«Eterodiretto», «portavoce dello stragista Graviano», amico e parente di Cesare Lupo, il boss che contro il carcere duro usa carte bollate e messaggi obliqui. Per ora è questo l’identikit di Salvatore Baiardo, l’uomo che ha predetto l’arresto di Matteo Messina Denaro in un’intervista su La7. Probabile che a questo profilo ricostruito da Domani attraverso la lettura di numerosi documenti investigativi e dopo aver consultato numerose fonti investigative, si aggiungano nuovi elementi visto che le sue dichiarazioni hanno attirato l’attenzione degli investigatori che lavorano ai dossier più delicati sulla mafia siciliana.

Nel curriculum di Baiardo troviamo ruoli certificati da sentenze e altri avvolti ancora oggi dal mistero. Di certo è stato un fiancheggiatore dei fratelli Graviano, padrini stragisti di Palermo delle bombe del 1992 e del 1993. Baiardo si era eclissato a fine anni Novanta per tornare protagonista di recente, quando ha recuperato la memoria sulle vecchie storie e si è trasformato in profeta.

Il gelataio portavoce

Baiardo ha trasformato l’arresto di Matteo Messina Denaro in un momento per inviare messaggi in codice oppure è stato solo un colpo di fortuna? Fatto sta che oggi lo presentano come «l’uomo che ha predetto l’arresto di Messina Denaro». In effetti lo ha fatto, a novembre 2022 intervistato da Massimo Giletti a Non è l’Arena su La7, Baiardo aveva annunciato che il padrino sarebbe stato catturato, più o meno in coincidenza dell’anniversario del blitz del 1993 che ha chiuso la latitanza del capo dei capi della mafia, Totò Riina, e aveva aggiunto: «Messina Denaro è molto malato». La caccia al padrino di Castelvetrano è piena di personaggi opachi e strani figuri, credibili per alcune procure, e depistatori per altri.

Baiardo è stato sentito quattro volte di recente dai magistrati, il gelataio sta fornendo il suo contributo in una delicata indagine della procura di Firenze sui mandanti esterni delle stragi del 1993 cui ha partecipato anche Messina Denaro oltreché i boss Graviano. Tra gli indagati ci sono Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri. L’ex presidente del Consiglio e fondatore di Forza Italia con Dell’Utri, il fedelissimo del Cavaliere condannato a 7 anni per concorso esterno alla mafia. E in questa parabola di Baiardo la coppia Berlusconi-Dell’Utri ritorna spesso.

La famosa predizione sul futuro arresto di Messina Denaro risale ai primi di novembre, pochi giorni prima l’esecutivo di Giorgia Meloni aveva confermato l’ergastolo ostativo: da tutti, boss compresi, sapevano che il nuovo governo di centrodestra, con dentro Forza Italia, avrebbe dovuto mettere mano alla materia. Tra i boss interessati ci sono proprio i fratelli Graviano che da tempo veicolano dal carcere messaggi velenosi, parlando di scambi economici e conoscenze con Silvio Berlusconi.

Sempre che non abbia ricorso solo alla sua fantasia azzeccando una previsione impossibile, per conto di chi ha agito, dunque, Baiardo? «Ha parlato a nome di Graviano. Chi conosce il mondo mafioso, sa bene che se avesse osato parlare in televisione di argomenti così delicati senza autorizzazione o mandato, avrebbe avuto vita breve», dice a Domani l’ex procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato, oggi senatore eletto con i Cinque Stelle. «Se Baiardo è portavoce dei Graviano, e lo condivido, a chi mandano da tempo messaggi i Graviano? A Berlusconi», dice un autorevole fonte investigativa di alto rango.

Chi è davvero Baiardo?

Il curriculum di Baiardo parla per lui. Pur essendo stato un favoreggiatore dei criminali stragisti, i Graviano, ha avuto una condanna inferiore ai due anni, in appello peraltro è caduta anche l’aggravante mafiosa: un miracolato. Eppure aveva reinvestito denaro di mafia, dicono di lui i pentiti. È stato fedelissimo del gruppo Graviano ed è vicino a un altro capo mafia, non famigerato come i fratelli delle bombe, ma con un profilo degno di cosa nostra: Cesare Lupo, erede dei Graviano.

Strano personaggio questo Lupo, pure lui specialista in messaggi da inviare all’esterno: dal carcere duro, nel 2018, si lamentava della possibile nomina, poi saltata, a capo del Dap di Nino Di Matteo: «Che vogliono fare? Stringerci ancora di più? Noi siamo già stretti, più di questo non possono fare».

A leggere le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia si scoprono altre doti di preveggenza del gelataio informatore. Il pentito Fabio Tranchina sostiene di esseri affidato a lui per individuare in quegli anni la casa di un collaboratore di giustizia che cosa nostra aveva deciso di eliminare. C’era già all’epoca, dunque, un’attitudine di Baiardo a giocare su più piani e a manipolare segreti, a vedere poco il carcere nonostante la saldatura e la fedeltà dimostrata ai padrini di cosa nostra.

«L’atteggiamento di Baiardo era talmente ondivago, che non era considerabile da un punto di vista dell'affidabilità», ha detto Francesco Messina durante una delle udienze del processo a Reggio Calabria sulla ‘ndrangheta stragista, in cui si ipotizza la partecipazione della mafia calabrese al progetto eversivo di cosa nostra, tra gli imputati pure Graviano, i boss amici di Baiardo.

Messina, dopo un carriera tra Direzione investigativa antimafia e servizi segreti a Palermo, oggi è a capo della Direzione centrale anticrimine. «Era difficile trovare una logica nel suo comportamento. Non si capiva se lo facesse perché voleva realmente fare il salto o invece se lo facesse perché etero diretto, cioè noi avevamo avuto il dubbio che questo atteggiamento fosse un atteggiamento poco affidabile», ha detto Messina. Per chi parla Baiardo, dunque?

Di certo, già all’epoca, come fanno oggi i Graviano, aveva riferito di incontri con Marcello Dell’Utri.

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