Continuano le ricerche in Sicilia del superlatitante Matteo Messina Denaro: stamattina, in una vasta operazione antimafia nelle campagne trapanesi, la polizia del Servizio centrale operativo e le squadre mobili di Trapani e Palermo hanno eseguito tredici fermi nei confronti di alcuni uomini del clan di Calatafimi-Segesta, alcuni dei quali particolarmente vicini al boss, ex protetto di Totò Riina e mandante degli omicidi dei giudici Falcone e Borsellino, in fuga da 27 anni. In tutto venti gli indagati, tra i quali ci sono anche il sindaco di Calatafimi, Antonino Accardo e alcuni imprenditori locali. 

Il primo cittadino di Calatifimi è accusato di corruzione elettorale e di tentata estorsione, con l’aggravante di mafia. In alcune intercettazioni, si sente Accardo dire che, nelle elezioni dello scorso anno, ha comprato dei voti a «50 euro» ciascuno. Fra gli indagati c'è un agente della polizia penitenziaria in servizio nel carcere palermitano di Pagliarelli: è accusato di rivelazione di notizie riservate. Nei confronti di tutti i venti indagati sono in corso in queste ore perquisizioni con l’ausilio di unità cinofile e apparecchiature speciali per la ricerca di armi. Tra i reati contestati, a vario titolo, ci sono quelli di associazione mafiosa, estorsione, incendio, furto, favoreggiamento personale e corruzione elettorale, aggravati dal metodo mafioso.

Nel blitz di stamattina sono finiti in manette anche Nicolò Pidone, 57 anni, ex operaio stagionale della Forestale e oggi considerato il nuovo padrino della famiglia mafiosa che fa parte del mandamento di Alcamo, e Salvatore Barone, ex presidente dell’Atm (azienda del trasporto pubblico trapanese) che è anche a capo di una nota cantina sociale. Quest’ultimo è accusato di associazione mafiosa: nella sua cantina, hanno spiegato gli investigatori, erano state assunte la figlia di un ergastolano e la moglie di Leo.

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