Milano 3 è stato l’ultimo sogno edilizio realizzato da Silvio Berlusconi con la sua società immobiliare Edilnord. Ed è tra queste palazzine, immerse nel verde, realizzate tra il 1980 e il 1991, che è ambientato l’ultimo grande mistero delle stragi di mafia del 1993: l’incontro presunto tra il boss stragista Giuseppe Graviano e Silvio Berlusconi, raccontato per la prima volta dal mafioso durante un’udienza del processo sulla presunta ‘ndrangheta stragista a Reggio Calabria, in cui era imputato proprio Graviano.

Le stragi di 30 anni fa sono iniziate il 14 maggio con l’attentato a Maurizio Costanzo e sono proseguite fino al gennaio successivo con la bomba inesplosa allo stadio Olimpico: nel mezzo i morti di Firenze di via Georgofili e le bombe a Milano e Roma. Sugli esecutori ci sono ormai pochi dubbi, i mafiosi di cosa nostra, tra loro Giuseppe Graviano. La procura di Firenze, però, oggi punta a individuare i mandanti occulti del tritolo piazzato per colpire il patrimonio artistico italiano.

I pm Luca Tescaroli e Luca Turco indagano da alcuni anni sul livello politico del terrorismo mafioso e hanno iscritto nel registro degli indagati Berlusconi e Marcello Dell’Utri. La direzione investigativa antimafia di Firenze ha prodotto diverse informative ricche di informazioni e riscontri alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e soprattutto del boss mai pentito Graviano, il quale gioca su più tavoli e, pur mostrando chiusura a qualunque tipo di collaborazione, ha parlato in alcune occasioni del suo rapporto privilegiato con Berlusconi tra gli anni Ottanta e Novanta, a cavallo delle stragi del ‘93.

È stato lui a riferire dell’incontro con il Cavaliere in un appartamento di Milano 3. Se il randez vous fosse provato, confermerebbe i sospetti di un patto tra il fondatore di Forza Italia e la mafia palermitana. I legali di Berlusconi hanno bollato queste ricostruzioni come fantasiose e infamanti, e si dicono pronti a difendere l’onore del loro assistito nelle sedi opportune.

L’appartamento segreto

Per riscontrare le parole di Graviano il primo passo compiuto dai detective – scopre ora Domani – è stato quello di setacciare il complesso residenziale di Milano 3, un elemento che emerge dagli atti depositati. Seguendo la descrizione molto generica del padrino di mafia.

L’appartamento era «ubicato a Milano 3»; «era un appartamento piccolo, forse un paio di stanze, sito al primo o secondo piano di una palazzina servita da ascensore»; «dalla finestra sul retro si vedeva una caserma dei carabinieri»; «la strada di fronte a tale palazzina si attraversava tramite un ponticello (ve ne era più d'uno su tale strada) che conduceva a uno spazio antistante una piscina e più avanti vi era un albergo e un centro commerciale».

Sulla base di queste indicazioni gli investigatori scrivono: «Gli elementi fattuali e documentali che hanno condotto, fra i numerosi edifici analoghi costituenti il Comprensorio Milano 3 di Basiglio, ad individuare nella residenza Alberata lo stabile, verosimilmente l’appartamento 223, quello indicato da Giuseppe Graviano». Nell’informativa, si legge: «Partendo dall'imprescindibile elemento fornito dal dichiarante (Graviano, ndr) che dall'appartamento fosse visibile la locale ed unica stazione dei carabinieri lo stabile di interesse è stato agevolmente individuato nell'edificio A della residenza Alberata».

La sorpresa per procura e investigatori arriva dall’analisi dei proprietari e dei locatari a partire dagli anni in cui Graviano sostiene di aver incontrato Berlusconi nell’appartamento di Milano 3. L’interno 223, scala 2 e piano secondo, era di proprietà di tale Corrado Cappellani di cui non c’è traccia sul web. Ma soprattutto scoprono che all’epoca era stato affittato a Emanuele Fiore, deceduto nel 2012. Fiore è lo zio paterno di un mammasantissima di Cosa nostra.

O meglio è lo zio di Antonino Mangano, ritenuto il successore dei Graviano dopo il loro arresto. Una coincidenza degna di nota. La domanda cui ora stanno cercando di dare una risposta in procura a Firenze è se poteva essere Mangano la persona cui si riferiva Gravano senza mai nominarlo, definendolo “Lui”, durante un dialogo in carcere, intercettato.

Casa e foto

Nelle stesse intercettazioni il boss riferiva, inoltre, di aver utilizzato un prestanome per creare una copertura sull’immobile milanese, usato per gli incontri «necessari per mantenere i patti». Quali patti con Berlusconi? Graviano non lo dice: per i pm si tratta delle stragi ma anche dei miliardi, questo sì confermato dal boss, che il nonno aveva affidato al Cavaliere. Ad accompagnare Graviano anche a questi incontri c’era Salvatore Baiardo, l’uomo diventato celebre per avere predetto l’arresto di Matteo Messina Denaro durante un’intervista a Non è l’Arena di Massimo Giletti.

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