Quando rotolerà il primo pallone dell’Europeo, il riscaldamento globale sembrerà un problema remoto, nonostante l'alluvione della settimana scorsa in Baviera settentrionale, che ha fatto quattro vittime. Il disastro non ha toccato nessuna area legata alla competizione, ma potrebbe rendere più difficili gli spostamenti dei tifosi. L'Europeo è stato quindi solo sfiorato, ma le conseguenze dell'emergenza climatica difficilmente potranno essere tenute fuori a lungo dalle dinamiche del gioco. Sono anni che organizzazioni scientifiche e compagnie assicurative lanciano l'allarme, con una serie di report che dicono alle istituzioni sostanzialmente la stessa cosa: non crediate di essere al sicuro dalla crisi climatica. Gli eventi estremi in aumento per frequenza e intensità sconvolgeranno stagioni, calendari, campionati.

L’atteggiamento della FIFA

La FIFA ha una strategia climatica operativa già dal 2021, che prevede il taglio delle emissioni del 50% nel 2030 e il loro azzeramento nel 2040 ma, come molti di questi piani, è sostanzialmente simbolico, cerimoniale. Il mondiale del 2034 è stato assegnato a sei paesi in tre continenti diversi, con una quantità di spostamenti ed emissioni che sembra davvero figlia di un altro mondo, come se la crisi climatica non esistesse. L'UEFA ha promesso quello che promette ogni organizzazione di una grande competizione sportiva: sarà la più sostenibile di sempre. Pagano il 25 per cento dell'Interrail in Germania per chi si vuole spostare in treno tra le città per le partite, hanno promosso menu vegetali e il riciclo dei rifiuti. Ma sulla riduzione impatti, gli stadi italiani, così come quelli tedeschi, hanno performance ancora non all’altezza. In Germania, quelli del Borussia Dortmund e del Bayern Monaco sono i più avanzati tra quanti ospiteranno l’Europeo, sono alimentati da rinnovabili e hanno programmi di risparmio energetico. In Italia lo Juventus Stadium è alimentato da energia che proviene da rinnovabili, mentre l'Udinese sta per installare 2400 pannelli solari. 

Cosa è successo in Brasile

Poi c'è il problema opposto: che impatto avrà il cambiamento climatico sul calcio? Le istituzioni si sono illuse che fosse una questione del futuro remoto. Poi quello che i report annunciavano come cassandre è successo davvero: stadi allagati, campionati bloccati, squadre senza più un posto dove allenarsi e giocare. Il clima ha suonato il suo campanello in una delle patrie del calcio: il Brasile, dove devastanti alluvioni hanno colpito lo stato del Rio Grande do Sul dal 29 aprile fino ai primi di maggio. L'allagamento totale degli stadi delle due grandi squadre di Porto Alegre, il Gremio (Arena do Gremio) e l'Internacional (Beira-Rio) è stato un effetto collaterale minore rispetto alla scala della catastrofe, ma simbolicamente potente. Le uniche immagini che rendevano l'idea erano quelle scattate con i droni: le sagome dei due stadi riempite dal marrone del fango.

Il campionato brasiliano si è fermato per due turni, ma i due stadi rimarranno inagibili per mesi. Saranno chiusi a lungo anche i centri di allenamento delle due squadre. Dopo il caos delle inondazioni (oltre 150 morti, 600mila sfollati) c'è voluto un mese anche solo per iniziare a rimuovere l'acqua e il fango. Si discute anche dell'ipotesi di andare oltre la fortissima rivalità tra le due squadre di Porto Alegre: secondo gli esperti il primo stadio a essere liberato sarà quello del Gremio, mentre all'Internacional sarà restituita prima la struttura per allenarsi, così potrebbero entrare in un regime di coabitazione prima che tutto torni alla normalità.

Il report

Sapevamo che sarebbe successo, non sapevamo dove sarebbe successo, perché le mappe del rischio erano troppo estese. Secondo il rapporto Playing Against the Clock: Global Sport, the Climate Emergency and the Case for Rapid Change, pubblicato da Rapid Transition Alliance e Play the Game, uno stadio della Premier League su quattro e diversi nel resto d'Europa rischiano di trovarsi allagati almeno una volta l'anno nel 2050. Tra le strutture più vulnerabili ci sono Stamford Bridge (Chelsea), il London Stadium (West Ham), il Matmut Atlantique (Bordeaux), il Weserstadion (Werder Brema), l'Amsterdam Arena (Ajax), il de Kuip (Feyenoord). La società assicurativa Zurich ha fatto un'analisi per il calcio inglese: acqua e caldo renderanno sempre più difficile il regolare svolgimento delle stagioni, se non ci saranno rapide misure di adattamento. Il problema sarà più serio più si scenderà verso il basso dei campionati minori, che sono più fisicamente vulnerabili e gestiti con risorse inferiori. Un terzo delle squadre nelle leghe più povere perderanno sei settimane di partite all'anno a causa degli allagamenti.

Il bulbo umido

Non c'è però solo l'acqua, FifPro è la rete dei sindacati nazionali dei calciatori e da tempo lancia un altro tipo di allarme, che sta per altro arrivando da tutti gli sport che si svolgono all'aperto: i pericoli di giocare durante un'ondata di calore. È un problema soprattutto per i tornei estivi nell'emisfero boreale: i due prossimi mondiali non fanno sperare per il meglio, si giocherà, tra gli altri paesi, in Messico e Stati Uniti (2026), Spagna, Portogallo e Marocco (2030). FifPro ha pubblicato una strategia per la mitigazione del rischio, che parte da un concetto con il quale arbitri, staff, allenatori e calciatori dovranno imparare a familiarizzare: la «temperatura di bulbo umido», un indice dei valori combinati di calore e umidità oltre i quali l'aria è così satura di vapore acqueo da impedire l'evaporazione da un corpo bagnato.

Oltre questa soglia, il corpo umano (anche quello di una persona in salute) perde la capacità di raffreddarsi attraverso la sudorazione. Siamo abituati a vedere le partite sospese per impraticabilità del campo, secondo i sindacati dei calciatori dovremo iniziare a sospenderle anche per impraticabilità del corpo umano. Secondo i sindacati dei calciatori, oltre i 36°C non si può giocare a calcio, perché l'indice di bulbo umido è di 28°C, ed è pericoloso per la salute di chiunque.

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