«Credo sia giunto il momento di mettere i puntini sulle i relativamente alla baraonda mediatica scatenata dal centrodestra rispetto alla vicenda delle infiltrazioni mafiose nella politica pugliese e nel suo circondario». A parlare è Renato Ellero, classe 1944, veneziano ma vicentino di adozione.

Ellero rivela a Domani un retroscena inedito di molti anni fa, quando durante il governo Berlusconi, con Giorgia Meloni ministra della Gioventù, era in discussione lo scioglimento per infiltrazioni mafiose del comune di Fondi, cittadina amministrata all’epoca dalla destra, in provincia di Latina, feudo elettorale della destra sociale da sempre, poi di Alleanza nazionale e ora di Fratelli d’Italia.

Decano dei penalisti veneti, già docente di diritto all’Università di Padova, Ellero oltre a essere stato una figura di rilievo nella Dc degli anni Ottanta è stato, per un breve periodo, un esponente di vertice del Carroccio a metà degli anni Novanta. Con la Lega venne eletto in Senato, per poi sbattere la porta in faccia alla politica dopo una breve esperienza nella Lif da lui fondata.

Senta professore, perché lei continua a dire che sulla vicenda Puglia occorre mettere a fuoco tutto il contesto?

Perché sull’argomento noto una certa ipocrisia.

Vuole dire che il caso Puglia è una montatura?

No, tuttavia quel caso va vagliato con rigore per escludere o accertare eventuali responsabilità: magistratura, Viminale e prefettura si muoveranno ciascuno secondo le proprie prerogative. Ma il punto, politicamente parlando, è un altro.

Quale?

In molti ricordano la vicenda del commissariamento per mafia sfumato, tra mille polemiche e mille sospetti, al comune di Fondi in provincia di Latina. Domani ne ha parlato in lungo e in largo, peraltro.

Parliamo del fuoco di sbarramento che si registrò in Consiglio dei ministri di fronte alla proposta di scioglimento del comune della provincia di Latina nel 2009?

Sì, proprio quel fuoco di sbarramento prese corpo in Consiglio dei ministri quando l’allora governo capitanato da Silvio Berlusconi portò per l’appunto in discussione lo scioglimento per mafia del comune di Fondi.

A intervenire in tal senso fu l’allora responsabile del dicastero della Gioventù Giorgia Meloni, all’epoca in Alleanza nazionale.

Davvero? Ma è sicuro?

Me lo disse una persona più che titolata a conoscere quel retroscena.

Ossia?

L’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni (scomparso nel novembre 2022, ndr). Fu proprio lui a spiegarmi che per il mancato scioglimento del comune di Fondi ci fu lo zampino di Meloni.

Scusi, Ellero, ma perché Maroni decise di farle questa confidenza, visto che lei aveva abbandonato la politica da tempo?

Guardi, fu Maroni che in quel periodo o giù di lì mi chiamò al telefono. Aveva bisogno che io gli fornissi alcuni dettagli di un caso scottante relativo a un fallimento immobiliare che da senatore avevo seguito anni prima. Un caso che rischiava di avere grosse ripercussioni con l’opinione pubblica.

A quel punto?

A quel punto fui io a chiedere a Roberto che cosa stesse succedendo nel governo per l’affaire Fondi: non capivo infatti come mai non si procedesse col commissariamento.

E fu proprio Maroni a dirmi che ogni volta che in Consiglio dei ministri si portava quel dossier la Meloni faceva il diavolo a quattro perché Fondi era uno dei suoi feudi elettorali. E non ho motivo di dubitare di Maroni.

Perché?

Anzitutto era una delle persone più informate sui fatti. Poi di questa situazione arrivò la conferma indiretta dell’allora premier Silvio Berlusconi. Il quale sui media, preso di mira proprio per quella vicenda, si giustificò spiegando che per quanto riguarda il dossier Fondi c’erano state visioni divergenti, usiamo questo eufemismo, proprio in seno al Consiglio dei ministri.

Lei quindi che cosa ne ricava?

Dico che quella parte del centrodestra che sulla vicenda Puglia non fa che ripetere i mantra di Meloni sarebbe meglio che tacesse.

Come mai?

Tanto per dirne una, vorrei capire se tra le persone rimaste invischiate nel caso noto come Fondi-Damasco ci sia qualcuno poi transitato nell’inner circle della stessa Meloni.

Devo andare oltre? Questo ovviamente non significa che la vicenda pugliese, lo ribadisco alla nausea, non vada vagliata con rigore: tuttavia il doppio standard del cerchio magico della Meloni su questo caso è tanto indecente quanto ridicolo.

Mi meraviglio, perciò, di come l’opposizione sia stata di fatto così tenera rispetto a quello che per la premier non è solo un nervo scoperto, ma una ferita ancora aperta e purulenta.

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