La scoperta del termopolio nel sito archeologico di Pompei ha molto di politico oltre che essere un formidabile ritrovamento. La scoperta, di quella che è stato definito come una locanda risalente a duemila anni fa, c'è stata, ma la tempistica del ritrovamento nasconde una trama che incrocia carriere, televisione pubblica, una produzione francese e due nomi che contano: quello di Dario Franceschini, ministro della Cultura e Massimo Osanna, molto apprezzato dal ministro, direttore di successo del sito di Pompei e nominato, a luglio da Franceschini, direttore dei musei italiani.

La scoperta è vera, il lavoro di scavo straordinario, quello che non torna è la tempistica, ma soprattutto un particolare sfuggito alle cronache di questi giorni e che Domani può raccontare: la Rai aveva offerto un accordo quadro a Pompei che prevedeva di seguire gli scavi, accordo poi naufragato con uno scontro nel servizio pubblico, l'intervento dell'ambasciata francese e l’arrivo della produzione d'Oltralpe.

Un ministro in Osanna

Il 27 dicembre è andato in onda su Rai2 il documentario su Pompei, prodotto dai francesi, con ottimo successo di pubblico (11,4%) e un lancio, molto chiacchierato. Il 26 dicembre, il ministro Dario Franchescini, infatti, commenta la scoperta del termopolio, che i romani chiamavano popina, con giustificato giubilo: «Se si fa un lavoro di squadra l'Italia può costruire delle storie di riscatto». Un regalo di natale che arriva in coincidenza con la messa in onda del documentario 'Pompei, ultima scoperta', trasmesso su Rai2, esattamente il giorno dopo, il 27 dicembre.

Qualche attento utente dei social subito nota l'incongruenza, i lavori di scavo, infatti, risalgono a mesi prima, come ha ricostruito Italia oggi. Ha fatto discutere l'uso di una scoperta in un parco archeologico pubblico come lancio per una produzione televisiva, ma di certo siamo di fronte a un successo che consolida il rapporto tra Franceschini e Osanna. Il ministro è molto legato alla Francia, nel 2017 ha ricevuto la Legion d’Onore, proprio ieri ha rinnovato il cda delle gallerie degli Uffizi, indicando oltre agli italiani Valdo Spini, ex ministro, e il professore Fulvio Cervini anche Aurélie Filippetti, che è stata, nel 2012 in Francia, ministra della Cultura. Franceschini è stato entusiasta del documentario, fortemente promosso in Rai, che ha avuto come protagonista Osanna e gli archeologi.

È bravo Osanna, ha rilanciato Pompei, e anche da divulgatore, ha ottenuto encomi ed elogi pubblici. Non solo consensi. Lo scorso aprile è arrivata la bocciatura della Corte dei conti europea in merito ai lavori effettuati presso la casa dell'Efebo. Secondo il giudizio contabile quel progetto, finanziato con i fondi europei, non è stato ineccepibile, critiche respinte al mittente dal direttore che ha preteso una rettifica mai arrivata. A Pompei Massimo Osanna inizia come soprintendente, arriva quando ministro è Massimo Bray, diventa direttore con l'istituzione del parco archeologico. Lo scorso luglio il ministro Franceschini l'ha promosso direttore dei musei italiani con queste parole «l’uomo che ha cambiato l’immagine di Pompei nel mondo». Insieme hanno lanciato, con il bando pubblicato sull'Economist, la ricerca del nuovo super direttore del sito archeologico.

Pompei, Franceschini e Osanna si ritrovano, lo scorso settembre, protagonisti di un articolo sul Sole 24 ore dal titolo eloquente “Il misterioso rapporto tra gli scavi di Pompei e i ribaltoni in politica” dove si fa riferimento maliziosamente a una insolita coincidenza tra rinvenimenti pompeiani e momenti fatidici della vita politica nazionale. Di Dario Franceschini si parla come di un possibile presidente della Camera in sostituzione di Roberto Fico che potrebbe diventare nuovo sindaco di Napoli con l'accordo del Pd e del M5s. Qualcuno ipotizza l’arrivo di Massimo Osanna al ministero della Cultura in caso di addio di Franceschini, pronto a diventare terza carica dello stato. «Faccio il direttore dei musei italiani e voglio fare bene il mio lavoro», dice Osanna. 

