Un uomo, un perché col punto di domanda. Why Scaroni? Nel flusso ininterrotto del mutamento che porta il Milan dalla proprietà della famiglia Berlusconi a (probabilmente) il fondo sovrano saudita Pif, l'elemento costante rimane lui: il presidente dell'Enel, Paolo Scaroni, che alla bella età di 77 anni continua a cumulare cariche e intanto si tiene stretta quella da presidente della società rossonera. Rimanendo impermeabile a tutto. Pure all'ultima indagine avviata dalla procura milanese sull'assetto proprietario del Milan.

Al contrario di quanto è toccato agli ultimi due amministratori delegati, Ivan Gazidis e Giorgio Furlani, Scaroni non è indagato. Questione di latinorum penale, come viene spiegato. Le fattispecie di reato ipotizzate dai pm milanesi, relative a presunte rappresentazioni non veritiere sull'assetto proprietario del club da cui sarebbe derivato un ostacolo all'azione di vigilanza della Figc, rientrerebbero nel rango dei reati propri.

Cioè quelli che possono essere commessi soltanto dai titolari di cariche specifiche in un organigramma societario.

Come una salamandra

Così il presidente rimane fuori dall'indagine. E allo stesso modo pretende di rimanerne fuori la società, che nel comunicato emesso durante le ore successive alla visita dei militari della Guardia di Finanza in Casa Milan si dice terza e estranea. Al di là del carattere surreale della cosa rimane il fatto che Scaroni, come una salamandra, abbia attraversato tutti gli eventi avvenuti in casa rossonera dal 2017 in avanti.

Una presenza costante e inossidabile, con ruoli e intrecci che nel tempo sono cambiati ma conservano il segno di una continuità. E quella continuità sta proprio nella sua figura, onnipresente dal momento in cui si confezionava il passaggio di proprietà da Berlusconi al misterioso cinese Yonghong Li.

Passaggio colmo di stranezze non soltanto a causa del profilo opaco del nuovo proprietario e per lo schema finanziario che metteva immediatamente la proprietà cinese sotto scacco del fondo statunitense Elliott Management, capitanato da Paul Singer, ma anche per la curiosa composizione del nuovo consiglio di amministrazione: 8 membri, di cui 4 italiani e 4 cinesi, e un patto sulle decisione da prendere con voto di maggioranza che metteva in posizione di chiara subordinazione i consiglieri espressi da Li.

E se ci si chiedeva perché mai i cinesi (ufficialmente proprietari del club rossonero) accettassero un assetto societario così sbilanciato, altrettante perplessità erano suscitate dalla presenza di Scaroni. Era forse il segno di una continuità rispetto al trentennio berlusconiano, in quanto proprietario di una piccola quota di azioni del club rossonero?

Di ipotesi come questa se ne sono succedute, nel settennato post-Berlusconi. E ogni volta è stata un'attribuzione di ruoli e funzioni da distinguere. Nei giorni caldi in cui il gruppo cinese onorava affannosamente le scadenze del debito contratto con Elliott, Scaroni veniva presentato come un rappresentante del fondo in consiglio d'amministrazione. Quando infine Elliott si è preso la società rossonera perché Li ha esaurito le possibilità finanziarie, Scaroni è diventato presidente e amministratore delegato ad interim, mentre l'improbabile duo Fassone-Mirabelli veniva messo alla porta.

Una questione di fondi

La concordia d’intenti col fondo statunitense è sempre stata chiara. E ancor più chiaro è stato il fatto che il ruolo di presidente del Milan non gli abbia ostruito il cumulo di altre cariche del massimo rilievo. Come la presidenza dell’Enel, giunta a maggio 2023. Nel frattempo il Milan aveva cambiato di nuovo proprietà senza che per lui le cose mutassero.

Ma prima di arrivare a questo passaggio ce ne sono stati altri in cui l’intreccio fra calcio e grande finanza ha chiamato in causa il presidente rossonero.

Fra questi, la vicenda che avrebbe dovuto portare all’ingresso del fondo Cvc in Lega Calcio, con la prospettiva di costituire una media company da gestire direttamente. Era ottobre 2020, a cavallo fra la prima e la seconda ondata della pandemia, e il varo dell’operazione sembrava cosa fatta. Poi le cose sono andate in direzione opposta e l’operazione è fallita per l’opposizione di quanti continuano a preferire una Lega perennemente rissosa e controllabile anziché costretta a realizzare strategie di business sulle quali incidessero soggetti finanziari di peso.

A ogni modo, in quella circostanza Scaroni entrava nella partita non soltanto come presidente del Milan ma anche nel ruolo di vicepresidente di Rotschild, che nell’operazione aveva operato da advisor di Cvc. Quando nel 2014 il manager vicentino aveva lasciato Eni per assumere la vicepresidenza della banca d’affari dichiarava di avere fatto questa scelta «per ringiovanire». Nove anni dopo, percorrendo in senso inverso il percorso dal mondo delle banche d’affari a quello dei colossi dell’energia, Scaroni ha lasciato la carica in Rotschild per assumere la presidenza di Enel.

Stavolta la motivazione del ringiovanimento deve essergli parsa esagerata, ma la sola certezza è che nemmeno per un momento ha pensato di lasciare il Milan e il mondo del pallone per affrontare un impegno così gravoso. Di sicuro ci sarà un buon motivo.

Ottimi rapporti anche con RedBird

Almeno fin qui non è coinvolto dall’indagine sulle presunte omissioni commesse dagli amministratori milanisti verso la vigilanza della Figc. Un altro dato di fatto è che pure con la nuova proprietà di RedBird Capital, capitanata da Gerry Cardinale, i rapporti sono rimasti molto buoni. Al punto da portare alla sua nomina di presidente pure con RedBird International, avvenuta lo scorso febbraio e annunciata in grande stile attraverso le colonne del Financial Times.

Nel darne notizia il gruppo di Cardinale ha spiegato che Scaroni, da presidente del Milan, ha contribuito allo sviluppo delle attività del gruppo nel settore dello sport globale. Oltre al Milan comprende il Tolosa (club della Ligue 1 francese), il Liverpool tramite la partecipazione nella sua scatola di controllo Fenway Group e infine la franchigia indiana di cricket Rajasthan Royals.

Quale sia la missione che Scaroni dovrà portare avanti in questo nuovo ruolo non è ancora chiaro. Di sicuro fa capolino per l’ennesima volta la questione della multiproprietà, la medesima che rischia di mettere nei guai il Milan a causa dei mai definitivamente chiariti rapporti fra Elliott e il Lille, altra società della Ligue 1 francese.

Il tempo dirà. E dirà anche se Scaroni continuerà a conservare un ruolo nel Milan qualora dovesse andare a compimento il nuovo passaggio di proprietà.

Fin qui il presidente dell’Enel non è mai stato emanazione dei soggetti che si sono alternati alla proprietà. Non si vede perché ciò non possa essere confermato sotto una proprietà araba. Why? Saperlo.

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