Un incubo che ritorna. Mentre il pallone che Jorginho aveva calciato dal dischetto volava beato nel cielo dell’Olimpico la nazione calcistica non ha avuto più dubbi: il peggio può essere replicato, anche quando meno ce lo si aspetta.

E alzi pure la mano chi si aspettava, a pochi mesi da un Europeo vinto, di temere un’altra volta la mancata qualificazione alla fase finale dei mondiali. Che per di più sarebbe la seconda consecutiva, roba da paese calcisticamente medio e privo d’ambizioni.

Si tratterebbe di una ricaduta dagli effetti pessimi per l’autostima della patria calcistica, che adesso è chiamata a tenere i nervi saldi. Cosa più facile da dirsi che da farsi. Perché il pari di ieri sera all’Olimpico contro la Svizzera certifica che l’incantesimo è finito, forse già da un pezzo. E che se non si torna pienamente dentro la realtà i danni potrebbero essere gravi.

Per adesso c’è da fare i conti con gli incubi, appunto. Uno di matrice più recente: il rischio di giocarsi ai play off anche la qualificazione a Qatar 2022, dopo averlo fatto con esito negativo in vista di Russia 2018. L’altro incubo ha invece matrice storica e richiama cupe atmosfere nordirlandesi. La nazionale di Roberto Mancini proverà a acciuffare lunedì sera la qualificazione diretta a Belfast. Una replica delle condizioni che si erano materializzate a gennaio 1958, quando si verificò la prima e storica esclusione della squadra azzurra da una fase finale dei mondiali, quelli di Svezia 1958. Con tali auspici la preoccupazione diventa essenziale strumento di lavoro.

La benedizione di Ventura

Peraltro, a metterla sul piano degli auspici qualche segnale lo si doveva ricavare già nelle ore della vigilia di gara. Il più cupo è arrivato da Gian Piero Ventura, l’ex commissario tecnico che nel 2017 firmò la mancata qualificazione ai mondiali russi.

A un giorno dal quarto anniversario di quella catastrofe sportiva (era il 13 novembre, come oggi) Ventura ha annunciato il ritiro dall’attività di allenatore e ne ha approfittato per augurare al suo successore di andare ai mondiali e vincerli. Visto il pari maturato poche ore dopo sul prato dell’Olimpico, viene da dire che l’ex ct avrebbe fatto meglio a tenere per sé quelle parole. Quantomeno per non dare adito a interpretazioni malevole.

Ma al di là delle considerazioni scaramantiche va detto che molte altre cose sarebbe stato meglio non fare, nel venerdì che ha fatto scoprire più fragile la nazionale azzurra. Per esempio, mandare un’altra volta Jorginho a calciare il rigore che avrebbe chiuso il discorso per la qualificazione diretta. L’italo-brasiliano aveva già sbagliato all’andata, ciò che aveva regalato agli svizzeri il primo e insperato pareggio. E ieri sera ha concesso il bis calciando alto.

Giudicarla una scelta sbagliata col senno di poi è cosa facile, ma anche il senno di prima era abbastanza ammonitore. In certi casi i precedenti pesano e fare scelte di prudenza sarebbe cosa dovuta. Invece quei due rigori sbagliati consegnano alla nazionale azzurra una condizione di rischio esagerato, tanto più se si guarda alla modestia generale del girone eliminatorio. Uno fra i più facili che potessero capitare in sorte.

Il gol perduto

E poi ci sono i numeri a dire che adesso le cose girano in modo non favorevole. Da quando è ripresa l’attività a settembre l’Italia ha vinto soltanto 2 partite su 6: una contro i modesti lituani (5-0), l’altra contro un Belgio che avrebbe volentieri fatto a meno di giocare la finale per il terzo e quarto posto di Uefa Nations League. Competizione, quest’ultima, che la nostra nazionale ha avuto l’opportunità di giocare in casa ma non ne ha approfittato perdendo la semifinale contro la Spagna.

E poi ci sono stati i tre pareggi, due contro gli svizzeri e quello casalingo contro la mediocre Bulgaria che adesso pesa sulle sorti della qualificazione diretta quanto gli errori di Jorginho dal dischetto.

La qualificazione sarebbe ancora nettamente alla portata se l’Italia si limitasse a fare l’Italia. Gli azzurri sono in vantaggio di due gol con la differenza reti e si metterebbero al sicuro con una larga vittoria sui nordirlandesi. Ma qui sta il punto: questa nazionale è capace di una larga vittoria? La rinuncia forzata a Immobile e l’inadeguatezza mostrata all’Olimpico da Belotti lanciano messaggi di senso opposto. Ma la crisi da gol era evidente già prima, fatta eccezione per la gara contro la Lituania. Sicché il rischio è reale.

Nel caso che con gli svizzeri (impegnati lunedì in casa contro i bulgari) si arrivi con differenza reti pari o a loro favorevole, potrebbe essere decisivo il gol da loro segnato in trasferta all’Olimpico secondo una regola che l’Uefa ha abolito nelle coppe europee. Sarebbe l’ennesima beffa. Ma per il momento siamo soltanto sul piano delle ipotesi. I fatti dicono che la squadra di Mancini deve vincere a Belfast. Ciò che per una nazionale campione d’Europa in carica sarebbe un atto dovuto. Staremo a vedere.

© Riproduzione riservata