A Maria Antonietta è andato in sorte di essere ricordata come quella che, adagiata nel lusso mentre il popolo affamato soffriva senza nemmeno il pane, avrebbe risposto che risolvessero mangiando brioche. Non conta che la decapitata regina di Francia quest’idiozia non l’abbia mai detta: è scolpita nella coscienza collettiva. E tutte le colpe di una monarchia sclerotizzata cadono su una giovane donna sprovveduta, lontana dagli affari di corte ma golosa di macaron. Non è un caso che in Cina il personaggio storico più vilificato sia, guarda un po’, proprio una donna, anche lei accusata di golosità ed appetiti insaziabili – alimentari e sessuali – fuori da ogni dimensione umana.

Per chi ama descriverla come il peggio che sia mai capitato alla Cina, poi, il fatto che si trattasse di una concubina, e quindi nemmeno di una nobildonna di sangue imperiale, la rende ancor di più il ritratto dell’usurpatrice modello: stiamo parlando di Ci Xi (1835-1908), concubina dell’imperatore Xianfeng (1831-1861), madre dell’imperatore Tongzhi, e nonna dell’imperatore Guangxu (1871-1908), entrambi saliti al trono bambini consentendo a lei, con una serie di escamotage, di divenire imperatrice reggente per quasi cinquant’anni.

Che le due donne in questione lasciassero molto a desiderare come sovrane, è indubbio, ma l’accanimento nei loro confronti ci parla della solita misoginia, più che del loro operato: chiarito questo, passiamo dunque ai pasticcini.

Mele e pasticcini

Perché se il nome di Maria Antonietta è legato ai macaron, quello di Ci Xi invece è per sempre sinonimo di mele e dolci.

Di mele si dice fosse davvero insaziabile: la cifra sbandierata vuole infatti che l’imperatrice si mangiasse la bellezza di 150 mila mele l’anno. Dividetelo per 365 e fa 410 mele più un pezzettino ogni giorno, che per quanto formidabile una reggente possa essere, sembra impegnativo. In diversi ritratti Ci Xi ci appare vestita in magnifiche tuniche di seta mancesi (una popolazione dell’odierna Cina del nord, che aveva conquistato l’intero paese nel 1644, instaurando la dinastia Qing, l’ultima dinastia cinese, conclusasi nel 1912) in mezzo a due semicolonne decorative, su ciascuna delle quali posa un piatto pieno di mele impilate a piramide il più alta possibile. Ci Xi amava l’odore che le mele spargevano nell’aria, e ne faceva dunque riempire le stanze della Città Proibita. Poi, qualcuna la mangiava anche. Se le mele per qualche motivo non erano disponibili, Ci Xi faceva impilare pere o pesche, felice del profumo che emanavano.

I pasticcini però sembrano essere stati davvero una debolezza di questa donna politica senza pari nella storia cinese. Ancora oggi, passeggiando per le vie di Pechino intorno ai tre laghi che prendono il nome collettivo di Beihai, oggi meta soprattutto di turisti, non si contano gli stand che vendono dolci, dolcetti e snack garantendo che l’imperatrice reggente Ci Xi non poteva assolutamente farne a meno. Fra questi, ci sono i quadratini semi gelatinosi dei dolci di fagioli mung, chiamati wandouhuang, o torta di piselli gialli – un dolce fatto cuocendo i piselli gialli con lo zucchero fino a farli diventare una poltiglia, poi passata attraverso un setaccio a maglie sottili, e di nuovo fatto cuocere con un aggiunta di agar, una sorta di gelatina vegetariana prodotta da un tipo di alga rossastra. Messo in uno stampo, fatto raffreddare e tagliato a cubetti, il dolce che se ne ricava è ricco senza essere pesante, ogni morso fa sciogliere in bocca una pasta zuccherosa e rinfrescante.

Nella cucina imperiale

La golosità di Ci Xi era tale che nella cucina imperiale, nelle cinque decadi del suo regno, aggiunse una sezione speciale dedicata alla pasticceria ed ai dolci. Ci Xi, dopo aver cercato di scrollare dal dorso della Cina le bramosie straniere sostenendo la xenofobica Ribellione dei boxer (1899-1901), cercò di riabilitarsi agli occhi internazionali con frequenti inviti a corte alle dame delle varie potenze occidentali presenti nella capitale. Alle quali offriva té, e montagne di dolcetti e pasticcini. Un altro dei suoi dolci preferiti era fatto cuocendo al vapore dei piccoli panini di farina di castagne (non dovevano essere più grandi di un pollice) farciti di fiori di osmanto, zucchero bianco e zucchero di canna, datteri e frutta secca.

La sua pasticceria aveva un repertorio di 400 piatti, fra cui anche alcuni biscottini “all’occidentale” – dato che i mancesi, contrariamente ai cinesi delle pianure più a sud, utilizzavano un tipo di forno che si prestava alla bisogna – e degli involtini di burro (o lardo) e farina colorati di verde (grazie a foglie di tè verde macinate per ridurli in polvere) ripieni di dousha. Questa è una pasta dolcissima di fagioli rossi, anche chiamati adzuki in Italia, dal loro nome in giapponese, che fa da ripieno a innumerevoli dolci cinesi, diversi dei quali venivano serviti alla golosa reggente. I fagioli sono fatti bollire in acqua zuccherata fino ad evaporazione, poi macinati, cotti di nuovo spalmandoli a ripetizione sul fondo della pentola finché l’acqua non è completamente assorbita e i fagioli hanno la consistenza del marzapane. A questo punto si aggiunge un po’ di olio che si massaggia nei fagioli, in modo che la pasta abbia una gradevole lucentezza.

La pasta può anche servire per farcire dolcetti di farina di mandorle e riso passati poi per uno stampo che incide sopra intricati disegni. Il dousha (anko in Giappone) è uno dei ripieni più comuni per i dolci cinesi. Con la solita passione per i numeri alti che vengono tirati in ballo quando si parla di Ci Xi, è abitudine dire che le venivano serviti ad ogni pasto 120 piatti diversi – un quarto dei quali erano per l’appunto dolci e pasticcini. Come con le mele, non bisogna pensare che Ci Xi riuscisse ad ingozzarsi in questo modo e restare sufficientemente lucida per governare il paese: esattamente come la maggior parte degli imperatori prima di lei, Ci Xi si vedeva servito tutto quello che la cucina pensava potesse interessarla fra i prodotti di stagione, e dopo che lei aveva assaggiato da vari piatti fino ad essere sazia, il resto della famiglia imperiale, concubine incluse, mangiava i piatti rimasti, che venivano poi terminati dal personale di corte, rispettando l’ordine gerarchico.

Ma possiamo immaginare quanto poco ricordare che si comportava come altri imperatori, senza essere peggiore o più illegittima di loro, non sia di grande aiuto ai venditori di pasticcini di Beihai, che ogni giorno riempiono centinaia di sporte dei “dolci di Ci Xi”, comprati da chi vuole assaggiarne tanto la prelibatezza, che il ricordo delle malefatte della scandalosa donna che si era permessa di divenire imperatrice.

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