Mentre montano le critiche per i contenuti della riforma della scuola, firmata dal ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara, tra la lettura della Bibbia dalla prima elementare e l’attenzione alle radici cristiane dell’Occidente, arrivano le polemiche sulla forma.

La prima a indicarle sui social è la linguista Vera Gheno che scrive sul proprio profilo Facebook: «Sto leggendo le “Nuove Indicazioni 2025. Scuola dell’infanzia e Primo ciclo di istruzione. Materiali per il dibattito pubblico”. Per ogni materia, c’è un paragrafo iniziale intitolato “Perché si studia...”», premette. «Ebbene, a parte i capitoli dedicati a italiano, latino e storia, tutti gli altri, nel titolo, riportano “perché” con l’accento grave invece che con l’accento acuto. Il che è abbastanza ironico, visto che si tratta di un documento che dovrebbe insegnare a insegnare le varie materie».

Allegato lo screenshot dove proprio al capitolo dedicato alla lingua inglese è visibile in grassetto l’errore grammaticale del ministero.

«Beninteso», specifica Gheno, «tendo a dare all’ortografia un’importanza relativa, ma ironicamente le indicazioni ci tengono a specificare che “è importante che l’ortografia sia acquisita in modo sicuro e naturale nei primi anni di scuola, senza cedere a eccessi di spontaneismo per giustificare errori e usi impropri”. Ovunque, tranne che nelle indicazioni stesse, a quanto pare».

I commenti non perdonano l’errore del ministero: «Con cosa l’hanno scritto? Txt? Qualsiasi programma di scrittura un po’ evoluto restituisce segnalazione di errore», si legge. Oppure: «Io ci vedo anche parecchia trasandataggine mista a supponenza, ovvero niente editing in un documento istituzionale. Il che non è confortante, né nel merito, né nel metodo».

Per il ministro non è la prima volta. Il 28 marzo scorso il tweet con cui il ministro leghista della Pubblica istruzione lanciò l’idea di limitare la quota di alunni stranieri nelle classi (limite che esiste dal 2010), non passarono inosservati gli inciampi di grammatica («se si insegni», «si assimilino sui valori») e sintassi (le virgole mancanti).

Un tweet che entrò nel mirino anche dell’account dei deputati del Partito democratico: «Ministro, adesso lo riscriva in italiano. Così, forse, riusciamo a capire esattamente cosa ha detto».

Il giorno dopo, con un nuovo post, Valditara scaricò la colpa su un suo collaboratore che avrebbe trascritto male il tweet dettato: «Quando si detta un tweet al telefono non si compie un’operazione di rigore linguistico e si è più attenti al contenuto». Questa volta si tratta di un documento ufficiale. Giustificarsi risulterà più difficile.

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