Quanto è vero che nei ristoranti il virus viaggia più velocemente? Nei mesi passati sono stati diversi gli studi che hanno dimostrato come nei luoghi chiusi il Covid-19 si propaghi con maggiore facilità, producendo effetti sull'andamento dei contagi e sul numero dei decessi anche sul lungo periodo.

A novembre, la prestigiosa rivista Nature aveva pubblicato uno studio che indicava i ristoranti come i luoghi dove è più probabile contrarre il coronavirus. Una tesi confermata anche da un recente studio dei Centers for desease control and prevention (Cdc), negli Stati Uniti, pubblicato il 12 marzo. Sembrerebbe, infatti, che i contagi e i decessi causati dal Covid-19 aumentino durante i periodi di allentamento delle chiusure e diminuiscano in fasi più stringenti. In particolare, la ricerca mostra che quando le persone hanno la possibilità di pranzare o cenare nei ristoranti, che siano al chiuso o all'aperto, si contagino di più a quando questa possibilità viene loro negata.

Lo studio mostra, inoltre, quanto sia importante utilizzare le mascherine il più possibile, avvalorando la tesi secondo la quale nei luoghi di ristoro il Covid-19 si propaghi con più facilità, esponendo a maggiori rischi le persone presenti. Se si sta consumando, infatti, la mascherina può essere abbassata o tolta, ma è risaputo che la via principale di trasmissione e, dunque di contagio, sia la via aerea, attraverso il rilascio di goccioline salivari. A ciò, si aggiunge che nei ristoranti, molto spesso, non è possibile mantenere le distanze tra i commensali, pur distanziando i tavoli all'interno della sala. 

Lo studio sull'andamento della curva

L'imposizione delle mascherine è stata associata a una diminuzione statisticamente rilevante dei tassi di crescita giornaliera dei casi e dei decessi da Covid-19 entro 20 giorni dall'inizio delle chiusure. Consentire la ristorazione nei locali è stato associato, invece, a un aumento dei tassi di contagio giornalieri, da 41 a 100 giorni dopo le restrizioni, e a un aumento dei dei decessi da 61 a 100 giorni dopo l'implementazione dei divieti. L'obbligo di indossare la mascherina e la limitazione di pranzi e cene nei ristoranti sembrerebbero, dunque, aiutare a limitare la trasmissione del virus.

Lo studio è stato condotto a partire dai primi mesi di pandemia, marzo e aprile 2020, quando 49 stati hanno chiuso i ristoranti, e i mesi estivi, durante i quali tutti gli stati presi in esami avevano eliminato queste restrizioni. È emerso che nel periodo che va dal primo marzo al 31 dicembre 2020, i dati di ciascuno stato sull'obbligo di indossare le mascherine e le riaperture dei locali abbiano prodotto effetti sull'aumento dei casi e dei decessi. Nei periodi di chiusura, infatti, la curva ha continuato ad alzarsi per i cento giorni successivi all'ultimo di apertura, mostrando gli effetti delle stesse anche a distanza di settimane. I dati sui casi e i decessi sono stati raccolti dai siti web dei dipartimenti sanitari statali e locali, resi accessibili grazie al dipartimento della Salute e dei Servizi umani degli Stati Uniti Protect.

L'analisi dei dati sembrerebbe confermare che incrementare le chiusure e obbligare all'uso dei Dispositivi di protezione individuale contribuiscano a rallentare il contagio. In particolare, gli studio evidenziano come sia necessario sottoporsi a tali sforzi di fronte alla comparsa delle varianti del virus, risultate altamente trasmissibili. 

La propagazione del contagio, inoltre, aumentava a prescindere dal fatto che il ristorante disponesse di uno spazio all'aperto o meno, confermando semplicemente che durante un pasto condiviso fra amici o anche parenti è difficile limitare i contatti e prestare attenzione alle regole di prevenzione. 

Mai abbassare la guardia

Altro dato emerso dallo studio dei Cdc è che le persone mostrino maggiore attenzione a ridosso delle riaperture, mentre con il passare della settimana lo stato di allerta si abbassi notevolmente, facendo aumentare la diffusione del virus. 

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