Nomi di monti e località bellunesi come Cristallo, Pelmo e Cortina, insieme ad altrettanti cognomi locali - Bortolot, De Pellegrin, De Rocco - compaiono stabilmente da decenni sulle insegne di mezza Germania. Non si tratta di negozi o bar come tanti, aperti negli anni da emigranti dalla penisola, ma di gelaterie artigianali o Eiscafè.

La storia inizia quando, tra fine Ottocento e inizio Novecento, le prime famiglie partirono dalla Val di Zoldo, dal Cadore e dall’Agordino, per vendere gelato come ambulanti al di là delle Alpi, in Germania e nei territori dell’Impero Austro-Ungarico.

I primi artigiani bellunesi avevano probabilmente imparato a Venezia l’arte di mantecare con il ghiaccio latte, zucchero e aromi. Furono però loro a farla conoscere all’Europa e quindi al mondo, lavorando stagionalmente o, a volte, rimanendo in pianta stabile. In Germania si diresse la maggior parte di quelli che nel secondo dopoguerra tentarono fortuna all’estero e qui, ancora oggi, restano radicati, seppur in mezzo a crescenti difficoltà.

Una “dolce” conquista

Già nel corso della prima edizione della Mostra Internazionale del Gelato Artigianale (Mig) di Longarone (Belluno), nel 1959, vennero illustrate le leggi tedesche per l’igiene del prodotto e venne ipotizzata l’istituzione di un’associazione di categoria che tutelasse i gelatieri italiani in Germania, poi diventata nel 1966 Uniteis.

L'associazione conta oggi 650 soci, proprietari di 1.500 punti vendita su 4.500 Eiscafè gestiti da italiani e rispetto a un totale di 9.000 gelaterie. «Sono numeri in calo da qualche anno perché per statuto si possono associare solamente italiani e sta mancando il ricambio generazionale. In molti vendono a tedeschi o stranieri» dice Stefano Bortolot, gelatiere e presidente di Uniteis. «Fino a una ventina d'anni fa gli iscritti erano più di 1.000» commenta Bortolot, la cui famiglia, partita da Zoppè di Cadore, dopo un discreto peregrinare, gestisce da oltre 60 anni la Gelateria Fratelli Bortolot di Cochem, nella Renania Palatinato.

All’inizio, racconta orgoglioso, queste gelaterie, «sono state dei punti di incontro fondamentali» sia per gli italiani all’estero che per i locali. «Anni fa da un sondaggio era emerso che per tanti tedeschi il luogo preferito dove dare il primo appuntamento a una ragazza erano proprio le gelaterie italiane».

Questi negozi hanno però svolto anche il ruolo di ambasciatori del nostro stile di vita. Non solo caffè e cappuccino, tramite i consigli dei gelatieri i tedeschi hanno scoperto le spiagge e le bellezze italiane. «Mio padre diceva sempre che abbiamo conquistato la Germania a colpi di palline di gelato» sorride Bortolot.

Essere italiani non basta più

Oggi però il mercato tedesco è meno florido e la concorrenza, leale o meno, agguerrita. «Qui il gelato industriale ha una grossa fetta di mercato mentre noi puntiamo sempre sulla lavorazione artigianale, con prodotti genuini».

E pazienza se tanti di quelli che rilevano le attività italiane propongono imitazioni senza cambiare nemmeno insegna. Bortolot spiega inoltre che chi tiene aperto il locale anche durante i mesi invernali ha dovuto ingegnarsi e integrare la propria offerta aggiungendo la caffetteria o preparando da mangiare.

«Una volta bastava scrivere “gelateria italiana” e vendere sempre gli stessi gusti. Adesso naturalmente ci sono molti competitor» conferma Luca De Rocco, quarta generazione di una famiglia della Val di Zoldo con una gelateria a Schwabach, in alta Baviera. «Il cliente è sempre più informato ed esigente: vuole gusti nuovi, vegani, senza zucchero o proteici. E se non innovi vieni sbranato».

Anche per questo, a partire dal 2002 Uniteis, presenta alla Mig il Gusto gelato dell’anno per la Germania, un’iniziativa per far conoscere ancora di più quest’arte italiana in territorio tedesco. Dai gusti tradizionali a quelli salati, fino a quelli ispirati alla pasticceria teutonica e alle varietà dai sapori alcolici o speziati, le proposte degli ultimi vent’anni raccontano l'evoluzione della gelateria. Il gusto del 2024 è stato il lampone al pepe rosa, in onore del bicentenario del compositore austro-tedesco Johann Strauss.

Alla Mig dello scorso anno proprio la famiglia De Rocco ha ricevuto il premio Mastri gelatieri come «un esempio virtuoso di ricambio generazionale». «Non è stata una scelta facile» ammette però Luca. «Devi essere un po’ italiano e un po’ tedesco, immedesimarti in quella cultura. E poi scontrarti con normative che cambiano spesso e sopportare le tante ore di lavoro. Ma ormai siamo abituati». Un passaggio di consegne che spera di completare a breve anche Bortolot: «Ho tre figli e due sono con me in Germania ma non hanno ancora preso una decisione. Sto aspettando».

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