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La beatificazione collettiva di don Matteo Zuppi, prete degli ultimi

LaPresse
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Il presidente della Cei è cresciuto nella politica curiale romana ed è stato un perno «diplomazia silenziosa» della Comunità sant’Egidio. Ma negli anni è riuscito a presentarsi come un prete di strada, in linea con l’immagine francescana che piace a tutti

  • Il cardinale Zuppi non è solo un prete di strada, ma del mondo. Solo che negli anni quel mondo, dapprima ristretto alla curia e alle amicizie del liceo Visconti, lo ha reso amico di tutti, dai potenti ai più semplici.
  • Eppure, il porporato romano vanta una famiglia ben inserita negli ambienti vaticani. Suo padre Enrico era fra i più noti giornalisti vaticanisti dell’era conciliare, e conosceva personalità di spicco, fra cui papa Montini.
  • La prossimità ai poveri, Zuppi la desume dal servizio nella trasteverina Sant’Egidio. Ma sarà a Bologna che tradurrà la sua pastorale del dialogo a più livelli, dai centri sociali all’assitenza ai poveri, rendendolo il prete di tutti.

«Non è solo un prete di strada, ma un prete del mondo». A respingere il ritratto del cardinale Matteo Maria Zuppi quale prete callejero è stato nel 2015 Andrea Riccardi, fondatore della Comunità sant’Egidio, ricordando il suo amico eletto arcivescovo metropolita di Bologna: «Molti si sono soffermati sull’immagine dei preti di strada. Secondo me hanno semplicemente la capacità di leggere il Vangelo fuori dalle chiese». Sul tema è poi ritornato lo stesso Zuppi, divertito: «E per forza, mi dica

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