«Le donne sono sempre meno propense a fare bambini. Il numero di figli per donna è ai minimi storici. È difficile conciliare maternità e lavoro». Quando si parla di famiglia, e delle ragioni per cui il tasso di natalità è in caduta libera, ci si focalizza sempre sulle donne – dimenticando che i figli, nella maggior parte dei casi, si fanno in due. E di solito i due sono un uomo e una donna. Dove stanno allora, gli uomini, in questo discorso? Come si pongono rispetto al tema del diventare genitori?

Vento di parità, cambiano gli equilibri

«Vorrei un secondo figlio, ma la verità è che la gestione del primo è tutta sulle mie spalle. Mio marito aiuta poco, torna a casa tardi dal lavoro, è sempre stanco. È già lui un secondo figlio: se ne facessi un altro, non so se ce la farei». Discorsi come questo sono all’ordine del giorno nei forum online di mamme. E del resto la spartizione delle attività di cura è una delle cartine di tornasole dei cambiamenti in atto nella società.
Nella maggior parte delle coppie moderne entrambi lavorano, e l’arrivo di un figlio comporta aggiustamenti. C’è chi ancora prova a riprodurre schemi antiquati e una netta divisione dei ruoli a seconda del genere; ma sempre di più le nuove generazioni puntano a modelli paritari. Come quello che su Instagram propongono Mickol Lopez e Daniele Marzano, sposati e genitori di tre bambini, che attraverso il profilo “Guida Senza Patente” demoliscono con l’esempio della loro quotidianità gli stereotipi di genere.
«In questi nove anni ho visto una evoluzione positiva della figura del padre» dice Marzano: «Rimasti ingabbiati per troppi anni nella classica struttura familiare del patriarcato, oggi gli uomini riescono di più a vivere le proprie emozioni, a riscoprire la loro parte anche più fragile, senza che ciò vada a minare la loro virilità né l’autorevolezza».
«Le coppie dove entrambi i genitori si impegnano nella gestione della prole sono più durevoli, ci sono meno conflitti: a beneficiarne è tutta la famiglia» gli fa eco Silvio Petta, creatore di Superpapà, una pagina Facebook con 330mila iscritti.
 

Padri, non mammi

Guida Senza Patente – così come Superpapà – ha aderito alla campagna #IoCambio per chiedere fasciatoi negli spazi degli uomini; e Marzano vorrebbe seppellire per sempre il concetto di “mammo”: «Se cambio i pannolini ai miei figli, se faccio l'ambientamento a scuola, se li porto dal pediatra non sto scimmiottando la mamma, non sono un alieno: sto semplicemente facendo il genitore. Non c'è bisogno di un nuovo termine, c’è già: papà».
Quando i coniugi Marzano-Lopez – che l’anno scorso hanno anche pubblicato “Lascia splendere la tua meraviglia. Lettera ai nostri figli e a ogni bambino”, ed. Fabbri – vengono invitati a parlare in pubblico, spesso si ritrovano a «battagliare con le vecchie generazioni; invece abbiamo grande speranza con le nuove», che hanno anticorpi più forti contro gli stereotipi di genere. Eppure, «non è che la donna abbia qualcosa di genetico che le permette di cambiare il pannolino meglio» scherza Marzano: ci sono «politici, manager, imprenditori di potere che quando varcano la soglia di casa diventano totalmente imbranati, non sanno scaldare una pastina, dove sono i calzini del figlio. Com’è possibile?».