La guerra in Rai e l'ambasciata francese

La scoperta del termopolio racconta anche di una guerra interna al servizio pubblico. La produzione del documentario, infatti, non è neanche della tv pubblica, che ha pagato i diritti, ma francese. «Il docu-film è un progetto co-prodotto da Gedeon Programmes e dal Parco Archeologico di Pompei, in collaborazione con France Télévisions, RTBF Télévision belge, Unità Documentari EBU Coproduction Fund», si legge sul sito della Rai. Ma il servizio pubblico non poteva produrlo?

Il servizio pubblico ha proposto alla direzione di Pompei un accordo quadro poi è naufragato. «Ci sono state diverse riunioni, scambi di email, la proposta era di seguire gli scavi e il lavoro degli archeologi, in pratica quello che hanno fatto i francesi, ma alla fine si è tutto arenato», dice chi in Rai conosceva il progetto, ma preferisce l'anonimato. A confermare questa trattativa fallita che ha aperto all'arrivo dei francesi, un incontro risalente al 2018. All'epoca il ministro della Cultura era Alberto Bonisoli che sceglie Pompei come sua prima uscita pubblica. Ad accoglierlo c'è Massimo Osanna.

Bonisoli chiede: «Vedo parecchi documentari della Bbc che raccontano cose fantastiche, ma solo loro sono capaci? Mica lo fanno sulla torre di Londra, vengono a farlo su Pompei». Osanna replica: «Noi abbiamo lungamente trattato con la Rai per fare un documentario su questi scavi, ma non ci siamo messi d'accordo. Stiamo facendo adesso un accordo tramite Duilio Gianmaria di Petrolio con un gruppo di francesi che fanno bellissimi documentari». Insomma con la Rai non si trova l'accordo. Giammaria, che conduceva Petrolio su Rai1, e ora guida Rai documentari, spiega: «Inizialmente il progetto nacque all'interno della Rai in accordo con France Télévisions, ma successivamente la Rai si sfilò, ritenne di non avere gli strumenti».

Nel servizio pubblico si apre una vera guerra. Inizialmente il progetto nasce come produzione francese e italiana, con la Rai protagonista. In quel periodo però c'è un cambio alla direzione generale e con l'arrivo di Mario Orfeo la coproduzione salta, l’idea era di utilizzare le maestranze interne e una risorsa come Alberto Angela. Orfeo, però, dura poco da dg. Nel servizio pubblico ci sono due blocchi, chi persegue l'idea della coproduzione internazionale e chi lavora a una produzione in proprio. La Rai è pronta a fare tutto autonomamente, a seguire gli scavi, a realizzare un accordo quadro, ma tutto si arena. Perché? Secondo alcuni perché Osanna si mette di traverso, secondo altri perché per mesi dalla Rai nessuno si fa vivo.

Così entra in gioco l'ambasciata francese sollecitata da France Télévisions e dal produttore francese che giudicavano incomprensibile quello stallo. Si rischiava l'incidente culturale e diplomatico. Così, grazie anche a Duilio Giammaria, si chiude l'accordo con i cugini d'Oltralpe. In quel breve colloquio, risalente al 2018, Osanna dice anche altro sul conto della Rai: «E' venuto Angela (Alberto, ndr) ha fatto riprese notturne e si sono accontentati così». Una frase che scatena la reazione di Giovanni Parapini, direttore delle relazioni esterne della Rai, che scrive ai giornali. Paparini parla «di macroscopiche inesattezze» chiarendo che le riprese notturne sono oltre 27 giorni di girato con tecnologie di riprese avanzatissime per realizzare Stanotte a Pompei, un racconto di Alberto Angela che su Rai1 ha conquistato il 24,3% di share. Osanna offre la sua versione: «Non è nel mio costume mettermi di traverso, abbiamo fatto collaborazioni con tutti, la Rai non ha fatto alcuna proposta scritta. Non ho memoria di incontri, ma non è arrivata alcuna richiesta a cui non abbiamo dato seguito». 

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