«Non esiste un quarto uomo in questa storia. Per noi non esiste, negli atti non c’è». Il procuratore capo di Verona, Angela Barbaglio, legge con rassegnazione le ricostruzioni giornalistiche del caso Morisi. E assicura che la presenza di un quarto uomo sulla scena, prima o durante la perquisizione dei carabinieri, non è mai stata portata a conoscenza della magistratura. Poi intorno alle otto di sera di ieri 29 settembre arriva l’intervista pubblicata da Repubblica a uno dei ragazzi coinvolti nel festino a casa Morisi: «Eravamo solo in tre, non c’è nessun altro quarto uomo, per dodici ore Morisi ci ha pagato 4mila euro». Sembra la pietra tombale su una storia di droga e sesso, di disperazione e prostituzione.

Eppure nella vicenda che ha travolto il braccio destro di Salvini, l’informatico e imprenditore Luca Morisi, i conti non tornano fin dall’inizio. I giornalisti di Repubblica che hanno rivelato la notizia dell’indagine per droga, lo scorso 27 settembre, hanno parlato di «tre ragazzi» fermati nel corso di un controllo stradale. In seguito diversi giornali, tra cui Domani, hanno precisato che i fermati risultavano essere due.

Così almeno emergerebbe dagli atti dell’inchiesta affidata al sostituto procuratore Stefano Aresu. Ma la presenza di una terza persona sul luogo (la quarta, contando anche Morisi) si impone sùbito nuovamente grazie alle testimonianze dei vicini che abitano nel cascinale di Belfiore e hanno assistito alla perquisizione del 14 agosto scorso, in alcuni casi scattando delle fotografie finite sui giornali locali. Al Corriere del Veneto i vicini raccontano di «tre uomini, due ragazzi e uno più avanti con l’età che sembrava un cinquantenne». Uno di loro, forse il misterioso quarto uomo, portava un cappello rosso. I tre insieme non sarebbero stati visti solo prima dell’intervento dei militari, ma anche durante la perquisizione effettuata «prima da carabinieri in borghese, poi da quelli in divisa». Il giallo si infittisce. Chi è quest’uomo tra i quaranta e i cinquant’anni? E com’è possibile che, pur essendo presente sul luogo durante la perquisizione e il sequestro della droga, non sia stato identificato?

Versioni che non tornano

Nel frattempo filtrano sui giornali alcuni dettagli del verbale di perquisizione. I due ragazzi fermati, di circa vent’anni, sarebbero di origine rumena, conosciuti su un sito di incontri. Uno di loro, quello trovato con la boccetta di droga liquida, risulta indagato. L’altro no. Il quarto uomo, il «fantasma», chi sarebbe?

Un cinquantenne, coetaneo dunque di Morisi, italiano: sarebbero proprio i ragazzi rumeni a raccontare ai carabinieri di aver partecipato alla serata insieme a «un italiano sui 50 anni». La presenza di un’altra persona non identificata è esclusa però anche dalla difesa di Morisi, affidata all’avvocato padovano Fabio Pinelli.

Pare che l’ex capo della «bestia» ai suoi, prima che deflagrasse la notizia dell’indagine, avesse confidato il timore di essere stato incastrato da qualcuno, tesi poi rilanciata anche dal segretario della Lega, Matteo Salvini: «È un attacco alla Lega a cinque giorni dal voto». Un attacco respinto con forza dal procuratore Barbaglio: «E quindi avremmo tenuto a bada la notizia fino a ora? Dire una cosa del genere vuol dire insultare l’intelligenza delle persone», ha spiegato il magistrato al Corriere. Le versioni sulle persone presenti insieme a Morisi intanto continuano a non combaciare.

Senza risposte

Anche Il Fatto Quotidiano ricostruisce la vicenda con dovizia di particolari e colloca il misterioso quarto uomo addirittura sull’auto fermata la prima volta, prima di Ferragosto, dai carabinieri: «Chi guida è un italiano di circa 40 anni, con lui due ragazzi rumeni». Dunque sarebbe stato l’italiano, mai identificato, «a portare i carabinieri in casa Morisi». Dell’appartamento nel cascinale quell’uomo avrebbe a disposizione persino le chiavi e sarebbe stato visto altre volte dai proprietari vicini in compagnia di Morisi.

Di nuovo, i conti non tornano. Sempre secondo il Fatto, il controllo sulla provinciale che ha dato inizio all’operazione sarebbe stato effettuato da militari in divisa insieme a «personale in borghese arrivato con un’altra macchina». Il che sembra più compatibile con un posto di blocco attivato nell’àmbito di un «servizio di polizia per la prevenzione del traffico illecito di sostanze stupefacenti e psicotrope», come riporta il verbale di perquisizione di Morisi pubblicato da Repubblica. Non un normale controllo, dunque, ma un servizio mirato. Per questo sarebbero stati presenti insieme ai colleghi anche i militari del servizio antidroga, che operano in borghese. Circostanze però escluse categoricamente, anche in questo caso, dalla Procura di Verona: «Nessuna più ampia indagine».

E infatti, nonostante la perquisizione abbia esito positivo e consenta di ritrovare un quantitativo modesto di cocaina, i carabinieri si limitano a controllare le ultime chiamate ma non sequestrano i cellulari o il materiale informatico alla ricerca di ulteriori elementi. Non resta che prenderne atto. Forse è solo un grande equivoco, amplificato dal clamore – a scoppio ritardato – di una vicenda in sé «banale» in seguito complicata da uno spericolato telefono senza fili. Oppure siamo di fronte a interrogativi destinati per chissà quanto ancora a restare senza risposta.

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