La piazza che circonda Palazzo Marino, a Milano, brulica di gente. Ci sono decine di attivisti che, riuniti nei comitati nati a tutela dello stadio San Siro, attendono l’ultima parola del Consiglio comunale. Vendere o non vendere la struttura e le aree limitrofe ai club di Inter e Milan? Dopo undici ore di seduta fiume, nella notte l’assemblea ha dato il via libera alla vendita dello stadio, con 24 voti a favore e 20 contrari. 

Mentre attendevano la decisione, sono stati proprio i comitati a sottolineare le criticità legate al Meazza e all’operazione di compravendita che è anche al centro di un fascicolo giudiziario che, in base a quanto apprende Domani, potrebbe ben presto cambiare connotati con l’iscrizione dei primi indagati.

È dal “Sì Meazza” che arrivano i maggiori dubbi. Il comitato, del resto, tramite diverse richieste di accesso agli atti, ha scoperto una serie di problematiche alla base del rapporto tra il Comune guidato da Beppe Sala e le società calcistiche.

Capitolo pubblicità. Gli attivisti, capeggiati dall’ex vicesindaco meneghino Luigi Corbani, sono certi. «Milan e Inter – dicono –non hanno corrisposto al Comune quanto avrebbero dovuto».

Lo dimostrerebbero le tabelle che la direzione Bilancio e Partecipate, insieme a quella Autorizzazioni e Concessioni, ha allegato, ai primi di settembre, nella risposta inoltrata a Corbani a seguito del suo accesso civico. Secondo quanto si legge, i club avrebbe pagato la pubblicità interna allo Stadio dal 2005 al 2011. Dopodiché, sempre a leggere la tabella del Comune, dal 2012 al 2024 gli importi sarebbero stati pari a zero.

«Con riferimento alle annualità tra il 2012 e il 2018 è stato, a suo tempo – scrivono le direzioni –, avviato un procedimento accertativo, concluso in sede di autotutela mediante annullamento dell’intera pretesa impositiva. Ciò ha comportato, di conseguenza, l'applicazione del termine del 31 dicembre 2011 quale data di cessazione dell’imponibilità dei mezzi accertati».

Tradotto: il Comune non avrebbe intimato alle società di pagare quanto gli sarebbe spettato. E c’è dell’altro. «Sono in corso verifiche e controlli – si legge nel documento – circa il dovuto per le annualità dal 2019 al 2025, anche in relazione all’assenza di dichiarazioni e comunicazioni del contribuente che consentano di individuare il dettaglio dei mezzi pubblicitari esposti all’interno dello Stadio». Fatti, per il Sì Meazza, assai gravi.

«Milan e Inter potevano partecipare all’avviso pubblico lanciato lo scorso 24 marzo dall’amministrazione comunale per individuare i soggetti privati interessati all’acquisto dello Stadio e dell’area di San Siro? Ai comuni cittadini, se non pagano le imposte o hanno un contenzioso, sono vietati gli accessi ai concorsi e ai bandi o la fruizione dei servizi comunali», dicono gli attivisti che, dunque, si domandano quanto possa essere legittima l’operazione di compravendita.

Un altro accesso civico, poi, Corbani l’ha fatto sul tema delle «licenze edilizie concesse dal Comune di Milano a Inter e Milan (dal 2000) per la costruzione di tutti i manufatti, interni ed esterni alla recinzione dello Stadio Meazza». Cos’ha scoperto il comitato? Lo riferisce direttamente Corbani.

«La risposta del Comune è stata solo il Permesso di costruire in sanatoria numero 122 dell’8 aprile 2019 rilasciato a Inter e Milan». Eppure, dice l’ex vicesindaco, «ci sono numerose strutture posizionate all’interno della cancellata e il Comune non ha (se le avesse avrebbe avuto l’obbligo di trasmettercele) alcuna documentazione».

Il riferimento, tra gli altri, è «a un’enorme struttura a due piani posizionata almeno da oltre un anno nello spazio Nord, presumibilmente un deposito di materiale». È sera inoltrata e i comitati sono ancora in piazza. Aspettano il verdetto sulla delibera. «I beni pubblici non si vendono», uno degli striscioni esposti. Per gli attivisti la notte non sarà tenera. Nell’attesa è già pronto un nuovo esposto integrativo sulla vicenda diretto in procura e alla Corte dei Conti. Alle quattro del mattino la fumata bianca.

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