Ita Airways è la prosecuzione di Alitalia oppure è una compagnia completamente nuova? Non è una domanda fintamente ingenua e la risposta non è banale. Per l’Unione europea l’accertamento della discontinuità tra un’azienda e l’altra è stato il requisito fondamentale per stabilire la liceità dell’operazione avviata dal governo italiano che ha dotato Ita di 700 milioni di euro che dovranno salire a un miliardo e 350 milioni l’anno prossimo. L’Europa ha generosamente stabilito che si poteva fare, ma a distanza di sette mesi dal primo volo di Ita continuano ad affiorare elementi significativi di continuità tra le due aziende. Da ultimo emerge la faccenda dei cadet pilot, i 52 giovani piloti che Ita si accinge a formare per poi metterli alla guida di un aereo.

I corsi dei cadet pilot sono in pieno svolgimento, Ita lo ha comunicato con una nota ufficiale in cui l’accento viene messo con forza proprio sulla continuità con il passato di Alitalia. Dice la nota: «La compagnia ha deciso di riprendere, a partire dal 7 aprile, i corsi Mpl (Multi-crew Pilot Licence) di 52 cadetti che lo avevano iniziato nel 2018. Si tratta del percorso di studi per diventare piloti».

Più avanti il comunicato di Ita insiste: «Ita ha voluto fortemente dare seguito a questa preziosa attività richiedendo e ottenendo da Enac le autorizzazioni necessarie per permettere a coloro che avevano iniziato questo percorso di completarlo considerando i crediti già maturati e quindi senza perdere quanto già svolto negli anni passati».

Continuità aziendale

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Detto in termini più semplici: Ita Airways riprende e prosegue i corsi di formazione dei piloti già avviati quattro anni fa da Alitalia quando era in amministrazione straordinaria. Ma allora, se perfino le assunzioni dei futuri piloti sono un lascito della vecchia azienda, c’è da chiedersi dove sta la discontinuità tra le due compagnie.

L’operazione cadet pilot aveva già sollevato molte polemiche quando fu lanciata da Alitalia. Allora era sembrato bizzarro che una compagnia in amministrazione straordinaria si preoccupasse con una mano di formare nuovi piloti per poi assumerli mentre con l’altra scaricava i vecchi comandanti in organico, molti dei quali ancora assai distanti dalla maturazione dei requisiti minimi per la pensione.

Gli altri punti controversi erano il prezzo del corso, 130mila euro a favore di Alitalia, e il fatto che tra gli aspiranti piloti molti fossero figli di sindacalisti.

Dal punto di vista Alitalia lo scopo dell’operazione era tanto chiaro quanto brutale: il costo industriale dei vecchi piloti era molto alto, quello dei nuovi assunti lo sarebbe stato molto meno. Il costo dei vecchi piloti, inoltre, è stato scaricato sulle spalle dei contribuenti perché lo stato è dovuto intervenire con la cassa integrazione e altre forme di sostegno del reddito. Quanto ha speso fino a oggi? Il calcolo è molto complicato perché le retribuzioni dei piloti variano parecchio da caso a caso.

Operazione risparmio

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La cassa integrazione copre l’80 per cento del reddito lavorativo e la media si attesta su circa seimila euro netti al mese per ogni pilota rispetto a un lordo approssimativo di diecimila euro (la differenza tra i due valori è una partita di giro perché quei soldi tornano allo stato).

Ai tempi di Alitalia i piloti erano 1.560, ora sono poco più di 600, quindi quelli assistiti con l’integrazione al reddito sono oltre 900. Considerata una media di quattro anni di cassa integrazione, il totale pagato dallo stato è di oltre 259 milioni di euro a cui vanno aggiunti i contributi figurativi versati all’Inps che attraverso gli opportuni parametri diventeranno reddito nel momento in cui i piloti andranno in pensione.

Ita si inserisce nella scia di questa operazione al risparmio per la compagnia, ma a ricasco sui contribuenti. Poi ci sono gli aspetti prettamente tecnici che confermano la continuità tra l’una e l’altra azienda.

L’Mpl è un tipo di licenza strettamente collegata alla compagnia e al suo Coa (Certificato di operatore aereo) e quindi la domanda che ex piloti e tecnici del trasporto aereo si stanno ponendo è: come è possibile che il programma di addestramento piloti tarato sulle esigenze della vecchia flotta Alitalia venga trasferito a Ita che dovrebbe essere un’altra compagnia con una flotta diversa da quella precedente?

Proprio il requisito del Coa ha tenuto per settimane in apprensione i dirigenti di Ita perché nell’estate di un anno fa si sono accorti che la compagnia non sarebbe potuta nascere senza Coa e le regole internazionali impedivano di poterlo ereditare pari pari da Alitalia.

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