Questa campagna elettorale di Palermo, al di là di ogni previsione, si sta caratterizzando ancora una volta attorno alla questione mafia. Dopo gli endorsement dell’ex governatore Cuffaro e dell’ex senatore Dell’Utri nei  confronti del candidato del centrodestra a sindaco di Palermo, ogni giorno il tema ritorna. Ora c’è anche una parentela ingombrante con una famiglia che ha rappresentato l’aristocrazia della mafia in Sicilia. 

Lagalla, lei ha dichiarato alcuni giorni fa che con lei sindaco la mafia non entrerà mai al comune di Palermo. Rivendica ancora l’appoggio dei due politici condannati per reati di mafia?

«In effetti, la campagna elettorale di Palermo è stata inquinata dalla sdrucciolevole retorica di una certa militanza antimafia. Questa fa leva su un'idea ingannevole: l'ostracismo civile e la gogna perpetua elevati a pene morali accessorie. Sono un uomo libero e forte, dai comprovati valori legalitari. Non ho mai fatto entrare la mafia in nessuna delle istituzioni pubbliche che ho guidato. Non ho condizionamenti, non ho richieste irricevibili da parte di nessuno e se ci dovessero essere, da qualunque parte possano provenire, saranno respinte».

Ci risulta che sua moglie è imparentata con Antonio Ferro, che è stato uno degli esponenti più influenti di cosa nostra di Canicattì. Se eletto sindaco prenderà le distanze pubblicamente da quello specifico contesto?

«Si tratta di una parentela priva di qualsivoglia frequentazione. Non ho mai conosciuto, né intessuto rapporti, di qualsiasi forma e maniera, con certi ambienti e le persone in questione. Anche perché Antonio Ferro è stato arrestato a Roma nell'aprile del 1992 e morto sempre nella Capitale nel 1996. Il rapporto di fidanzamento con mia moglie è iniziato nel luglio del 1992. Non ho mai incontrato, né conosciuto questo Antonio Ferro. Non l’ho mai frequentato, così come non lo ha mai frequentato la famiglia di mia moglie. Ribadisco, la mafia con me starà fuori dalla porta di Palazzo delle Aquile. Figurarsi da quella di casa mia, così come è sempre stato».

Ha annunciato di istituire un organismo contro le infiltrazione nella pubblica amministrazione. Può spiegarci meglio, concretamente, di che si tratta?

«Il Comune si doterà di un organismo indipendente per il contrasto alla corruzione e alle infiltrazioni mafiose nella Pubblica Amministrazione. Un organismo che supporterà l’attuale Piano anticorruzione varato da tutti i Comuni sotto la vigilanza dell’Anac. Avrà una composizione mista: alcuni esperti esterni alla pubblica amministrazione, altri interni per garantirne un operato sintonico con il complesso dell’attività amministrativa. E, a maggior garanzia, prevedo di far entrare anche il rappresentante dell’opposizione che riceverà più voti. Insomma, saranno adottate tutte le misure attraverso appositi organismi per evitare qualsivoglia forma di infiltrazione. È un obiettivo prioritario della mia azione».

Secondo lei la mafia palermitana ha ancora agganci nel mondo politico e avrà un ruolo in questa competizione elettorale? E se sì, quale?

«La mafia si muove nel sottobosco. È più lesta e furba rispetto al passato stragista. È ancora viva, come ricordano i recenti fatti di cronaca che hanno interessato la mia città. Il pericolo che possa insinuarsi nelle maglie larghe di certa politica non sono in grado di escluderlo. Una cosa è certa, se venissi a conoscenza di situazioni poco limpide non tarderei un solo minuto a denunciarle. La connivenza è un comportamento che non mi appartiene».

Cosa ha provato quando alcuni familiari delle vittime di mafia di 30 anni fa hanno manifestato amarezza nei suoi confronti?

«Comprendo i sentimenti che regolano certi stati d'animo, alla base poi di talune affermazioni. Nei confronti di chi ha perso per mano mafiosa dei cari provo sempre e comunque un profondo rispetto. Lo dimostrano, anche, le tante iniziative istituzionali che ho condiviso con la Fondazione Falcone, fino alla recente conferenza regionale sull'istruzione, alla presenza del ministro dell'università Messa».

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