Ci sono voluti dieci anni. La malattia della mucca pazza è stata scoperta in Gran Bretagna nel 1986. Una reazione proporzionata alla gravità dell’epidemia, però, si è avuta solo nel 1996, quando milioni di capi sono stati abbattuti e l’Ue (che all’epoca comprendeva anche la Gran Bretagna) ha bloccato totalmente le importazioni di carne dal Regno Unito (nei dieci anni precedenti erano stati attuati solo blocchi parziali e soprattutto controlli che si dimostrarono insufficienti).

Dieci anni, quindi, un’eternità. Le inchieste del Guardian e dell’Independent in Inghilterra e di Liberation in Francia dimostreranno distrazioni, dimenticanze, pigrizia mentale nel reagire, se non malafede, nei governi di molti paesi europei e nella stessa Ue. Ma quei dieci anni di irresponsabile prudenza oggi possono essere capiti: in fondo la malattia della mucca pazza metteva in discussione una delle pratiche produttive su cui si fonda la nostra società, l’allevamento intensivo.

È una pratica industriale, in cui animali ridotti a oggetti perdono totalmente il loro status naturale, passando tutta la loro vita in pochi metri quadrati al solo fine di ingrassare ed essere macellati al momento economicamente più opportuno per produrre un bene, la carne. L’animale diventa una mera fonte di energia, e quindi gli si può anche cambiare dieta. Era per questo che già da decenni a questi erbivori veniva dato un nuovo cibo: sé stessi, in modo da produrre latte più proteico, nella folle corsa per ottenere prodotti sempre più performanti e competitivi sul mercato.

La malattia

L’Encefalopatia spongiforme bovina, nome scientifico della mucca pazza, è nata proprio da questa dieta innaturale e dai processi produttivi delle farine animali, che erano troppo grasse, e venivano già dagli anni Cinquanta trattate con alcuni solventi. La scoperta che questi solventi erano cancerogeni ha portato alla loro abolizione. Per eliminare il grasso, allora, i mangimi venivano pressati.

Ma a differenza dei solventi, questo procedimento esclusivamente meccanico e non più chimico non eliminava il prione responsabile della malattia. E così la mucca pazza si è diffusa rapidamente in 24 paesi, tra cui i più colpiti erano stati Gran Bretagna, Francia, Irlanda, Portogallo e Spagna. Si calcola che nel solo Regno Unito le mucche che sono morte di questa malattia dal 1986 al 2015 furono 184mila, 1.000 nuovi casi a settimana nel 1993, l’anno peggiore.

Tre milioni sono state invece le mucche abbattute per prevenire eventuali contagi. In Inghilterra le leggerezze riguardarono anche l’alimentazione umana. Le frattaglie di bovino sono state bandite dalle macellerie nel 1989, ma i controlli facevano acqua da tutte le parti. Si calcola che, in quei dieci anni di assurda prudenza, 750mila bovini infettati siano entrati nella catena alimentare umana britannica. Inoltre la Gran Bretagna per 10 anni aveva tranquillamente continuato a esportare non solo carne, ma anche animali. Tre milioni di capi venduti in 96 paesi, che hanno diffuso la malattia globalmente.

Nel marzo 1996, come detto, l’Unione europea bloccò finalmente tutte le importazioni di carne dal Regno Unito. Un embargo durato due anni, tramutatosi poi, per le proteste del governo inglese, nel divieto di importare solo carne con l’osso. Un errore clamoroso, perché il prione ha continuato a diffondersi e fare vittime, sia animali che umane. In pieno allarme, sempre nel 1996, lo scienziato francese Luc Montagner non escluse che la mucca pazza potesse diventare un nuovo Aids. In Spagna la carne dei tori uccisi nelle corride o nelle feste non si è venduta più nelle macellerie, come si faceva tradizionalmente, ma è stata buttata via.

La malattia colpiva i centri nervosi degli animali, fino a ucciderli. Ma soprattutto si capì presto che la sindrome passava dall’animale all’essere umano che consumava carne di animali malati, soprattutto il cervello, la colonna vertebrale, il condotto digestivo o la carne vicina a questi organi. Non esiste un numero certo delle persone uccise dalla malattia della mucca pazza, perché negli umani si manifestava come Sindrome di Creutzfeldt-Jakob, una malattia già riconosciuta nell’essere umano, con sintomi come mutismo, parestesia e demenza. Era quindi difficile stabilire se un malato avesse contratto la malattia per aver mangiato carne infetta oppure no. Alla fine si è calcolato che i morti in Europa per la mucca pazza sono stati 177, ma è un numero considerato errato, da alcuni studiosi per difetto, da altri per eccesso.

