«Non riesco ad andare allo stadio senza scommettere. Una volta durante una partita ho perso 500 euro. Con quei soldi avrei potuto pagarmi l’abbonamento per un paio di anni». Giuseppe (nome di fantasia) ha poco più di 20 anni e, come lui stesso riconosce, è ludopatico. Per il momento non è ancora riuscito ad andare in terapia. Da quasi mezzora è nel bar di paese, precisamente nello stanzino delle slot machine dove l’aria è quasi irrespirabile per il fumo delle sigarette. Distrattamente schiaccia di continuo sul tasto spin, ogni volta punta 50 centesimi.

Dopo dieci minuti dall’inizio dell’intervista ha sete ed esce dallo stanzino per comprare un tè alla pesca. Imposta lo spin automatico che gli permette di andare avanti a giocare mentre lui è al banco a ordinare. Dopo essere tornato gioca fino a finire tutte le monete nel portafoglio. Ci sarebbe anche la macchinetta che converte le banconote in piccoli pezzi da uno o due euro. Ma per oggi basta così.

Giuseppe da anni cerca di uscire da questo «circolo vizioso», come lo chiama lui, in cui «si vince qualche soldino ogni tanto, ma poi si perdono gli stipendi la maggior parte delle volte».

Ma Giuseppe non è l’unico ragazzo nella sala. Anche Marco (altro nome di fantasia), 25enne, è dipendente dal gioco d’azzardo. La sua storia, però, comincia da molto più lontano, quando era ancora minorenne: «La mia dipendenza dal gioco è iniziata quando ero ragazzino – racconta –. Stavo camminando per strada e ho trovato per terra un Gratta e Vinci nuovo. L’ho portato a casa a mio padre e abbiamo vinto 100 euro». L’inizio della fine.

Da quel momento Marco non riesce più a smettere: «Non dimenticherò mai il brivido di adrenalina che ho provato in quel momento. Da lì ho iniziato a giocare alle macchinette al bar di nascosto e, qualche anno dopo, anche ai casinò online. Ho perso tantissimi soldi e da quando ho iniziato a lavorare la situazione è peggiorata». E anche con le piattaforme digitali non è andata meglio: «Una volta ho vinto duemila euro, dopo poco ho raddoppiato la vincita – spiega –. In preda all’adrenalina ho deciso di continuare a giocare, fino a quando sono rimasto con poco più di mille euro».

Giovani e indifesi

Ma Marco e Giuseppe non sono gli unici ragazzi a essere entrati in questo circolo vizioso. La ludopatia è un fenomeno che in Italia sta dilagando tra i giovani. Secondo i dati dell’Osservatorio del gioco d’azzardo dell’Istituto superiore della sanità, sono circa il 42 per cento gli adolescenti che scommettono denaro periodicamente. Il 5 per cento sono anche dei frequent player, ovvero che giocano almeno una volta alla settimana.

Generalmente la spesa di partenza è di 5 euro, ma la cifra sale di molto quando, dopo una perdita, si cerca di recuperare il denaro. Secondo il Centro torinese di solidarietà, le conseguenze della ludopatia non colpiscono solo il portafoglio, ma anche la salute. Tra i sintomi più comuni si possono individuare ansia, insonnia, tendenza all’isolamento e irritabilità.

Nel caso dei giovanissimi il gioco può avere un effetto ancora più devastante sulla crescita. Anche se, in base a uno studio del 2018 dell’Università di Bologna e di Nomisma, solo il 6 per cento dei ragazzi, tra i 14 e i 19 anni, che scommettono è consapevole di aver sviluppato una dipendenza verso l’azzardo. Questo avviene, secondo l’Osservatorio, perché già in famiglia o nella cerchia di amici sono presenti casi di ludopatia. Diventa quindi la normalità.

Un fenomeno in crescita

Il fenomeno nei giovani è dilagato negli ultimi anni. Paolo Jarre, uno dei massimi esperti italiani di gioco d’azzardo (che ha in questo momento in cura anche il calciatore della Juventus Nicolò Fagioli, sospeso per scommesse illecite), incontra ogni giorno decine di ragazzi che spendono le loro paghette nelle cosiddette «schedine sportive» (ma non solo): «In questi anni ci sono stati diversi fattori che hanno determinato un forte incremento della ludopatia tra i giovani – spiega –. Innanzitutto l'offerta dei siti è progressivamente aumentata in modo molto importante. Lo spostamento delle piattaforme online ha reso possibile le scommesse in qualsiasi momento. Chiaramente la pandemia ha dato un’accelerata alla diffusione del gioco d’azzardo».

Paolo Jarre

E le piattaforme, secondo Jarre, hanno un ruolo attivo nello sviluppo della dipendenza, poiché utilizzano «una serie di stratagemmi» per esempio concedono al giocatore delle «vincite piccole e frequenti, che scatenato nel ragazzo un meccanismo di condizionamento operante di tipo comportamentale, come succede in laboratorio con gli animali, a cui vengono dati dei piccoli incentivi per invogliarli a proseguire la propria attività».

Ma non è tutto: «Le luci e i suoni vengono impiegati in modo tale da poter, come dicono le piattaforme, fidelizzare il pubblico ma in realtà sono tutti degli stratagemmi per creare dipendenza» dice l’esperto. Tutto ciò è ancora più rischioso per i giovani perché «teoricamente possiedono meno strumenti per difendersi e di conseguenza sono più esposti all’offerta commerciale» perché «non hanno ancora sviluppato una coscienza etica rispetto a certi temi».

I guru delle scommesse

Negli ultimi anni è esploso anche un altro fenomeno, quello dei «guru delle scommesse», ovvero delle persone che in ambito sportivo consigliano delle puntate da fare attraverso i loro canali Telegram, tenuti in costante aggiornamento ogni giorno. Alcuni di loro hanno centinaia di migliaia di iscritti. In certi casi consigliano in prima persona delle piattaforme, dalle quali ricevono compensi.

«Il fatto più clamoroso riguardo questi personaggi è che riescono ad avvicinare a loro anche dei giovani molto svegli – sottolinea Jarre –. Poco tempo fa ho incontrato un ragazzo all’ultimo anno di liceo scientifico che ha la media del nove in matematica. Anche lui segue un guru. Questi personaggi hanno fatto un po’ da catalizzatori nel processo di avvicinamento dei ragazzi al mondo delle scommesse».

Il rischio, a questo punto, è quello di entrare in un «circolo vizioso»: «Più si gioca più si perde – conclude l’esperto –. È fondamentale ricordare che le piattaforme di gioco non fanno beneficenza: il banco vince sempre, non ci sono eccezioni. Non serve a niente quando si perde cercare di recuperare il denaro puntando ancora, perché progressivamente si perde ancora di più».

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