Che Dimitri Kunz, socio e compagno della ministra del Turismo Daniela Santanchè, fosse a conoscenza della manovra da furbetti, fuori dalle regole, con cui Visibilia aveva messo in cassa integrazione a zero ore alcuni dipendenti, che ignari continuavano a lavorare come se nulla fosse, era noto almeno da novembre 2022. Da quando cioè il Fatto Quotidiano pubblicò la conversazione registrata dalla dipendente di Visibilia in cui ammetteva «Sò tutti a zero ore, te ti sei messo e però magari hai messo in difficoltà l’azienda, bastava ne parlassi con noi e non avremmo avuto problemi, adesso, è chiaro, non è che possiamo renderli all’Inps perché sarebbe come ammettere...».

I dialoghi del 2021 ora sono un capitolo dell’indagine di Milano e sono stati depositati al tribunale civile dove è in corso il procedimento fallimentare per Visibilia. Le conversazioni registrate da una dipendente certificano, perciò, che Kunz era al corrente dell’illegalità del meccanismo usato per ottenere fondi pubblici con la cassa integrazione. Santanchè sapeva? Di certo ha mentito quando durante la sua arringa difensiva in Senato, per evitare le dimissioni dopo il polverone giudiziario, ha dichiarato: «Abbiamo una dipendente che nega di essere stata informata sulla cassa integrazione, di fronte a questa contestazione tardiva fatta dalla lavoratrice, pur ritenendo le sue affermazioni infondate e pur certa che quella lavoratrice non ha mai messo piede in Visibila durante la cassa integrazione, la società ha preferito sanare la sua posizione, considerano la lavoratrice in servizio per tutto il periodo, senza che fosse pervenuta alcuna richiesta dagli enti preposti. È bene sottolineare che nessun altro dipendente di Visibilia ha mai sollevato questioni sulla cassa integrazione». In documenti depositati dalla procura di Milano, inclusa la risposta dell’Inps, smentiscono la ministra. 

Inps contro Santanchè

Il problema per Kunz-Santanchè è che oltre all’inchiesta per bancarotta e falso in bilancio potrebbero affrontare una nuova accusa di truffa ai danni dello stato: esiste, infatti, un fascicolo di indagine della procura di Milano coordinato dalla procuratrice aggiunta Laura Pedio e dalla sostituta Maria Giuseppina Gravina sulla cassa integrazione a zero ore per il momento senza nomi iscritti sul registro degli indagati, ma con un’ipotesi chiara, cioè la truffa.

I nuovi atti depositati nei giorni scorsi dalla procura al tribunale civile di Milano lasciano immaginare una rapida evoluzione del quadro investigativo che potrebbe, appunto, coinvolgere Kunz e Santanchè. Tuttavia con in questi documenti c’è un dato che chiarisce il numero di dipendenti coinvolti nella messinscena della Cig richiesta all’Inps da Visibilia Editore. Non sarebbero soltanto due, quindi, ma sei in tutto. Compresi, questo è l’elemento inedito, quelli che facevano capo a Visibilia concessionaria, altra azienda della galassia, peraltro creditrice di una terza Visibilia sulla quale pende un procedimento fallimentare.

Il dato emerge dalla risposta fornita ai pm dall’Ufficio vigilanza ispettiva dell’Inps: «Gli accertamenti condotti hanno confermato che i dipendenti Bottiglione e Maggioni (nonché Schiavone Anna, che pure figurava nella documentazione prodotta dalla Bottiglione quale fruitrice della Cig) hanno effettivamente percepito erogazioni salariali dell’Inps, come pure la società Visibilia Concessionaria che ha richiesto e ottenuto integrazione del salario per numero 6 dipendenti», riportano i magistrati nell’atto depositato al tribunale facendo una sintesi delle informazioni ricevuti dall’ente previdenziale. La stessa Inps che in quattro righe inviate sempre alla procura smentisce platealmente la ministra del Turismo, la quale al Senato ha impostato parte della sua difesa assicurando ai parlamentari, e agli italiani, di aver regolarizzato la posizione dei dipendenti. Il sei settembre Inps scrive: «Allo stato non risultano regolarizzazioni (richieste o approvate) relativa al periodo oggetto di indagine (2020-2022) afferenti alla questione Cig né da parte di Visibilia Editore né di Visibilia Concessionaria». Permane, dunque, «l’irregolarità segnalata», aggiungono i pm. 

Santanchè quindi ha mentito davanti al parlamento. L’alternativa alla menzogna consegnata in diretta può essere solo che non aveva il controllo di quel che avveniva in azienda. E che persino il suo compagno a conoscenza delle illegalità l’ha tenuta all’oscuro di tutto. Non esattamente un’ipotesi rassicurante per chi ha in mano uno dei settori più strategici del paese come il turismo.

Tra bugie, omissioni e diritti dei lavoratori calpestati, si innesta il giallo dell’estate: il suicidio di Luca Ruffino, il manager che aveva preso il controllo di Visibilia senza però renderlo noto come previsto per le società quotate in borsa. Sulla sua morte sono in corso verifiche, chi indaga vuole capire se esiste una connessione con eventuali trame dietro il marchio Visibilia. Ma questa è un’altra storia. 

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