Non è una buona premessa giocarsi a Belfast l’accesso alla fase finale dei mondiali. Non lo è perché giusto sul campo di Windsor Park è maturata la prima, clamorosa eliminazione della nazionale azzurra dalla coppa del mondo, edizione di Svezia 1958. Per 60 anni era anche rimasta l’unica. Ma poi è stata bissata con Russia 2018, che è una memoria talmente fresca da proiettare ansie ingigantite sulla prospettiva di Qatar 2022.

E certo stavolta le circostanze sono meno drammatiche rispetto a 63 anni fa, perché nella peggiore delle ipotesi ci sarà la chance dei play off mentre allora era una sfida da dentro o fuori. Cionondimeno, il precedente inquieta e guai se così non fosse. Tanto più che le condizioni in cui quell’eliminazione maturò sono romanzesche, un pezzo di storia del calcio italiano che merita di essere recuperato.

Arbitro nella nebbia  

La data di quel fatale Irlanda del Nord-Italia è il 15 gennaio 1958, ma in realtà la partita era in calendario il 4 dicembre 1957 allo stesso orario, le 14.15 locali. Quel giorno una gara viene effettivamente giocata ma ha valore non ufficiale. Motivo: l’arbitro designato per dirigerla, il quotatissimo ungherese István Zsolt, rimane bloccato dalla nebbia all’aeroporto di Londra.

Le fonti storiche narrano che l’arbitro abbia organizzato la tempistica di viaggio come se tutto dovesse filare liscio e senza prendersi del tempo di riserva per ammortizzare gli imprevisti del meteo britannico. Che invece gli presenta il conto. Dunque all’ora della palla al centro il direttore di gara inviato dalla Fifa non è in campo. Sarà invece presente a gennaio, ma ciò che accade in campo nelle due partite verrà illustrato fra poco.

Conta invece soffermarsi un attimo sul cammino che porta le due squadre a giocarsi l’accesso ai mondiali quel pomeriggio di gennaio 1958. Le nazionali di Italia e Irlanda del Nord fanno parte di un girone a 3 che comprende anche il Portogallo. E va precisato che all’epoca la nazionale lusitana è un’entità molto modesta, più o meno come quella nordirlandese, non certo la potenza del calcio internazionale che oggi conosciamo. Dunque per l’Italia il girone sembra alla portata e la qualificazione alla fase finale praticamente una formalità. Va inoltre ricordato che fin lì la nazionale azzurra ha partecipato a tutte le fasi finali dei mondiali, con eccezione della prima edizione in Uruguay (1930), che vista la distanza intercontinentale è stata quasi completamente disertata dalle nazionali europee e ha registrato soltanto 13 squadre partecipanti.

E invece il cammino degli azzurri è molto più complicato di quanto ci si aspetti. All’esordio la nazionale, guidata da una commissione tecnica federale con Alfredo Foni in panchina, vince 1-0 contro l’Irlanda del Nord all’Olimpico. Ma la successiva trasferta in Portogallo è uno shock: 3-0 per la nazionale lusitana a Lisbona. La mancata disputa regolare della gara di Belfast a dicembre 1957 fa sì che il ritorno coi portoghesi venga giocato prima della gara valida fra azzurri e nordirlandesi. A dicembre 1957, in una giornata milanese nebbiosa quanto quella di Belfast, gli azzurri restituiscono il 3-0 ai portoghesi e si portano in cima alla classifica. Nel recupero della gara di Belfast basterebbe un pareggio per acquisire la qualificazione a Svezia 1958. Ma le cose vanno diversamente.

Un ambiente ostile  

Con la linea del racconto bisogna tornare al pomeriggio del 4 dicembre 1957. L’arbitro ungherese Zsolt non si presenta all’orario del calcio d’inizio e dunque la partita andrebbe rinviata. Ma gli spalti di Windsor Park sono pieni e chi va a dirlo ai presenti che devono tornarsene a casa?

Viene dunque deciso che la gara verrà disputata comunque, ma in versione amichevole e sotto la direzione di un arbitro di casa. Così ha deciso la Fifa, ma dal sistema audio dello stadio viene diffusa un’altra versione dei fatti: la partita è amichevole perché la federazioni italiana non si fida dell’arbitro nordirlandese. E a quel punto salta il tappo dell’ostilità verso la nazionale azzurra, resa già antipatica dall’abuso degli oriundi. Si tratta di calciatori di altra nazionalità che in alcuni casi hanno già giocato con la nazionale del proprio paese, ma a cui la federazione italiana ha trovato un avo (spesso cercandolo in modo alquanto minuzioso) consentendo loro di indossare la maglia azzurra.

Nella gara trasformata in amichevole ne vengono mandati in campo 3: gli uruguayani Alcides Ghiggia e Pepe Schiaffino e l’argentino Miguel Montuori. La partita di dicembre 1957 ha ben poco di amichevole. Finisce 2-2 con un livello di scontro fisico ben sopra le righe. Ma il peggio accade a fine gara, quando parte del pubblico invade il campo e provoca una rissa. Il più coinvolto negli incidenti è Rino Ferrario, che vista la clamorosa inferiorità numerica parecchie ne prende ma un bel po’ le restituisce anche, guadagnandosi l’appellativo di “leone di Belfast”. Per difenderlo prende qualche cazzotto anche il commissario tecnico Alfredo Foni. Con questo precedente si va alla partita vera, messa in calendario poco più di un mese dopo.

L’incomprensibile errore tattico  

Le rievocazioni del match giocato e perso 2-1 il 15 gennaio 1958 sono concordi nell’attribuire la responsabilità della sconfitta: tutta colpa di Foni e di un suo clamoroso errore di impostazione tattica della gara. Per andare ai mondiali basterebbe pareggiare, dunque sarebbe corretto predisporre una partita prudente. Ciò che per Foni, uno dei massimi teorici del catenaccio all’italiana, sarebbe perfettamente congeniale.

E invece il commissario tecnico manda in campo una squadra piena di attaccanti e mezze punte, ben 5. Per di più fa esordire un altro oriundo, il brasiliano Dino Da Costa. Il risultato è che sul campo gli azzurri, in versione leziosa, vengono surclassati dai rudi ma pragmatici nordirlandesi che chiudono il primo tempo sul 2-0. Nella ripresa l’Italia riesce soltanto a dimezzare lo svantaggio con Da Costa, che celebra così la sua unica presenza in nazionale. Sconfitta 2-1 l’Italia si ritrova per la prima volta eliminata dalla fase finale dei mondiali. E su quel campo, lunedì sera, la squadra di Roberto Mancini dovrà cancellare il ricordo di tale precedente storico assieme alla paura.

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