«Abbiamo successi davvero impressionanti, siamo già più che alla periferia di Gaza City. Stiamo facendo progressi. Niente ci fermerà. Andremo avanti. Avanzeremo e vinceremo». Così il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha confermato le voci diffuse nel primo pomeriggio di ieri sull’entrata dell’esercito a Gaza City. La città è circondata e ora si prospetta una lunga battaglia. È la conferma che la tanto annunciata operazione via terra è già di fatto iniziata. Anche se in maniera diversa da come ci si aspettava dopo i grandi proclami di vendetta da parte del governo israeliano.

Le basi erano state gettate una settimana fa quando Gaza è stata isolata dal mondo per diverse ore e i raid aerei israeliani hanno distrutto gli ultimi edifici rimasti ancora in piedi. Dopo aver spianato la strada con i missili e le bombe, ai soldati è bastata una settimana per entrare nel cuore della Striscia. Ora possono perseguire i loro due obiettivi principali: liberare gli ostaggi individuati anche grazie ai servizi di intelligence americani e colpire le linee di difesa di Hamas.

Non sarà semplice visto che il conflitto ha assunto le fasi della guerriglia urbana in uno spazio che favorisce chi conosce perfettamente il territorio. Ma Israele è facilitata dall’aviazione e dalla marina che stanno dando supporto all’operazione militare. Ieri sera l’esercito israeliano ha annunciato l’uccisione di 130 miliziani di Hamas nelle ultime ore.

L’attesa

Ora resta da capire se le minacce di Hezbollah su un proprio coinvolgimento nella guerra diventeranno realtà (per gli Stati Uniti «ancora non ci sono indicazioni» in tal senso). Per questo motivo c’è grande attesa per il primo discorso televisivo, dall’inizio del conflitto, che il segretario generale Hassan Nasrallah terrà oggi. Per tutto il mese di guerra il confine con il Libano è stato in fibrillazione con i missili che partivano da una parte e dall’altra. Ieri Hamas ha rivendicato l’ultimo attacco per mano di Hezbollah. Dal sud del Libano sono partiti circa 12 missili verso la città di Kiryat Shmona che hanno ferito due persone.

L’area era stata evacuate nelle ultime settimane. Intanto secondo il Wall Street Journal, che cita fonti di servizi di intelligence statunitensi, il gruppo Wagner potrebbe avere un ruolo anche in questo conflitto.

Ancora una volta tramite la compagnia privata russa, il Cremlino prova a dire la sua in Medio Oriente, dopo aver salvato il presidente siriano Bashar al Assad. Secondo gli americani, infatti, Wagner potrebbe fornire un sistema di difesa aerea a Hezbollah. Si tratta dell’SA-22 missili antiaerei di difesa.

Gli Stati Uniti

Parte oggi la nuova missione in Medio Oriente del segretario di Stato americano, Antony Blinken, che incontrerà il premier israeliano Netanyahu prima di andare in Turchia domenica. Secondo quanto riporta il New York Times, Blinken esorterà il governo di Tel Aviv ad accettare una serie di pause umanitarie delle operazioni militari a Gaza per consentire il rilascio sicuro degli ostaggi e la distribuzione degli aiuti umanitari. Al momento non è in discussione invece un cessate il fuoco, nonostante gli appelli delle Nazioni unite e delle organizzazioni umanitarie. Una tregue è considerata controproducente dalla stessa amministrazione Biden, convinta che andrebbe a beneficio di Hamas.

Le evacuazioni

Se dal fronte nord entrano i militari israeliani, a sud, per il secondo giorno di fila, sono continuate le fughe dalla Striscia attraverso il valico di Rafah confinante con l’Egitto. Nella giornata del 1° novembre, secondo le autorità egiziane, sono state 361 le persone con passaporto straniero che hanno lasciato la Striscia, tra cui quattro italiani. A questi, secondo quanto riporta Afp si sommano altre 400 persone che si sono messe in salvo entro la fine giornata di ieri (tra di loro una bambina italiana di sei anni). In totale sono circa 136 i feriti che invece riceveranno le giuste cure fuori da Gaza. Tuttavia, secondo Medici senza frontiere sono 20mila i feriti palestinesi che necessitano di cure mediche e non possono riceverle nella Striscia. Gli ospedali sono al collasso da giorni. Un gruppo di esperti delle Nazioni unite ha parlato esplicitamente di «rischio genocidio». Il capo dell’Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha detto che la situazione è «profondamente preoccupante». Gli ospedali che sono rimasti in funzione (14 su 36) operano al 40 per cento delle loro capacità. «A ventitré ospedali è stato ordinato di evacuare nella città di Gaza e nel nord di Gaza, e l’evacuazione forzata in queste circostanze metterebbe la vita di centinaia di pazienti in una situazione pericolosa per la vita». Per cercare di tenere in vita le strutture, il capo di Stato maggiore dell’esercito della “Stella di David”, Herzi Halevi, ha annunciato che Israele avrebbe permesso l’ingresso di carburante a Gaza. Dopo pochi minuti è arrivata la smentita dell’ufficio di Netanyahu che ha detto di non aver fornito alcuna approvazione. Nell’attesa, i feriti continuano ad arrivare negli ospedali. «Nelle ultime ore ho ricevuto notizie secondo cui 3 delle nostre scuole che ospitavano circa 20mila persone sono state colpite», ha detto Philippe Lazzarini capo dell’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi Unrwa. «Secondo quanto riferito, ciò ha portato alla morte di più di 20 persone a Jabalia e di una persona nel Beach camp», ha aggiunto. L’organizzazione della protezione civile di Gaza ha detto che un bombardamento israeliano ha invece colpito un edificio residenziale nel campo profughi di Bureij. L’attacco ha causato almeno 15 morti.

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