«C'è una scienza ufficiale che è messa in minoranza dalla comunicazione, ma è quella che conta davvero».  A parlare non è un leader No-vax, ma il fisico dell’atmosfera Franco Prodi, 81 anni, fratello dell’ex presidente del Consiglio Romano, e il palcoscenico è la Festa dell’innovazione del quotidiano Il Foglio, a Venezia lo scorso 11 giugno. 

La scienza che conta, sostiene Prodi, è quella che nega le prove delle cause antropiche del cambiamento climatico. A metterla in minoranza sono riviste scientifiche «sempre meno qualificate», forum internazionali che producono «visioni catastrofiste» non scientifiche e conferenze sul clima, come la Cop26, che «bisognerebbe fermare subito».

Professore a 29 anni, dirigente del Cnr a 30, una carriera trascorsa tra cattedre e istituzioni prestigiose e all’attivo anche una società che si occupa di meteorologia, Franco Prodi fino a non molti anni fa era solo un influente accademico proveniente da una delle famiglie più influenti dell’ambiente.

Anche per questo è così ricercato, soprattutto in periodo come questo quando, tra ondate di calore anomale e ghiacciai che crollano, i media cercano di creare dibattito anche sui temi in cui la comunità scientifica è sostanzialmente unanime. Da un quindicennio Franco Prodi fornisce munizioni a coloro che vogliono minimizzare il cambiamento climatico, siano essi i canali web dei cospirazionisti, come ByoBlu e Vox Italia Tv, del movimento politico fondato dal filosofo sovranista Diego Fusaro, oppure quotidiani nazionali che, come ha di recente raccontato la giornalista scientifica Stella Levantesi, hanno una tendenza allo scetticismo quasi unica in occidente.

I colleghi e le istituzioni scientifiche per le quali Prodi ha lavorato hanno preso le distanze e sempre più spesso lo accusano di vero “negazionismo climatico”. 

Negazionismo climatico

«È un termine pesante, che porta con sé un richiamo al negazionismo della Shoah», dice Antonio Scalari, giornalista scientifico che si è a lungo occupato del dibattito sul clima in Italia. Prodi preferisce definirsi «né catastrofista, né negazionista». 

Il negazionismo climatico consiste nel «sostenere che le temperature non stanno aumentando, oppure negare le cause antropiche di questo aumento o ancora negarne gli effetti – dice Scalari – Facendo una di queste tre affermazioni ci si mette fuori dal perimetro del dibattito scientifico».

Franco Prodi quindi è un negazionista? «Sei un negazionista se sostieni cose negazioniste», risponde Salari.

Etichette a parte, il professor Prodi ha una visione della questione climatica che lo ha portato a compiere affermazioni in contrasto con la scienza. Una sua intervista del 2019 ha attirato le attenzioni dei factcheker del progetto Pagella Politica. La frase «dire che siamo noi i responsabili dei cambiamenti climatici è scientificamente infondato», per esempio, è falsa. 

Una analisi del 2016 basata su oltre 12mila ricerche ha mostrato che la teoria secondo cui le attività umane stanno causando il riscaldamento globale è condivisa da oltre il 97 per cento degli scienziati.

Prodi ha dubbi anche sul fatto che questo riscaldamento sia così eccezionale. Lo scorso 29 giugno, intervistato dal Mattino sull’anomala ondata di calore, rispondeva che si trattava di una normale «oscillazione» causata «dall'attività solare». Ma da 40 anni la Nasa osserva l’attività della nostra stella per valutarne l’impatto sulla Terra: le variazione dello 0,1 per cento della sua attività sono 50 volte più ridotte degli effetti dei gas serra, hanno stabilito innumerevoli studi scientifici.

Ma la scienza del clima, sostiene Prodi, «è ancora nell’età dell’infanzia» e quindi «con i modelli che ha a disposizione, può solo elaborare degli scenari incompleti». Antonello Pasini, fisico che si occupa di modelli climatici al Cnr, risponde che «i modelli climatici esistono ormai da 30 anni: non si può più parlare di infanzia». 

La radicalizzazione

Il professor Prodi non ha sempre avuto queste opinioni né è sempre stato così vocale nel difenderle. Numerosi fisici e accademici consultati da Domani hanno confermato che Prodi non si è mai occupato di cambiamenti climatici nella sua carriera accademica – è un esperto di microclima e in particolare della formazione delle nubi.

Sul tema ci è arrivato tardi e più da commentatore che da studioso e, almeno all’inizio, se ne occupava con una certa prudenza. «Il sospetto è che l'attività umana possa accelerare considerevolmente questi processi – diceva a un convegno del 2003 – Anche se non possediamo abbastanza conoscenze dirette per capire in che modo e in che misura questo avviene».

«All’epoca c’era un minimo di giustificazione nell’avere dubbi», dice Guido Visconti, fisico, coetaneo di Prodi che come lui ha studiato nel centro metereologico di Boulder in Colorado. Visconti è anche un accademico dei Lincei, onore sempre sfuggito al suo collega Prodi. «Ora però le prove sono schiaccianti: non ci sono dubbi che in corso un riscaldamento senza precedenti per velocità, e che è responsabilità dell’uomo».

Invece che adeguarsi alle prove, Prodi ha preso l’altra strada. Un momento chiave in questa svolta sembra essere il 2007, quando i ministri del governo guidato da suo fratello Romano hanno organizzato una conferenza sul clima.

La scelta degli invitati ha causato un piccolo terremoto nell’accademia italiana. Sono state pubblicate lettere aperte e appelli in cui si accusava la conferenza di essere una riunione di burocrati catastrofisti e di aver escluso i veri esperti. «I vecchi baroni non invitati a quella conferenza spararono fango sull’intera comunità scientifica», racconta oggi Stefano Caserini, docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano.

Prodi era tra questi e in una serie di lettere aperte all’allora ministro Fabio Mussi accusava la conferenza di non aver visto la partecipazione di alcun scienziati e poi, di non aver invitato fisici: entrambe affermazioni false. 

Se nel 2004 celebrava la firma del protocollo sul clima di Kyoto come un risultato storico, pochi anni dopo Prodi definiva la conferenza una pericolosa deriva. 

La caduta

Negli anni successivi Prodi ha rotto definitivamente con l’accademia. La sua uscita dal Cnr è stata burrascosa. All’Isac, il centro del Cnr che studia l’atmosfera e che Prodi ha diretto per anni, nessuno vuole commentare la sua svolta. Sul sito si trova uno scarno comunicato che ricorda che il professore non fa più ricerca presso il centro e che le sue opinioni non sono condivise.

Sempre più isolato, Prodi si è radicalizzato. Ha iniziato ad attaccare le riviste scientifiche, a mettere in dubbio la correttezza dei suoi colleghi.

Difficile a questo punto tracciare una linea netta tra i ragionamenti del professore e quelli che compaiono negli altri video pubblicati dai canali YouTube che lo ospitano, quelli in cui il “complotto mondiale” non è dei produttori di pannelli solari e degli ambientalisti, ma dalle case farmaceutiche e dei politici corrotti che promuovono i vaccini.

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