Una foto e qualche parola sono più che sufficienti per cogliere il segno di una decadenza che sembra inarrestabile. È una realtà che in molti, ostinatamente, non vogliono accettare: c’è un’antimafia oramai sempre più sbiadita, imbarazzante e intollerante.

Nel rumore per la cattura di Matteo Messina Denaro sono passate inosservate due notizie che valgono una piccola riflessione. Ci sono fondazioni e associazioni che hanno perso la loro spinta iniziale, che sono sempre più prigioniere di sé stesse e che hanno smarrito la rotta. Una notizia proviene da Palermo, l'altra da Modena.

Una scelta surreale

La prima ha come protagonista Maria Falcone, sorella del giudice, già in passato al centro di querelle come quando decise di trasferire la salma di suo fratello – che era sepolta in una tomba del cimitero di Sant’Orsola in compagnia della moglie Francesca Morvillo – nella basilica di San Domenico, il Pantheon dei siciliani illustri come Francesco Crispi e Michele Amari, Rosolino Pilo e Vincenzo Florio.

Decisione che, aggiungo giustamente, non è andata giù al magistrato Alfredo Morvillo, fratello di Francesca, che ha lasciato la fondazione Falcone per protesta contro una scelta surreale.

La sedia vuota

Lo stesso Morvillo, l’estate scorsa, è stato fra i primi a denunciare lo scandaloso sostegno offerto da due condannati per reati di mafia, il senatore Marcello Dell’Utri e l’ex governatore della regione Totò Cuffaro, all’ex rettore dell’università di Palermo Roberto Lagalla, candidato sindaco di Palermo che quell’appoggio non ha rifiutato.

Dopo Morvillo, anche Maria Falcone ha inizialmente (14 maggio 2022) manifestato disappunto verso coloro «che non prendono esplicitamente le distanze da personaggi condannati per collusioni mafiose», per poi (21 giugno 2022) «apprezzare l’omaggio che il sindaco ha voluto rendere alle vittime di mafia» quando Roberto Lagalla ha deposto una corona di fiori al monumento in una piazza di Palermo dedicato a tutti i caduti per mano dei boss.

Fra una dichiarazione e l’altra, il 23 maggio, giorno del trentesimo anniversario della strage di Capaci, è rimasta vuota la sedia del primo cittadino alle celebrazioni alla memoria del magistrato ucciso a Capaci. Con sorprendente disinvoltura, la professoressa Falcone può dire tutto e il contrario di tutto. È la memoria cortissima di Palermo.

Ma veniamo all’ultimo atto. Nei giorni successivi all’arresto del boss di Castelvetrano il sindaco Lagalla ha un postato su Facebook una sua foto in compagnia di Maria Falcone: «È stato un piacere ricevere oggi la professoressa per discutere di alcune iniziative che porteremo avanti».

Obiettivo dell’incontro: costruire, insieme, comune e fondazione Falcone, un percorso per creare «una cultura antimafia». La vicenda è stata archiviata come la fine di una polemica, ma non era certo una disputa né tantomeno una sfida privata la “discussione” sulla candidatura di un sindaco che aveva ricevuto un endorsement da personaggi come Dell’Utri e Cuffaro.

Il giornalista favoreggiatore

Il secondo caso riguarda la condanna di uno stimato professore universitario, che praticamente ha dato del favoreggiatore mafioso a un giornalista.

La storia è ambientata a Modena dove il collega Giuseppe Leonelli nel 2016, sul quotidiano Prima Pagina, pubblicava un lungo e documentato articolo sulle consulenze di cui avrebbe goduto nell'orbita del centrosinistra modenese l’avvocato Vincenza Rando, al tempo vicepresidente di Libera e oggi senatrice del Pd.

È partita una querela (il procedimento è in corso ad Ancona, dove si stampava il giornale che intanto ha chiuso) ma sono partite anche scomposte reazioni contro Leonelli: «Chi attacca Enza Rando con accuse tanto assurde si colloca oggettivamente al fianco delle mafie».

Adesso Maurizio Piccinini, ordinario di Fisica all’università di Bologna, allora referente provinciale di Libera e poi nel comitato etico dell’associazione di don Luigi Ciotti, è stato condannato per diffamazione a risarcire 4mila euro a Leonelli e a pagare le spese processuali.
In quell’“oggettivamente” c’è tutta la cultura di un’antimafia retrograda, c’è la presunzione di possedere verità assolute. Una cronaca indesiderata – sarà il tribunale di Ancona ad accertate semmai la correttezza del collega – che ha scatenato i lampi e i tuoni non solo di Libera ma anche del Pd modenese con Stefano Vaccari, senatore nel 2016 e deputato dal 2022. Riferendosi all’articolo di Leonelli ha detto: «Insinuare quel dubbio è fare il gioco delle mafie». Fra Palermo e Modena le chiacchiere non mancano, l’importante è fare sparire i fatti.

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