«Non è cambiato niente, i vertici criminali fanno i patti e controllano la città sfruttando silenzi e disattenzioni», sussurra un esperto investigatore. Commenta il vertice tra boss interrotto dall’intervento del nucleo investigativo dei carabinieri di Roma. Un summit che si stava svolgendo all’interno di una stanza della casa di cura, la Pio XI, perché alla malavita capitolina è riservato un trattamento con i guanti di velluto: comunità e cliniche per visite e sogni di dominio. Il fortunato, che era seguito dai militari, è Alessandro Capriotti, detto il Miliardero. Una vita per il crimine tra violenza e narcotraffico, è indagato anche come mandante dell’omicidio di Fabrizio Piscitelli, detto Diabolik. È finito in carcere per un provvedimento di fermo disposto dal pubblico ministero su richiesta della polizia giudiziaria visto il pericolo di fuga e il carattere d’urgenza dell’operazione.

Urgente per evitare conseguenze peggiori a un imprenditore nel settore Hi-tech, finito sotto la scure estorsiva di Capriotti e del suo sodale, Lorenzo Marinucci, anche quest’ultimo finito in carcere. Capriotti aveva l’autorizzazione, era ai domiciliari, di recarsi due volte a settimana nella casa di cura. Solo che quando sono intervenuti gli inquirenti lo hanno trovato in compagnia di una vecchia conoscenza del crimine romano, Salvatore Nicitra, considerato uno dei re della città. Condannato a nove anni per associazione a delinquere, poco tempo fa, era sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, ma continuava ad avere la patente e a girare con la sua smart. Pochi giorni fa Domani lo aveva intervistato, aveva ribadito l’estraneità alle accuse. Ora è soggetto all’obbligo di firma e processato per la frequentazione abituale di pregiudicati. Manca un ultimo personaggio che completa il panorama criminale romano: Riccardo Brugia, ex Nar, grande amico di Massimo Carminati. Cosa ci faceva il gotha del crimine romano in una stanza d’ospedale? Affari e potere, le storie di sempre. Brugia è finito in carcere perché durante la perquisizione i carabinieri per detenzione illegale di armi, i militari gli hanno trovato una pistola con matricola abrasa. 

Capriotti e Marinucci minacciavano l’imprenditore in ogni modo. «Non me ne frega un cazzo di carabinieri e polizia, dal carcere si comanda meglio, non sono orfano, con me ci stai parlando quegli altri ti prendono e ti ammazzano», dicevano. Ora sono in carcere, ma l’incontro racconta che tutto è tornato a scorrere come sempre, nella capitale gli affari criminali non finiscono mai. Da una parte Capriotti, legato ai Senese, a Molisso e Bennato, dall’altra Nicitra e, infine, i neri che non mancano mai, Brugia e il suo mondo di ex Nar. 

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