C’è un mistero  attorno al naufragio di Steccato di Cutro in cui hanno perso la vita 72 persone, tra questi sedici bambini. Si tratta di un cosiddetto Sar case, identificato con il numero 384. È la formula che certifica un’operazione di search and rescue, ricerca e soccorso in mare.

Esistono dispacci dal Centro di coordinamento dei soccorsi marittimi della Guardia Costiera (Imrcc) con questo codice, Sar case 384, inviati alle «navi in navigazione nel mar Ionio», perché quella è la zona da cui è arrivato una segnale di mayday da un natante in possibile “distress”.

Dispacci che precedono di un giorno abbondante le segnalazioni ufficiali, a partire dalla quella di Frontex del 25 febbraio sera, della nave finita in tragedia. Il primo – firmato Guardia costiera – è del 24 febbraio, ore 20.44: Sar case 384.

Sui social il giornalista Sergio Scandura aveva rilevato la stranezza di un dispaccio della mattina del 25. Domani ha raccolto le altre comunicazioni, che iniziano la sera del 24, e sentito la Guardia costiera, che, dice: «La stessa imbarcazione? Non può escludersi al 100 per cento».

Con il primo messaggio inviato il 24 alle 20.44 a tutte le navi in circolazione si descrive una barca in difficoltà nel mar Ionio, stessa area marittima in cui si trovava quella naufragata.  Per questo potrebbe essere quella che poi si spezzerà nelle acque calabresi la notte del 26 febbraio.  I dispacci arrivano fino alla mattina del 25 febbraio per poi non avere più seguito.

Il mistero

(AP Photo/Valeria Ferraro)

Possibile che la barca indicata in questi dispacci e quella di Cutro fossero le stesse? È un mistero che dalla Guardia costiera non riescono definitivamente a chiarire: «Non essendo stata trovata l’imbarcazione dell’evento Sar 384 non si può avere la certezza che fossero due situazioni diverse, la certezza l’avremmo avuta se l’avessimo individuata e allora si poteva escludere senza ombra di dubbio».

Un funzionario della Guardia costiera spiega che dopo avere ricevuto la segnalazione, tramite un canale radio, hanno avvisato le navi in circolazione nel mar Ionio ma l’imbarcazione non è stata individuata.

«C’è stato anche un volo della Guardia di finanza ma non è stato riscontrato nulla». Eppure nei giorni del 24 e 25 non risulta, né alla Guardia costiera né al ministero dell’Interno, alcuno sbarco sulla costa calabrese. Che fine ha fatto dunque la barca in sofferenza del mar Ionio.

Secondo alcune fonti investigative, consultate da Domani, incrociando i dispacci del 24 e 25 con la posizione del natante che si spezzerà sulla costa calabrese molti elementi farebbero pensare che si tratta della stessa imbarcazione.

La Guardia costiera sostiene, al contrario, che per la modalità con cui è arrivata la segnalazione la barca doveva per forza trovarsi vicino alla costa, dunque escluderebbe l’ipotesi della barca poi naufragata. Altri esperti sostengono invece che nel canale radio indicato nei dispacci del 24 febbraio si possa comunicare da ovunque. 

La questione Sar

L'apertura dell'evento Sar 384, avrebbe dovuto mettere in allarme e attivare un immediato intervento quando Frontex ha avvistato un barcone in direzione Isola Capo Rizzuto.  La segnalazione dell’agenzia europea delle frontiere è arrivata alle 23:03. Il governo l’ha definita generica, senza l’indicazione di un'emergenza in atto.

Ma la comunicazione di Frontex, l’avvistamento è delle 22:26, conteneva tre elementi essenziali. Primo: soltanto una persona era visibile a bordo, ma «le termocamere dell'aereo Frontex hanno rilevato una significativa risposta termica dai portelli aperti a prua e altri segni che potrebbero esserci persone sotto il ponte». Secondo: non risultavano visibili giubbotti di salvataggio a bordo. Terzo elemento, collegato all’evento Sar 384: Frontex aveva captato una chiamata satellitare diretta in Turchia. Tutto questo non è servito per far scattare l'evento Sar o valorizzare quello aperto ore prima e scomparso nel nulla. 

Frontex indica posizione dell'imbarcazione, immagini all'infrarosso, rotta e velocità che avrebbero consentito di calcolare le ore necessarie per l'arrivo sulle coste italiane del caicco e  prevedere l’arrivo della tempesta. La Guardia costiera non si muove, lo fa la Guardia di finanza che ha un limite di 12 miglia, massimo di 24, perché è un'operazione di polizia di frontiera, e quindi aspetta.

Tempo sprecato

Passano ore decisive, le fiamme gialle sono uscite con due imbarcazioni, solo alle 2:20. Hanno rischiato di incrociarsi pericolosamente nelle acque in burrasca, sono rientrate e poi hanno ripreso il mare per fare ritorno in porto alle 3 passate.

Come Domani ha svelato, alle 3:40, la sala operativa del comando provinciale di Vibo Valentia comunica all'autorità marittima di Reggio Calabria il rientro delle unità navali chiedendo alla Guardia costiera l’intervento di proprie unità navali per raggiungere il target, senza ricevere riscontro.

La Guardia costiera smentisce questa ricostruzione, ma non fornisce indicazioni, dati, elementi. E ammette di non essere certa che il caso Sar 384 non fosse quello finito in tragedia a Steccato di Cutro. 

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