«Le Corti d’Appello dove ieri sono state depositate le firme digitali a sostegno delle candidature della lista Referendum e Democrazia hanno deciso di escludere la nostra presenza alle elezioni del 25 settembre». È quanto afferma Marco Cappato dopo che ieri sera, poco prima della scadenza per la consegna delle liste elettorali, Referendum e democrazia con Cappato si è presentata con una chiavetta in cui erano contenute le centinaia di firme per sostenere le candidature.

È un caso unico, la prima volta nella storia italiana che le firme per la candidatura vengono consegnate in formato elettronico. Quelle raccolte sono firme digitali, «tutte certificate con Spid e quindi più sicure delle altre e già verificate», spiegano gli attivisti. Ma ora la procedura non è stata accettata e Marco Cappato ha già annunciato ricorso.

Le motivazioni

«Le motivazioni – si legge nel comunicato – differiscono ma, in tutte le circoscrizioni, non si è tenuto conto delle modificazioni legislative sopravvenute dall’adozione delle legge elettorale e dall’introduzione della firma digitale certificata per sottoscrivere documenti ufficiali». Ora Cappato spera che nelle prossime 48 ore intervenga il governo Draghi con un decreto.

La battaglia

Questa mattina, ospite del talk show politico Omnibus su La7 Cappato in attesa del riscontro sulla validità o meno delle firme aveva già annunciato che in caso di opposizione, «ricorreremo anche a livello internazionale contro una discriminazione che privilegia chi già presente in parlamento, esonerato dal raccogliere le firme cartacee, mentre chi non lo è come noi, in nemmeno un mese era chiamato alla raccolta delle sottoscrizioni nelle piazze, da far certificare da comuni, con il coinvolgimento di notai, il tutto nella settimana di Ferragosto». E ha ricordato che «a nostre spese abbiamo raccolto circa 30mila firme digitali».

FdI e Pd sostengono l’iniziativa

Sulla raccolta di firme digitali c’è stata un’approvazione trasversale. Dopo che PiùEuropa aveva dimostrato il suo appoggio a inizio agosto, il responsabile Innovazione di Fratelli d’Italia Federico Mollicone si è detto «totalmente d’accordo sul tema della Spid, perché mai una certificazione digitale unica non debba essere riconosciuta in un contesto in cui l’obiettivo è l’identificazione dell’individuo che sottoscrive una firma? L’attuale metodo è farraginoso».
Anche la senatrice Pd Valeria Valente, capogruppo in commissione Affari Costituzionali si è espressa in questo senso: «Democrazia digitale significa allargare spazi della democrazia, siamo a favore di questa istanza giusta, bisogna affrontare il tema in vista di queste politiche e poi porlo al centro di una necessaria riforma della legge elettorale».

Il costituzionalista Alfonso Celotto ha chiarito le possibilità di intervento del governo Draghi: «È evidente, sul tema, la presenza di un buco nel testo di legge vigente. Solo il governo può intervenire per colmarlo con un decreto ad hoc».

© Riproduzione riservata