In Italia le importazioni furono vietate, ma in soli due mesi, dal dicembre 2000 al gennaio 2001, 457 persone furono denunciate per aver acquistato clandestinamente carne all’ingrosso dalla Gran Bretagna e dall’Irlanda, o per gestire aziende che producevano mangimi animali per bovini. Furono trovati 50 animali infetti nel 2001, 36 nel 2002 e poi sempre meno negli anni successivi.

La crisi della Fiorentina

In fondo il nostro paese è stato solo sfiorato dall’epidemia.

Chi c’era ricorda ancora la psicosi che si scatenò per qualche anno. Si scopriva sostanzialmente che dagli allevamenti intensivi proveniva non solo la carne nel cellophane della grande distribuzione, ma anche i tagli venduti nelle piccole macellerie. Dal 2001 al 2005, la Fiorentina, che conteneva la colonna vertebrale incriminata, è stata vietata dall’Ue se ottenuta da animali con più di 12 mesi di età. La settimana prima dell’inizio del divieto se ne vendette il 40 per cento in più, perché la gente ne faceva scorta in vista del bando.

L’Italia protestò con l’Ue cercando di attenuare il divieto, ma senza successo. Un po’ per ripicca, un po’ per convenienza economica, molti allevatori italiani preferirono allora abbattere i capi più vecchi (con più probabilità di essere malati) ancora prima di sottoporli al test. Anche nel caso di un solo caso positivo, infatti, l’intero allevamento doveva chiudere. Dario Cecchini, famoso macellaio del Chianti, celebrò un commosso funerale della Fiorentina.

Casi di disobbedienza alla legge erano numerosi, evidenti e addirittura pubblicizzati. Alcuni ristoratori toscani pensarono di servire la bistecca con l’osso scrivendo sul menù «Di contrabbando, nuoce gravemente alla salute». Sempre nel 2001, i coltivatori della Cascina Malpensata di Pontevico mangiarono e offrirono bistecche crude per protesta. Alcuni macellai provarono a ricavare delle Fiorentine senza osso, ma con scarso successo.

I vip si dividevano: Sandra Mondaini rinunciò a ogni forma di carne rossa, Renzo Arbore fece una scorta prima del divieto ed Enrico Bertolino confessava la sua disperazione, visto che la mucca era pazza, l’insalata di Chernobyl e il pesce pieno di mercurio. Durante il picco di contagi, in Italia il consumo di carne bovina in qualche città scese del 90 per cento, mentre i prezzi di maiale e pollo salirono vertiginosamente, spinti da una speculazione impietosa. Ma poi i controlli si fecero più seri ovunque, molti capi furono abbattuti e l’epidemia scemò: nel 2002 la carne britannica tornò in Europa. Oggi si registrano pochissimi casi nel mondo, ma la mucca pazza sembra non preoccupare più gli scienziati.

Il bilancio oggi

Passata la tempesta si può dire che certamente l’Europa e anche molti altri paesi si sono trovati impreparati di fronte a un’epidemia di tale portata. Ancora oggi ci si chiede come il governo britannico abbia potuto ignorare i rischi che la malattia implicava: per anni infatti non sono stati abbattuti tutti gli animali presenti in un allevamento contaminato, come accadeva invece in Francia e Irlanda; inoltre i ministri inglesi continuavano a ripetere che la carne infetta si poteva mangiare tranquillamente, anche se smentiti dal biologo Richard Lacey, che per questo era stato ridicolizzato e ritenuto un allarmista in cerca di visibilità. Insomma, per qualche anno l’idea di salute pubblica in Europa è passata in secondo piano rispetto agli interessi nazionali e dell’Unione.

Oggi le farine animali sono tornate in circolazione dopo una decina di anni di divieto assoluto. Dal 2013 e poi dal 2021 l’Ue ha gradatamente autorizzato quelle ottenute con carni di tutti gli animali tranne bovini e ovini. Queste farine sono destinate all’alimentazione di polli e suini, mentre sono da poco state commercializzate le nuove farine di insetti, che non dovrebbero presentare rischi.

Chi continua a credere nell’allevamento intensivo afferma che la mucca pazza è stata un campanello d’allarme che ha spinto chi lavora nel sistema-carne a una maggiore attenzione. Gli scettici, non credendo che possa esistere una versione salutare dell’allevamento intensivo, sostengono invece che l’allarme fu ignorato o aggirato, e che il vero errore, ridurre gli animali a fonti di energia per il nostro corpo, è ancora lì nel nostro piatto.

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