Pubblichiamo una lettera inviata a Domani da un gruppo di accademici in difesa di Franco Prodi, professore di fisica che ha sostenuto tesi negazioniste del cambiamento del clima e la risposta dell’autore dell’articolo.

La lettera

Egregio direttore, Stefano Feltri,

abbiamo letto l’articolo di Davide Maria De Luca riguardante il professor Franco Prodi, intitolato e ne siamo rimasti molto negativamente colpiti per il tono offensivo e grossolano, la mancanza di conoscenza dei problemi, l’uso di un linguaggio fazioso a partire dai termini del tutto fuori luogo quali “radicalizzazione” e “negazionista”. Il primo usato chiaramente per far colpo sui lettori, mutuandolo da realtà che nulla hanno a che fare con la scienza; e il secondo da anni non è più usato neppure fra i più convinti sostenitori della linea dell’Ipcc (International Pannell of Climatic Change). Negazionista è chi nega una realtà storica evidente o dimostrata (come la Shoah) e nulla c’entra con i cambiamenti climatici. Da anni si usa il termine “scettico” per indicare chi critica o non condivide la linea adottata dall’IPCC, nel pieno diritto della libertà scientifica.

Ma qui non vogliamo assolutamente entrare nel merito dei problemi e ci preme solo manifestarle tutto il nostro rammarico e dissenso perché il Suo giornale, che stimiamo e a cui alcuni di noi hanno anche collaborato, non si faccia strumento di attacchi sconsiderati verso un uomo di scienza, noto e rispettato a livello internazionale, che per ragioni che nulla hanno a che fare con la ricerca scientifica, si è imbattuto in quei contesti ostili e denigratori fra gruppi di lavoro o ad personam, che purtroppo in Italia sono notoriamente una piaga dei grandi istituti pubblici di ricerca.

Deve essere comunque chiaro che la scienza del clima necessita ancora di molti studi interdisciplinari e che i modelli climatici fino ad ora elaborati sono soggetti a molte incertezze, perché l’argomento è di enorme complessità e le previsioni, allo stato attuale delle conoscenze, sono tutte opinabili.

Quindi è importante procedere senza preconcetti e occorre che nei mass media non si divulghino giudizi, pregiudizi e atteggiamenti arroganti e offensivi nei confronti di coloro che avanzano opinioni scientifiche diverse da quelle della maggioranza.

La persona di scienza, quale è Franco Prodi, non è mai arrogante, perché è consapevole che la conoscenza è in continua evoluzione, spinta da dubbi e riserve, e non sempre la verità appartiene alla maggioranza, ossia all’ambito del consensus, come la storia della scienza ampiamente dimostra.

Emanuela Guidoboni, Elisa Guagenti Grandori, Teresa Crespellani, Umberto Allegretti, Antonio Bianchini, Alberto Mirandola, Sergio Ortolani

La risposta

Risponde Davide Maria De Luca: La prima cosa che si nota in questa lettera è che a firmarla ci sono due sismologhe, una statistica, due astronomi, un esperto di energia e persino un costituzionalista. Ma nessun climatologo. La seconda è che più che chiarire la posizione del professor Prodi, la lettera apre un’altra serie di interrogativi.

Ad esempio, gli autori sostengono che il termine “negazionista” sarebbe «non più usato neppure fra i più convinti sostenitori della linea dell’Ipcc». Eppure è sufficiente una breve ricerca su Google per accorgersi che il termine “climate change denial” è tutt’ora utilizzato non solo da tutti i principali media ma compare anche in moltissimi articoli accademici, quasi 500 soltanto nel 2022.

Gli autori della lettera accusano Domani di essersi fatto influenzare dai «contesti ostili e denigratori» che circonderebbero il professore. Ma quali sono questi contesti? Nessuna delle persone interpellate nell’articolo ha mai lavorato con lui. Le questioni più problematiche della carriera di Prodi, come la polemica uscita del professore dall’Isac di Bologna, sono soltanto accennate e non sono certo usate per giustificare le critiche alle sue posizioni scientifiche.

Gli autori della lettera aggiungono che la scienza del cambiamento del clima «necessita ancora di molti studi interdisciplinari e che i modelli climatici fino ad ora elaborati sono soggetti a molte incertezze» e che «le previsioni, allo stato attuale delle conoscenze, sono tutte opinabili». Posto che la scienza climatica, come tutte le altre, ha certamente dei limiti, non è chiaro a quali ci si riferisca nella lettera. L’esistenza di un rapido cambiamento del clima causato in prevalenza dall’uomo è accettata, secondo le ricerche più recenti, da percentuali di scienziati del campo vicine al 100 per cento.

Ma a questo gli autori rispondono dicendo che «non sempre la verità appartiene alla maggioranza». Ma se il consenso della comunità scientifica non è importante per decidere cosa è scienza e cosa no, qual è la differenza tra chi nega il riscaldamento climatico e le sue cause antropiche e chi sostiene tesi novax?

Abbiamo formulato questa e altre domande agli autori della lettera in due distinte occasioni, ma ci è stato chiarito che nessuna risposta sarebbe arrivata. Restiamo in fiduciosa attesa.

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