Finalmente, il gran giorno è arrivato. Ieri, 5 maggio 2023, il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus ha affermato: «È con grande speranza che dichiaro che il Covid-19 è finito come emergenza sanitaria globale». «La fase di emergenza è finita, ma il Covid è qui per restare», ha aggiunto Maria Van Kerkhove, responsabile Covid dell’Oms. Dall’inizio della pandemia, il Covid ha provocato almeno 20 milioni di morti, ma ora possiamo tirare tutti un sospiro di sollievo: la pandemia è finita. Ma se è destino che il virus resti tra noi, come si comporterà in futuro? Una serie di studi pubblicati di recente sulle maggiori riviste scientifiche lo chiarisce bene.

Qualche giorno fa, su Nature, la rivista scientifica più prestigiosa del pianeta, è comparso un articolo dal titolo: “Il futuro del Covid: mini-ondate anziché picchi stagionali”. Inizia così: «Tre anni dopo l’inizio della pandemia, il Sars-CoV-2 non mostra alcun segno di adattarsi a un pattern di diffusione stagionale simile a quello dell’influenza».

Quindi, contrariamente a quello che sono andati ripetendo vari illustri virologi nostrani, il Covid non si comporterà come il virus dell’influenza, che ha un picco di diffusione nei mesi invernali e resta praticamente silente nel resto dell’anno. Difatti, prosegue l’articolo, in molti paesi del mondo, «che lo chiamiate balzo, picco, o forse solo “ondatina”, ci sono nuovamente i segni di un incremento delle infezioni da Sars-CoV-2. In alcune nazioni una percentuale crescente di test risultano positivi, e nuove varianti, soprattutto di un nuovo lignaggio chiamato XBB.1.16, stanno spingendo da parte i ceppi più vecchi, alimentando un aumento di casi».

La frase successiva dell’articolo è quella cruciale. «Benvenuti alla nuova normalità: l’èra delle “ondatine”. Gli scienziati affermano che è assai improbabile che ritornino le ondate esplosive di Covid-19, che riempivano gli ospedali di malati. Invece, molti paesi stanno cominciando ad assistere a ondate frequenti ma meno mortali, caratterizzate da livelli relativamente alti di infezioni perlopiù lievi, alimentate dal susseguirsi di nuove varianti.

Queste ondatine non creano sempre un picco drammatico di ospedalizzazioni e di morti, come prima. Queste ondatine non creano sempre un picco drammatico di ospedalizzazioni e di morti, come prima. Ma questa serie senza sosta di ondatine di Covid ha un aspetto molto diverso rispetto al pattern di circolazione annuale e più lento del virus dell’influenza e degli altri virus respiratori che causano patologie affini all’influenza, e sembra assai improbabile che il Sars-CoV-2 possa assumere in futuro un ritmo simile a quello dell’influenza».

Quindi, il Covid non è e non diventerà mai una malattia stagionale tipica dei mesi invernali, e fortunatamente ora provoca sintomi molto più lievi ed è assai meno mortale di prima – grazie soprattutto al fatto che noi ora siamo quasi tutti vaccinati, cosa che non dobbiamo mai scordare.

Come si comporterà?

Allora, come si comporterà il Covid? Come la maggior parte dei virus respiratori che infettano noi esseri umani. Nel corso di ogni anno, i casi di Covid aumenteranno, raggiungeranno un picco – meno numeroso che in passato, e nel giro di poche settimane caleranno; passato qualche tempo, comparsa una nuova variante in grado di sfuggire all’immunità indotta dalle varianti precedenti, i casi aumenteranno ancora, raggiungeranno un nuovo picco, poi rapidamente caleranno, senza seguire un ritmo stagionale.

Questo susseguirsi di piccoli picchi di casi seguiti da repentine diminuzioni in epidemiologia viene definito “andamento a denti di sega”, perché assomiglia appunto al profilo di una sega, ed è quello tipico di quasi tutti i virus coi quali conviviamo. Queste “ondatine” causate dal Covid si succederanno l’una dopo l’altra in maniera incessante, anche se provocheranno molti meno casi gravi e molti meno morti. Il Covid diventerà, anzi è già diventato, una malattia respiratoria in continua circolazione, non legata alle stagioni. Ce lo dimostra quel che ora sta accadendo anche adesso in paesi come l’India.

In marzo, gli scienziati si sono resi conto che in India era comparsa una nuova variante del Sars-CoV-2, denominata XBB.1.16, che stava causando un aumento dei casi di Covid. La variante XBB.1.16 ha preso il posto di tutte le altre varianti prima presenti in India.

Un gruppo di ricercatori indiani guidati dal dottor Rajesh Karyakarte, virologo dell’Università di Pune, ha appena postato online uno studio in cui mostrano che 300 pazienti indiani analizzati di recente risultavano tutti infetti dalla variante XBB.1.16, che provoca una malattia dalla sintomatologia lieve, simile a quella provocata dalle varianti di Omicron, con poche ospedalizzazioni e ancor meno morti. «Abbiamo visto pochissime vittime», racconta il dottor Karyakarte.

La nuova variante

Questa nuova variante ha il nome XBB.1.16, in cui la X sta a significare che essa è stata generata della ricombinazione di due ceppi precedenti del virus. La ricombinazione è quel fenomeno che accade quando un essere umano viene infettato contemporaneamente da virus del Covid appartenenti a due differenti sottolinee.

Può capitare così che all’interno di una cellula di questo individuo si trovino a esemplari di due varianti diverse del virus: quando queste due varianti si replicano duplicando il proprio genoma, costituito da RNA, può accadere che si scambino tra loro porzioni intere dei loro filamenti di RNA, e così i due virus figli hanno genomi ricombinati. Il nuovo XBB.1.16 è stato partorito da virus appartenenti a due diversi lignaggi BA.5 che si sono scambiati tra loro porzioni del gene della proteina spike – la proteina che il virus utilizza per attaccarsi alle nostre cellule e per infettarci – dando origine a un virus nuovo con una proteina spike ricombinata e mutata, diversa da quelle dei coronavirus comparsi finora, e perciò in grado di sfuggire almeno in parte all’immunità precedentemente acquisita da noi esseri umani.

Questo nuovo virus ricombinante XBB.1.16 – che qualcuno ha anche denominato Arcturus, dal nome della stella più brillante dell’emisfero celeste settentrionale – ha provocato una “ondatina” di casi in India; poi si è propagato negli Stati Uniti, e in altri paesi del mondo dove sta causando analoghe ondatine di casi, che fortunatamente provocano infezioni lievi e pochissime morti, soprattutto grazie al vaccino.

Col Covid succederà esattamente questo: quasi tutti noi abitanti del pianeta abbiamo sviluppato una immunità contro il Covid, perché siamo vaccinati oppure siamo stati infettati dal virus in precedenza – perciò solo una nuova variante del Sars-CoV-2 mutato e capace di sfuggire all’immunità da noi acquisita sarà in grado di infettarci; quando essa comparirà, da qualche parte nel pianeta, infetterà alcuni di noi, ma in maniera lieve perché siamo protetti almeno in parte dal nostro sistema immunitario già pronto a combattere il virus, provocherà una ondatina di casi, poi scomparirà, fino a quando non comparirà una nuova variante mutata immunoevasiva, che provocherà una nuova ondatina. E così via. Come un banale, quasi inoffensivo, virus respiratorio qualsiasi.

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