fromm, diventato nel tempo un personaggio molto noto in Francia, ha perso le elezioni. Al suo posto è subentrato un giovane repubblicano dal cognome italiano, Arnaud Murgia. Curiosa contorsione della storia se si pensa che la via che i migranti seguono oggi per giungere a Briançon è la stessa percorsa da decine di migliaia di italiani negli anni Cinquanta. Quel Cammino della Speranza raccontato in un film di Pietro Germi.

Il sindaco repubblicano

Murgia vince con un programma chiaro, ma i locali sostengono che il suo trionfo esuli dalle vicende migratorie e sia dovuto a storie relative al centro storico “degradato” che la precedente amministrazione non avrebbe saputo valorizzare. Murgia, trentacinque anni, si impone quindi dopo una campagna elettorale in cui promette di «redresser», raddrizzare, la sua città.

Dopo l’elezione comunica che non rinnnoverà la concessione alle due associazioni che gestiscono il rifugio: il prossimo 28 ottobre i locali potrebbero essere vuoti. Travolto dalle critiche che giungono da tutta la Francia, il sindaco replica sui social, sostenendo che sarebbe la precedente amministrazione a non aver rinnovato l’accordo: l’Associazione tous migrants come risposta lancia una raccolta firme che ha raggiunto quota trentasettemila in pochi giorni e mette in difficoltà il neo sindaco. Murgia sottolinea che non impedirà a nessuno di soccorrere i migranti, sebbene questo configuri vari reati su cui, in Francia, diversi processi si stanno svolgendo o sono già giunti a sentenza. Rimanda quindi allo stato francese la gestione del flusso migratorio che attraversa le Alpi occidentali.

Polizia Italiana al confine di Claviere (Foto LaPresse - Marco Alpozz)

Conseguenze italiane

La chiusura del piccolo rifugio di Briançon avrebbe dirette conseguenze in Italia, dato che verrebbe a crearsi una via senza sbocco a Claviere, località sciistica posta al confine con la Francia e raggiungibile con i mezzi pubblici.

Torino, Oulx, Claviere a quota 1800 metri: qui finisce il tratto italiano e inizia quello francese, dodici chilometri che vengono percorsi a piedi. Intanto i migranti, incuranti di ogni forma di ostacolo perché temprati da viaggi che attraversano deserti, carceri, mari, naufragi, continuano ad avere come unico obbiettivo il rifugio, per poi dirigersi alla stazione ferroviaria di Briançon da cui sono ripartiti in questi anni, tollerati da un accordo politico tra municipalità e forze dell’ordine che evitava il loro arresto con relativa espulsione.

Eppure pochi giorni fa, forse per la prima volta, una decina di loro sono stati fermati mentre salivano su un treno. Il rischio è che, senza più il rifugio, i migranti riprenderanno a vagare sulle Alpi.


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