A Palazzo Marino la tensione è alta, fuori e dentro. C’è in discussione la mozione che chiede la fine del gemellaggio con Tel Aviv. Dentro ci sono 36 persone elette al consiglio comunale, giornaliste, giornalisti e una trentina di cittadini. Fuori, oltre 300 persone e un grande striscione: “Milano Antisionista”.
Sono quasi le 18.30 quando la mozione, sospesa lunedì scorso per assenza del numero legale dopo che una parte della maggioranza e tutta l’opposizione erano usciti dall’aula per far saltare il voto, torna in discussione. Il testo, in settimana, era stato scorporato in 11 punti distinti. Il punto tre è quello più caldo, quello sul gemellaggio: 21 contrari, 9 a favore, 6 astenuti. L’opposizione vota compatta, la maggioranza no.

I voti a favore della sospensione dei rapporti sono di Cucchiara, Gorini dei Verdi, Fedrighini del Gruppo Misto, Fumagalli della lista Beppe Sala Sindaco, Carlo Monguzzi — fresco d’uscita dalla maggioranza — e gli esponenti Pd Bottelli, Albiani, Giungi e Pantaleo. Ancora una volta, nell’ultimo periodo, come sulla vendita di San Siro, la maggioranza vota in ordine sparso, ma è sempre Sala a dettare la direzione. È l’unico punto della mozione, dopo lo scorporo, a non passare.

In aula scoppia il caos. Carlo Monguzzi apre una bandiera della Palestina, mentre dalle tribune chi assisteva al voto alza cartelli e grida slogan. Dopo alcuni minuti concitati, le persone vengono spinte fuori dai vigili e dalla sicurezza del Comune. All’esterno la tensione sale: la polizia carica il presidio che prova a entrare a Palazzo Marino. Poi la piazza si muove in corteo per le vie del centro.

La rabbia della piazza

ANSA

La bocciatura della mozione arriva nel pieno della protesta massiva che ha invaso Milano e tutta Italia. Un tradimento per chi è in piazza. Lo sgomento è forte. Solo una settimana fa sembrava fatta per la mozione, poi alcuni giochi di palazzo dentro la maggioranza hanno fatto saltare il numero legale. Una mossa, quella spinta dal sindaco e dalla sua giunta, per trovare una mediazione in settimana.

La proposta di scorporare la mozione è nata proprio per cercare di accogliere, da parte del sindaco e della giunta, ciò che era per loro potabile. Nel dibattimento in consiglio comunale sono molti e molte del Pd a chiedere a Verdi e Monguzzi di ritirare il punto. Questo non avviene e si arriva alla resa dei conti del voto. In un clima di tensione arriva anche la notizia che il consiglio comunale non trova l'accordo neppure per mettere in votazione il gemellaggio con Gaza.

«La tregua e lo scambio di ostaggi sono una bellissima notizia che dobbiamo festeggiare – ha dichiarato Tommaso Gorini, tra i promotori della mozione – ma non cancellano quello che è successo e continua a succedere a pochi chilometri da Tel Aviv. Per questo abbiamo ritenuto di continuare a chiedere l’interruzione del gemellaggio. C’è rammarico perché la bocciatura è arrivata dopo settimane di rinvii e nonostante le enormi manifestazioni delle ultime settimane e una lettera di sostegno sottoscritta da decine di consiglieri di municipio di maggioranza. Purtroppo gli scontri di oggi hanno rappresentato chiaramente la distanza enorme tra il “palazzo” e la “piazza”».

Una distanza che a Milano si è fatta fisica, visibile, nelle cariche e nei cori che hanno accompagnato la fine della seduta consiliare. Da una parte la scelta istituzionale di mantenere il legame con Tel Aviv, dall’altra una piazza che chiede da mesi alla città di schierarsi contro l’apartheid israeliana e il massacro a Gaza.

La bocciatura della mozione, i manganelli della polizia, la rabbia e la frustrazione muovono le persone ad arrivare sotto il palazzo del Comune. Quando la piazza si sposta in strada, sono un migliaio le persone che vogliono muoversi in corteo — e che lo faranno, arrivando fino a piazzale Loreto. Un corteo compatto, colorato, intergenerazionale, ma con numeri minori rispetto a quanto si è visto nelle ultime settimane in città. Un corteo teso e carico di tristezza per il voto del consiglio comunale.

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