A 33 anni dalla strage di Capaci, il presidente della repubblica ricorda i «servitori dello Stato, che la mafia uccise con eclatante violenza per piegare la comunità civile». Il messaggio della premier Meloni: «Il loro esempio e il loro ricordo continuano a guidare la nostra azione»
È il 23 maggio del 1992. Alle 17:58, all’altezza dello svincolo per Capaci, l’autostrada A29 esplode in un boato che squarcia il cuore dell’Italia. Trecento chili di tritolo, piazzati da Cosa nostra in un cunicolo sotto l’asfalto, provocano devastazione e sgomento. L’obiettivo: Giovanni Falcone, simbolo della lotta alla mafia. Accanto a lui perdono la vita la magistrata, e compagna del giudice, Francesca Morvillo e tre agenti della scorta: Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Le immagini del cratere, dei rottami, dei corpi portati via tra le sirene e le urla, diventano icona di un paese ferito ma non vinto. La strage di Capaci è un colpo al cuore, ma accende un fuoco di indignazione.
Solo 57 giorni dopo, il 19 luglio 1992, un’altra bomba devasta Palermo: in via D’Amelio viene assassinato Paolo Borsellino insieme ai cinque agenti della scorta Emanuela Loi, Walter Eddie Cosina, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina. Un attacco feroce nella guerra di Cosa nostra contro lo stato e contro chi, come Falcone e Borsellino, non si piegava.
«Li dobbiamo amare più di come amate i Santi e le Madonne perché loro si sono immolati per noi» disse parlando dei due giudici uccisi la fotografa Letizia Battaglia, le cui foto hanno raccontato la Palermo insanguinata di quegli anni. Trentatré anni dopo, l’Italia ricorda le vittime di Capaci e via d’Amelio, in quella che è diventata la Giornata nazionale della Legalità, per tenere vivo il loro ricordo e ribadire il loro esempio.
Mattarella «commosso come allora»
Ricorda le vittime di Capaci il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, fratello del presidente della Regione Sicilia ucciso il 6 gennaio 1980. «L’attacco feroce e sanguinario – si legge nel messaggio diffuso dal Quirinale – che la mafia compì trentatré anni or sono a Capaci, e che ripeté poche settimane più tardi in via D’Amelio a Palermo, costituisce una ferita tra le più profonde della nostra storia repubblicana».
Ricorda, «commosso oggi come allora», i nomi delle vittime di quelle due stragi che segnarono Palermo e l’Italia intera. Non eroi, ma «servitori dello Stato, che la mafia uccise con eclatante violenza per piegare la comunità civile».
E nel passaggi più importante ed attuale del suo messaggio, Mattarella ricorda come le bombe del 1992 segnarono un punto di svolta nella lotta alla criminalità organizzata. Il pensiero, senza mai citarla esplicitamente, alla “rivolta delle lenzuola” con cui nei giorni successivi alla strage Palermo mostrò il suo sdegno con una ribellione silenziosa e simbolica contro il potere dei clan.
«Quelle tragedie – scrive il Colle – generarono una riscossa della società e delle istituzioni. L’azione stragista svelò la minaccia alla libertà di ogni cittadino. Il contrasto alla mafia si intensificò fino a scardinare le posizioni di comando dell’organizzazione criminale. La mafia ha subìto colpi pesantissimi, ma all’opera di sradicamento va data continuità, cogliendo le sue trasformazioni, i nuovi legami con attività economiche e finanziarie, le zone grigie che si formano dove l’impegno civico cede il passo all’indifferenza».
Il ricordo della politica
Anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha ricordato le vittime della strage di Capaci. «Il loro esempio e il loro ricordo continuano a guidare la nostra azione – ha scritto la premier su X – Anche in loro nome, il governo è e sarà sempre in prima linea nella lotta contro ogni forma di criminalità. Senza tregua, senza compromessi».
Sempre con un messaggio sui social, la Camera dei deputati ha ricordato Giovanni Falcone riportando le parole di Re Carlo III che nel suo intervento in parlamento ricordò l’omaggio della regina Elisabetta per «il vostro leggendario magistrato antimafia».
Commosso anche il ricordo dell’europarlamentare Caterina Chinnici, figlia del magistrato ucciso da Cosa Nostra il 29 luglio 1983 per la sua intuizione di costituire un pool antimafia. «Oggi, come ogni anno, il dolore si accompagna alla forza di un ricordo che continua a camminare sulle gambe di chi non ha smesso di credere nella giustizia. – si legge nel post – Per noi giovani magistrati, mio padre, Falcone e Borsellino erano dei modelli, dei maestri. Però per me erano qualcosa di più: erano parte del mio patrimonio affettivo. Erano persone normali, amici che si ritrovavano, che sapevano sorridere nonostante le difficoltà del loro lavoro».
© Riproduzione riservata


