È morto Giuseppe De Donno, il medico molto conosciuto durante la lotta al Covid-19 per aver curato i pazienti con la terapia del plasma iperimmune. Era primario di pneumologia dell'ospedale Carlo Poma di Mantova, dal dicembre 2018, e da giugno scorso aveva lasciato l’ospedale per diventare medico di medicina generale a Porto Mantovano. 

Il 54enne si è tolto la vita nel pomeriggio del 27 luglio, come riporta la Gazzetta di Mantova, nella sua abitazione di Curtatone, a pochi chilometri dalla cittadina. Molti lo ricordano come il medico che ha «salvato molte vite» con la terapia, da alcuni considerata controversa. Con il suo collega e amico Massimo Franchini, primario del Trasfusionale del Carlo Poma, prima che fosse disponibile il vaccino, avevano iniziato a curare i pazienti affetti da Covid-19 con la terapia del plasma iperimmune, facevano quindi trasfusioni di sangue di persone guarite dall’infezione, opportunamente trattato, ad altri pazienti infetti per aiutare il loro sistema immunitario a contrastare il virus.

La terapia con il plasma

Nella primavera scorsa si trattava dell’unica cura contro un virus di cui ancora non si sapeva nulla. Si scatenarono molte polemiche su questa terapia, ma De Donno riuscì a ottenere una sperimentazione con l’università di Pavia. Si concentrò così una grande attenzione mediatica, nazionale e internazionale. Ma aveva ammesso che i mesi di lotta al Covid lo avevano stremato fisicamente, arrivando a lavorare fino a 18 ore al giorno.

Una terapia che ha fatto molto discutere la comunità scientifica perché non veniva considerata una soluzione al problema, veniva criticato il fatto che non ci fosse un coordinamento nazionale e che quindi i microstudi non collegati tra loro non fossero affidabili, o ancora che non fosse provata l’efficacia della cura. Si criticava quindi la mancanza di evidenze scientifiche che provassero la sicurezza e l’efficacia della plasmaterapia per combattere il coronavirus.

Ma un recente studio clinico chiamato “Tsunami” promosso dall’Istituto superiore di sanità (Iss) e dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) «non ha evidenziato un beneficio del plasma in termini di riduzione del rischio di peggioramento respiratorio o morte nei primi trenta giorni», si legge nella nota. La ricerca ha coinvolto 27 studi clinici in tutta Italia e 487 pazienti, la maggior parte in Toscana, Umbria, Lombardia e altre regioni.

Chi era De Donno

Non sono ancora chiare le circostanze della morte. Il corpo sarebbe stato trovato in casa sua da alcuni familiari. «Sapevamo che aveva attraversato un momento difficile nei lunghi mesi di lotta al Covid, ma sembrava aver trovato nuovo slancio nella sua nuova professione. Di lui posso dire che ho avuto a che fare con un medico che ha creduto fermamente nella cura del prossimo, tanto che ha sempre visitato tanta gente anche senza farsi pagare. Ci teneva al rapporto con il paziente», ha detto alla Gazzetta di Mantova Roberto Mari, suo caro amico e presidente del consiglio comunale di Porto Mantovano.

Anche De Donno si era impegnato in politica: era stato vicesindaco di Curtatone. Diplomato al liceo classico, aveva poi studiato medicina all’università di Modena. Ha avuto l’incarico dal 2001 al 2009 di alta professionalità per i disturbi respiratori e, dal 2010 al 2013, è stato responsabile del “Programma di assistenza domiciliare respiratoria ad alta intensità per pazienti dipendenti della ventilazione meccanica domiciliare”. Nel 2013 è stato dirigente medico della struttura complessa di Pneumologia e unità intensiva respiratoria dell’Asst Carlo Poma.

«Giuseppe era una persona straordinaria. Ho avuto il privilegio di essere al suo fianco nella prima fase del lockdown e ho visto quanto si è speso per i suoi pazienti. La storia lo ricorderà per il bene che ha fatto », ha detto il sindaco di Curtatone Carlo Bottani, suo caro amico.

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