Agosto nero nei cantieri: gli appalti spezzatino che producono morte

Demetrio Rima era un uomo di 58 anni residente a Casal Principe, in provincia di Caserta. È morto folgorato il 26 agosto durante un intervenuto di manutenzione ad una cabina elettrica, a Francolise, in quella parte della Campania che, ironia della sorte, un tempo veniva definita “Terra di Lavoro”. L’uomo era un dipendente della filiale casertana della Cebat Spa, azienda storica con importanti commesse pubbliche, Acea, Terna, Enel, su tutte. Demetrio Rima è l’ultima vittima dell’agosto 2025 nella Spoon River dei cantieri italiani. Prima di lui, il 21 agosto, ha perso la vita sul luogo di lavoro Muzamal Hussain, 28 anni, operaio di origine pakistana impiegato per la Green Energy, azienda produttrice di pellet con sede nella provincia di Bologna. L’uomo è rimasto incastrato tra le forche di un muletto probabilmente difettoso, ha ipotizzato ad una tv locale il fratello di Muzamal, operaio nella stessa azienda, e così è morto sul colpo. La stessa sorte mortale è stata riservata nei primi venti giorni di agosto, nella sola regione Puglia, a otto lavoratori. Due tra questi decessi sono avvenuti a Ferragosto. A 53 anni, Pasquale Dinoi aveva ancora un contratto stagionale, di sostituzione del personale in ferie. Eppure svolgeva un servizio di pubblica utilità, Di Noi era un operatore ecologico impiegato nella raccolta rifiuti per conto della Gial Srl, nel comune di Manduria, in provincia di Taranto. Qui l’uomo è stato travolto da una auto in corsa alle 6 di mattina del 15 agosto. Più o meno alla stessa ora avveniva il decesso di Gianni Faniuolo, a Valenzano, in provincia di Bari, caduto da un cestello posto a tre metri di altezza, mentre stava allestendo le luminarie della festa patronale. In Puglia due morti sul lavoro nel giorno di Ferragosto «È però il settore delle costruzioni quello che rimane il più esposto agli incidenti sul lavoro», dice Vito Panzarella, segretario generale degli edili della Uil. Si riferisce in particolare ai tre operai morti il 25 luglio scorso in un cantiere di Napoli, due quali si trovavano senza contratto, un grave incidente su cui la procura partenopea mantiene aperte le indagini. «È fondamentale una seria opera di prevenzione per ridurre i rischi legati a particolari situazioni dovute ad esempio al lavoro nero e irregolare, o ai subappalti a cascata». Aggiunge il sindacalista: «servono organicità, maggiori controlli e ispezioni, ma anche una normativa sulla qualificazione d’impresa, perché oggi chiunque può iscriversi alla Camera di commercio e fare l'imprenditore edile». E poi Panzarella afferma di nutrire dei dubbi «sull’efficacia della patente a crediti realizzata da questo Governo, che ad oggi non ha migliorato in alcun modo la sicurezza nei cantieri», conclude. Il ballo delle cifre Secondo i dati ufficiali Inail aggiornati al primo semestre di quest’anno, le denunce di infortuni sul lavoro con esito mortale sono state 357, a queste cifre si devono aggiungere, poi, quelle degli infortuni mortali in itinere, cioè avvenuti mentre si raggiungeva il luogo di lavoro, che sono stati 138 nei primi sei mesi del 2025, il 30 per cento in più dello scorso anno. Da questi numeri sono esclusi gli studenti coinvolti nei percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento, e sono ben 7 gli studenti morti sul lavoro quest’anno, in maggioranza minorenni. Tuttavia, i dati ufficiali sembrano sottostimare ampiamente il fenomeno. Già, perché ad esempio le cifre fornite ed aggiornate al 31 luglio scorso dall’Osservatorio Nazionale di Bologna sui morti sul lavoro, raccontano un’altra storia. Sono 873, in totale, i lavoratori e le lavoratrici che hanno perso la vita mentre si guadagnavano il pane, tra questi 621 sono deceduti direttamente sul luogo di lavoro. E il motivo è presto detto: a differenza dei dati Inail, quelli dell’Osservatorio indipendente di Bologna tengono conto anche delle persone che sono impiegate in nero, oppure che vengono assicurate con altri enti. Più incidenti e meno ispezioni: chi sono i veri mandanti dei morti sul lavoro L’ispettrice «Senza dubbio il lavoratore, spesso, ha paura di far emergere l’infortunio, e quindi di denunciare direttamente il proprio datore di lavoro, ma anche quest’ultimo, che sia regolare o meno, ha un interesse di natura economica a non denunciare gli infortuni, in tal modo, infatti, alzandosi il tasso infortunistico, aumentano anche le aliquote dei premi Inail, si cominciano a perdere i benefici per partecipare agli appalti pubblici, e viene tracciata la non virtuosità dell’azienda nelle banche dati», racconta a Domani Francesca Levato, ispettrice del lavoro con 25 anni di carriera alle spalle, attualmente componente della task force antimafia istituita presso la prefettura di Roma. E c’è un punto su cui Levato insiste particolarmente «La troppa esternalizzazione delle fasi lavorative non solo fa perdere l’unicità del prodotto da realizzare, o del servizio da rendere, ma è come si creassero tanti cunicoli negli appalti, in cui tante imprese operano attraverso diverse forme contrattuali, nolo a caldo, a freddo, subappalto, somministrazione di mezzi e manodopera, e questo meccanismo diventa il brodo di cultura ideale in cui si inserisce la criminalità organizzata». Morire di alternanza scuola lavoro: rivendicare i diritti degli studenti per ottenere più sicurezza Prosegue l’ispettrice: «laddove per esempio in una catena degli appalti entrano i lavoratori in distacco, significa che l’azienda a cui appartiene la persona distaccata, risulta sconosciuta al committente dell’appalto, non censita nella banca dati dell’Autorità Anticorruzione e nelle liste antimafia delle prefetture, è lì che si crea il gap tra legalità e illegalità, è lì che penetrano le mafie negli appalti pubblici. E qui i lavoratori che si infortunano, non sanno neppure chi sia il proprio datore di lavoro», conclude.