Il commiato dei membri uscenti del Consiglio superiore della magistratura non poteva cadere in un momento migliore. O peggiore se si guarda l’appuntamento dal punto di vista di Giorgia Meloni e della maggioranza di governo. Da giorni Lega, FdI e FI discutono, senza risparmiarsi colpi bassi, del tema della giustizia.

Aiutati anche dal ministro competente, Carlo Nordio, che alla prima occasione utile ha introdotto nella discussione temi che nei migliori dei casi, come la storia recente insegna, sono in grado di mandare in crisi un esecutivo.

Chissà se ha pensato anche a lui il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, quando ieri, dopo aver ringraziato i consiglieri uscenti e il vicepresidente David Ermini, ha ricordato che «i compiti che la Costituzione e la legge affidano al Csm sono volti ad assicurare l’indipendenza della magistratura, pilastro della nostra democrazia e sancita dalla Costituzione. Attraverso l’esercizio trasparente ed efficiente del governo autonomo il Consiglio superiore deve garantire, nel modo migliore, l’autonomia e l’indipendenza della giurisdizione; e deve assicurare agli uffici giudiziari il miglior livello di professionalità dei magistrati, che svolgono con impegno e dedizione la loro attività anche in condizioni ambientali complesse e talvolta insidiose. La magistratura ha nei valori costituzionali, nel suo ambito e nella sua storia, le risorse per affrontare le difficoltà e per assicurare – con autorevolezza e con credibilità – il rispetto della legalità indispensabile per la vita e la crescita civile della società e del nostro paese nel suo complesso».

Insomma, se nei giorni scorsi Nordio aveva richiamato il parlamento a non «essere supino e acquiescente a quello che sono le affermazioni dei pubblici ministeri», Mattarella ricorda che anche la magistratura ha, con buona pace dei politici, la sua autonomia.

Un avvertimento, o più semplicemente un modo per ricordare al governo che qualsiasi riforma che verrà fatta in materia di giustizia non può spingersi oltre certi limiti.

Tempi complessi

Certo, Mattarella non ha perso l’occasione per ricordare che quella che si è chiusa ieri (oggi l’elezione del nuovo vicepresidente) è stata «una consiliatura complessa, segnata da gravi episodi che l’hanno colpita». «Malgrado questo - ha aggiunto – grazie al contributo dei suoi componenti, il Consiglio superiore ha cercato di superare le profonde tensioni prodotte da quelle vicende, per assicurare il corretto funzionamento degli uffici giudiziari».

Insomma, il peggio, forse, è passato. E anche se oggi la magistratura deve recuperare la fiducia del paese e ricostruire, in parte, la propria immagine, questo non significa che si possa infierire. Mattarella, ovviamente, non ha toccato i temi di più stringente attualità, anche perché il suo ruolo gli impedisce di occuparsi delle polemiche di giornata. In compenso, sul tema delle intercettazioni e della possibile riforma che dovrebbe essere realizzata dal ministro Nordio, è intervenuto il Garante della privacy, Pasquale Stazione: «La violazione del segreto, con la pubblicazione di stralci di conversazioni captate, integra un trattamento illegittimo di dati personali, dal 2018 punito con sanzioni che possono svolgere una rilevante funzione deterrente. Si può ipotizzare di modulare diversamente il regime di pubblicità degli atti d’indagine, ma prima di mutare un bilanciamento tra privacy e informazione in fondo ragionevole, è forse preferibile verificare tenuta ed effetti delle riforme recenti».

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