In vista della Giornata mondiale dei poveri del prossimo novembre, il pontefice ha dato un assaggio di quanto sia importante per lui la dottrina sociale della chiesa: «Dio ha dato a tutti i beni della terra: come questi, così anche i frutti del lavoro dell’uomo devono essere equamente accessibili»
Leone XIV ha dato oggi, venerdì 13 giugno, un assaggio di quanto sia importante per lui la dottrina sociale della chiesa in occasione della pubblicazione del suo messaggio per la Giornata mondiale dei poveri che si celebra il prossimo 16 novembre, nella parte conclusiva del Giubileo della speranza.
Il papa ha scritto un testo lungo e articolato nel quale, citando Sant’Agostino, fra le altre cose si afferma: «Promuovendo il bene comune, la nostra responsabilità sociale trae fondamento dal gesto creatore di Dio, che dà a tutti i beni della terra: come questi, così anche i frutti del lavoro dell’uomo devono essere equamente accessibili. Aiutare il povero è infatti questione di giustizia, prima che di carità. Come osserva Sant’Agostino: “Tu dai del pane a chi ha fame, ma sarebbe meglio che nessuno avesse fame, anche se in tal modo non si avrebbe nessuno cui dare. Tu offri dei vestiti a chi è nudo, ma quanto sarebbe meglio se tutti avessero i vestiti e non ci fosse questa indigenza”».
Papa Leone XIV ha detto chiaramente che in questa stagione storica troppe risorse vengono destinate agli armamenti invece che alla costruzione di scuole e ospedali e per assicurare un lavoro , una casa e cibo per tutti. Si comincia così a intravedere il senso di quel richiamo a Leone XIII, evocato dallo stesso Prevost per spiegare la scelta del nome, e alla dottrina sociale della chiesa che venne descritta per la prima volta nell’enciclica “Rerum novarum”.
Certo, da allora anche la Chiesa ha aggiornato i contenuti del suo impegno sociale, e tuttavia resta il fatto che quello fu l’inizio di un cammino nuovo per i cattolici nell’età contemporanea.
Cause strutturali
Il pontefice, d’altro canto, non ha inteso diminuire il valore della carità cristiana, che resta anzi centrale nell'azione della Chiesa e dei credenti, ma ha voluto porre la questione della rimozione delle cause strutturali della povertà. Prevost ha indicato poi nelle scuole e negli ospedali due esempi di come devono essere orientate oggi le politiche pubbliche: «La povertà ha cause strutturali che devono essere affrontate e rimosse», ha scritto nel suo messaggio.
Subito dopo ha aggiunto: «Mentre ciò avviene, tutti siamo chiamati a creare nuovi segni di speranza che testimoniano la carità cristiana, come fecero molti santi e sante in ogni epoca. Gli ospedali e le scuole, ad esempio, sono istituzioni create per esprimere l’accoglienza dei più deboli ed emarginati. Essi dovrebbero far parte ormai delle politiche pubbliche di ogni paese, ma guerre e diseguaglianze spesso ancora lo impediscono».
Quindi ha elencato una serie di iniziative che diventano oggi altrettanti «segni di speranza»: «Le case-famiglia, le comunità per minori, i centri di ascolto e di accoglienza, le mense per i poveri, i dormitori, le scuole popolari: quanti segni spesso nascosti, ai quali forse non badiamo, eppure così importanti per scrollarsi di dosso l’indifferenza e provocare all’impegno nelle diverse forme di volontariato!».
Lavoro, casa, istruzione
Il papa poi ha voluto entrare nelle contraddizioni sociali del nostro tempo, collocando anche l’impegno della Chiesa lungo questa frontiera: «I poveri non sono oggetti della nostra pastorale - ha scritto Prevost - ma soggetti creativi che provocano a trovare sempre nuove forme per vivere oggi il Vangelo».
«Di fronte al susseguirsi di sempre nuove ondate di impoverimento - ha aggiunto - c’è il rischio di abituarsi e rassegnarsi. Incontriamo persone povere o impoverite ogni giorno e a volte può accadere che siamo noi stessi ad avere meno, a perdere ciò che un tempo ci pareva sicuro: un’abitazione, il cibo adeguato per la giornata, l’accesso alle cure, un buon livello di istruzione e di informazione, la libertà religiosa e di espressione».
Quindi l’auspicio espresso da papa Leone XIV è che «quest’anno giubilare possa incentivare lo sviluppo di politiche di contrasto alle antiche e nuove forme di povertà, oltre a nuove iniziative di sostegno e aiuto ai più poveri tra i poveri. Lavoro, istruzione, casa, salute sono le condizioni di una sicurezza che non si affermerà mai con le armi». Un discorso politico, quello del papa, che parte da una premessa spirituale, ovvero la centralità del povero nel Vangelo e dunque nel messaggio cristiano: «I poveri non sono un diversivo per la Chiesa, bensì i fratelli e le sorelle più amati, perché ognuno di loro, con la sua esistenza e anche con le parole e la sapienza di cui è portatore, provoca a toccare con mano la verità del Vangelo».
Del resto il papa, incontrando giovedì il clero della diocesi di Roma, aveva parlato delle sfide del nostro tempo «in chiave profetica» cui sono chiamati i sacerdoti della capitale e non solo. Anche in questo caso l’accento era stato messo sulle tante forme del disagio sociale che non devono mai smettere di interpellare anche la Chiesa. «Siamo preoccupati e addolorati per tutto quello che succede ogni giorno nel mondo», aveva affermato il pontefice, quindi spiegava: «Ci feriscono le violenze che generano morte, ci interpellano le disuguaglianze, le povertà, tante forme di emarginazione sociale, la sofferenza diffusa che assume i tratti di un disagio che ormai non risparmia più nessuno. E queste realtà non accadono solo altrove, lontano da noi, ma interessano anche la nostra città di Roma, segnata da molteplici forme di povertà e da gravi emergenze come quella abitativa”.
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