Le emozioni degli uomini

Ma all’orizzonte c’è una nuova leva di uomini, capaci di condividere con le partner anche momenti tristi, a volte drammatici, come difficoltà di concepimento, aborti spontanei, aborti terapeutici. In passato era considerato “affare di donne”; ma oggi anche gli uomini, a volte, raccontano le loro emozioni, non nascondono le cicatrici.
La coppia si trasforma in squadra, e gli uomini scoprono che si può trovare gratificazione nel lavoro di cura. Quando tredici anni fa Petta ha aperto Superpapà, «sui social dei padri si parlava poco e male»: per questo ha voluto aprire «uno spazio di confronto. Occuparsi dei figli è un’esperienza che ci migliora come persone: va valorizzata, non nascosta». Lui parla per vissuto personale: dato che la moglie lavorava spesso di sera, si è sempre preso cura dei bambini – «che oggi sono due uomini di 21 e 19 anni» – andandoli a prendere a scuola, facendoli giocare, mangiare, cantando loro la ninnananna. «Ho instaurato con loro un rapporto solido, che mi è poi tornato utilissimo quando sono diventati adolescenti».
Soprattutto all’inizio, Superpapà è stato sostenuto dai padri separati, che «sui social si sentivano ingabbiati. Noi abbiamo stimolato il confronto, anche con le donne. Le mamme e i papà non devono essere in competizione: noi siamo per la bigenitorialità».
E poi ci sono anche le famiglie arcobaleno: le coppie di papà, che tra le mura domestiche ridono degli stereotipi di genere, si trovano a vivere in una società in cui le funzioni di cura sono tutte riferite alle donne, e quindi quando non c’è una mamma presente si va in tilt.

Il congedo di paternità

In ottica di genitorialità paritaria adesso «la madre di tutte le battaglie», come dice Marzano, è quella per l'estensione del congedo per i papà, dagli attuali dieci giorni ad almeno tre mesi: c’è una proposta di legge depositata dalla deputata PD Lia Quartapelle già mesi fa, ma non è stata ancora calendarizzata. La sostiene anche Girolamo Grammatico, papà siciliano trapiantato a Roma, scrittore, femminista, autore di “#Esserepadrioggi: Manifesto del papà imperfetto” (ed. Ultra 2020) e promotore di una petizione che ha raccolto decine di migliaia di firme.
Due anni fa Grammatico si imbatte in un post del progetto di attivismo digitale Cara Sei Maschilista – focalizzato sul maschilismo interiorizzato nelle donne – che denuncia come gli uomini siano assenti sul fronte del congedo di paternità. Grammatico si rende conto che è vero: «Non c’era una sola voce maschile». Scrive allora di getto un appello che in meno di un mese raccoglie 33mila firme.
 

Genitori (ancora lontani dall’essere) alla pari

Adesso la petizione si chiama "Genitori alla pari”; connessa a quella di Movimenta – associazione politica “femminista, ecologista, progressista ed europeista” – al momento conta quasi 85mila firme. Il cruccio di Grammatico è che il tema sembra interessare ancora quasi solo le donne. Eppure «questa è una battaglia di civiltà. Io ho già due figli, non ne avrò altri: ma la sto facendo per una questione etica, perché è giusto che ci sia questa possibilità».
Secondo i dati Inps, però, nel 2021 solo 150mila neopadri hanno usufruito del congedo. Si tratta più o meno del 50 per cento dei potenziali beneficiari. Perché così pochi? «C'è tanta disinformazione» risponde Marzano: ma quando gli uomini realizzano che hanno questo diritto, «allora dicono “sarebbe stupido non chiederlo!”».
«Se vogliamo che le aziende smettano di giudicare le donne un investimento meno proficuo, non ci sono alternative», dice Grammatico: bisogna fare in modo che, in caso di nascita di un figlio, neomamma e neopapà stiano a casa per lo stesso tempo. «Nei Paesi in cui c'è un congedo parificato ci sono benefici dal punto di vista economico e dell'occupazione femminile» ricorda Marzano. Ci vuole però la volontà politica per reperire i fondi: che non sembra esattamente la priorità, sebbene l’Italia sia l’unico Paese con un ministero dedicato alla Natalità.
 

Il rischio di tornare indietro

Ma la genitorialità condivisa, lungi dall’essere lo standard, è ancora l’eccezione. Di papà come Marzano, Petta, Grammatico non ce ne sono tantissimi. Le donne, in Italia, si occupano ancora della maggior parte dei lavori di cura e di gestione dei figli, e il cambiamento avviene a piccolissimi passi. Il rischio è anche di farne qualcuno indietro, ammonisce Marzano, se il governo attuale persevererà nel «rivolgersi solo alle donne», come uniche responsabili della famiglia.
Se la parità e la genitorialità condivisa sono ormai essenziali per le coppie quando si arriva al momento di scegliere se fare figli, lo Stato deve farle sentire «più protette, più libere, più aiutate, più sostenute» chiude Marzano «in una missione che resta una delle più complicate dell’umanità: diventare genitori».


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